17 Novembre 1993
Carissimi fratelli e sorelle!
1. Anche se oggi non si è fatta la consueta Udienza generale del mercoledì, non vorrei tuttavia privarmi della gioia di salutare, sia pur brevemente, tutti coloro che sono convenuti a Roma per incontrare il Successore di Pietro.
Rivolgo un cordiale benvenuto a voi presenti questa mattina in piazza San Pietro, come pure a quanti sono a noi spiritualmente uniti attraverso la radio e la televisione.
Desidero ringraziare nuovamente quanti, nei giorni scorsi, mi hanno fatto pervenire i loro commoventi attestati di affetto e di solidarietà ed assicuro a ciascuno il mio costante ricordo nella preghiera.
2. L’odierna liturgia fa memoria, carissimi fratelli e sorelle, di una donna di fede profonda e di carità ardente, vissuta agli inizi del XIII secolo: santa Elisabetta d’Ungheria.
Di famiglia reale, ancora molto giovane andò sposa al duca Ludovico IV di Turingia.
Condusse una vita esemplare come moglie e come madre, offrendo il proprio prezioso contributo a fianco del marito, soprattutto nell’assistenza ai poveri e ai bisognosi.
Rimasta vedova, santa Elisabetta, attratta dalla spiritualità di san Francesco d’Assisi il cui Ordine si stava all’epoca diffondendo in Europa, lasciò gli agi della corte per condurre una vita molto povera, ma ricca di opere di carità, dedicandosi totalmente al servizio dei poveri nell’ospedale da lei stessa fatto costruire.
L’esempio e l’intercessione di questa illustre Santa della carità, patrona dell’Ordine francescano secolare e delle Opere caritative, ci sia di sprone ad una vita virtuosa, perché possiamo essere sempre pronti a mettere in pratica la volontà di Dio e ad andare con animo aperto verso i poveri e quanti si trovano nel bisogno.
3. Con tali sentimenti, mentre invoco la celeste protezione di santa Elisabetta, descritta dal suo padre spirituale, Corrado di Marburgo, come “pauperum consolatrix” e “famelicorum reparatrix” – “consolatrice dei poveri” e “ristoratrice degli affamati” –, di cuore imparto a voi qui presenti, alle vostre famiglie e a tutte le persone care, specialmente agli ammalati e ai sofferenti, la benedizione apostolica.