25 Novembre 1998
1. Nella precedente catechesi ci siamo soffermati sui "segni di speranza" presenti nel nostro mondo.
Oggi vogliamo continuare la riflessione considerando alcuni "segni di speranza" presenti nella Chiesa, perché le comunità cristiane sappiano sempre meglio coglierli e valorizzarli.
Essi, infatti, sono suscitati dall'azione dello Spirito Santo che, lungo il corso dei secoli, "con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo" ( Lumen gentium, 4 ).
Tra gli avvenimenti ecclesiali che hanno ampiamente segnato il nostro secolo, il primo posto spetta al Concilio Ecumenico Vaticano II.
Grazie ad esso, la Chiesa ha estratto dal suo tesoro "cose nuove e cose antiche" ( cfr Mt 13,52 ), e ha sperimentato in certo modo la grazia di una rinnovata Pentecoste ( cfr Discorso di Giovanni XXIII a chiusura del primo periodo del Concilio, III, in Discorsi, Messaggi, Colloqui V [1962/1963], p. 29 ).
A ben vedere, i segni di speranza che animano oggi la missione della Chiesa sono strettamente congiunti a questa effusione abbondante dello Spirito Santo che la Chiesa ha sperimentato nella preparazione, nella celebrazione e nell'applicazione del Concilio Vaticano II.
2. L'ascolto di ciò che "lo Spirito dice alla Chiesa ed alle Chiese" ( Tertio millennio adveniente, 23; cfr Ap 2,7ss ), si manifesta nell'accoglienza dei carismi che Egli distribuisce abbondantemente.
La loro riscoperta e valorizzazione ha incrementato una comunione più viva tra le varie vocazioni del Popolo di Dio, così come un gioioso e rinnovato slancio di evangelizzazione.
In particolare, lo Spirito Santo spinge oggi la Chiesa a promuovere la vocazione e la missione dei fedeli laici.
La loro partecipazione e corresponsabilità nella vita della comunità cristiana e la loro multiforme presenza di apostolato e di servizio nella società ci inducono ad attendere con speranza, all'alba del terzo Millennio, un'epifania matura e feconda del laicato.
Un'analoga attesa riguarda il ruolo che è chiamata ad assumere la donna.
Come nella società civile, anche nella Chiesa si sta sempre meglio rivelando il "genio femminile", che occorre sempre più riconoscere nelle forme appropriate alla vocazione della donna in conformità al disegno di Dio.
Non possiamo inoltre dimenticare che uno dei doni elargiti dallo Spirito al nostro tempo è la fioritura dei movimenti ecclesiali, che sin dall'inizio del mio Pontificato continuo ad indicare come motivo di speranza per la Chiesa e per la società.
Essi "sono un segno della libertà di forme, in cui si realizza l'unica Chiesa, e rappresentano una sicura novità, che ancora attende di essere adeguatamente compresa in tutta la sua positiva efficacia per il Regno di Dio all'opera nell'oggi della storia" ( Insegnamenti VII/2 [1984], p.696 ).
3. Il nostro secolo ha visto poi germogliare e crescere il seme del movimento ecumenico, nel quale lo Spirito Santo ha convogliato i membri delle diverse Chiese e comunità ecclesiali a ricercare le vie del dialogo per il ristabilimento della piena unità.
In particolare, grazie al Vaticano II, la ricerca dell'unità e la preoccupazione ecumenica sono state acquisite come "una dimensione necessaria di tutta la vita della Chiesa" e un impegno prioritario a cui la Chiesa cattolica "vuol contribuire con tutte le sue possibilità" ( Insegnamenti VIII/1 [1985], pp. 1991.1999 ).
Il dialogo della verità, preceduto ed accompagnato dal dialogo della carità, sta via via acquisendo notevoli risultati.
Si è inoltre rafforzata la consapevolezza che la vera anima del movimento per la ricomposizione dell'unità dei cristiani è l'ecumenismo spirituale, ossia la conversione del cuore, la preghiera e la santità della vita ( cfr Unitatis redintegratio, 8 ).
4. Tra i numerosi altri segni di speranza, vorrei infine menzionare "lo spazio dato al dialogo con le religioni e con la cultura contemporanea" ( Tertio millennio adveniente, 46 ).
Quanto al primo, basti ricordare la portata profetica via via assunta dalla dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane.
Molteplici esperienze d'incontro e di dialogo, a vari livelli, si sono realizzate e si stanno realizzando in ogni parte del mondo tra esponenti delle diverse religioni.
In particolare mi piace richiamare i grandi passi avanti compiuti nel dialogo con gli ebrei, i nostri "fratelli maggiori".
É un grande segno di speranza per l'umanità il fatto che le religioni si aprano con fiducia al dialogo ed avvertano l'urgenza di unire i propri sforzi per dare un'anima al progresso e contribuire all'impegno morale dei popoli.
La fede nell'azione incessante dello Spirito ci fa sperare che anche attraverso questa via di reciproca attenzione e stima possa attuarsi per tutti l'apertura a Cristo, la Luce vera, che "illumina ogni uomo" ( Gv 1,9 ).
Per quanto riguarda il dialogo con la cultura, si sta rivelando di provvidenziale efficacia l'orientamento formulato dal Vaticano II: "Come è importante per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dallo sviluppo del genere umano" ( Gaudium et spes, 44 ).
I contatti realizzati in questo campo hanno già superato ingiustificati pregiudizi.
Pure la nuova attenzione riservata da varie correnti culturali del nostro tempo per l'esperienza religiosa e in particolare per il cristianesimo, ci spinge a proseguire con tenacia il cammino intrapreso nella direzione di un rinnovato incontro tra il Vangelo e la cultura.
5. In questi molteplici segni di speranza, non possiamo non riconoscere l'azione dello Spirito di Dio.
Ma, in piena dipendenza e comunione con lui, mi piace scorgervi anche il ruolo di Maria, "dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura" ( Lumen gentium, 56 ).
Ella maternamente intercede per la Chiesa e l'attrae sulla via della santità e della docilità al Paraclito.
All'alba del nuovo millennio, scorgiamo con gioia l'emergere di quel "profilo mariano" della Chiesa ( cfr Insegnamenti X/3 [1987], p. 1483 ), che compendia in sé il contenuto più profondo del rinnovamento conciliare.