10 Aprile 2002
1. Il Salmo ora risuonato ha la tonalità di una lamentazione e di una supplica di tutto il popolo di Israele.
La prima parte adopera un celebre simbolo biblico, quello pastorale.
Il Signore viene invocato come « pastore d’Israele », colui che « guida Giuseppe come un gregge » ( Sal 80,2 ).
Dall’alto dell’arca dell’alleanza, assiso sui cherubini, il Signore guida il suo gregge, cioè il suo popolo, e lo protegge nei pericoli.
Così aveva fatto durante la traversata del deserto.
Ora, però, sembra assente, quasi assopito o indifferente.
Al gregge che doveva guidare e nutrire ( Sal 23 ) offre soltanto un pane impastato di lacrime ( Sal 80,6 ).
I nemici irridono questo popolo umiliato e offeso; eppure Dio non sembra esserne colpito, non « si risveglia » ( v. 3 ), né rivela la sua potenza, schierata a difesa delle vittime della violenza e dell’oppressione.
L’invocazione antifonale ripetuta ( vv. 4.8 ) cerca quasi di scuotere Dio dal suo atteggiamento distaccato, facendo sì che egli ritorni ad essere pastore e difesa del suo popolo.
2. Nella seconda parte della preghiera, densa di tensione e insieme di fiducia, troviamo un altro simbolo caro alla Bibbia, quello della vigna.
È una immagine di facile comprensione, perché appartiene al panorama della terra promessa ed è segno di fecondità e di gioia.
Come insegna il profeta Isaia in una delle sue più alte pagine poetiche ( Is 5,1-7 ), la vigna incarna Israele.
Essa illustra due dimensioni fondamentali: da un lato, poiché è piantata da Dio ( Is 5,2; Sal 80,9-10 ), la vigna rappresenta il dono, la grazia, l’amore di Dio; dall’altro, essa richiede il lavoro del contadino, grazie al quale produce uva che può dare vino, e quindi raffigura la risposta umana, l’impegno personale e il frutto di opere giuste.
3. Attraverso l’immagine della vigna, il Salmo rievoca le tappe principali della storia ebraica: le sue radici, l’esperienza dell’esodo dall’Egitto, l’ingresso nella terra promessa.
La vigna aveva raggiunto il suo livello più vasto di estensione su tutta la regione palestinese e al di là col regno di Salomone.
Si estendeva, infatti, dai monti settentrionali del Libano coi loro cedri fino al mare Mediterraneo e quasi fino al grande fiume Eufrate ( vv. 11-12 ).
Ma lo splendore di questa fioritura si è infranto.
Il Salmo ci ricorda che sulla vigna di Dio è passata la tempesta, cioè Israele ha subito una prova aspra, una dura invasione che ha devastato la terra promessa.
Dio stesso ha demolito, come se fosse un invasore, il muro di cinta della vigna, lasciando così che in essa irrompessero i saccheggiatori, rappresentati dal cinghiale, un animale considerato violento e impuro secondo le antiche consuetudini.
Alla potenza del cinghiale si sono associate tutte le bestie selvatiche, simbolo di un’orda nemica che tutto devasta ( vv. 13-14 ).
4. Si rivolge, allora, a Dio l’appello pressante perché ritorni a schierarsi in difesa delle vittime, rompendo il suo silenzio: « Dio degli eserciti, volgiti, guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna » ( v. 15 ).
Dio sarà ancora il protettore del ceppo vitale di questa vigna sottoposta a così violenta bufera, cacciando fuori tutti coloro che avevano tentato di sradicarla e di incendiarla ( vv. 16-17 ).
A questo punto il Salmo si apre a una speranza dai colori messianici.
Nel versetto 18, infatti, prega così: « Sia la tua mano sull’uomo della tua destra, sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte ».
Il pensiero corre forse prima di tutto al re davidico che, col sostegno del Signore, guiderà la riscossa per la libertà.
Tuttavia è implicita la fiducia nel futuro Messia, quel « Figlio dell’uomo » che sarà cantato dal profeta Daniele ( Dn 7,13-14 ) e che Gesù assumerà come titolo prediletto per definire la sua opera e la sua persona messianica.
Anzi, i Padri della Chiesa saranno unanimi nell’indicare nella vigna evocata dal Salmo una prefigurazione profetica di Cristo « vera vite » ( Gv 15,1 ) e della Chiesa.
5. Certo, perché il volto del Signore ritorni a brillare, è necessario che Israele si converta nella fedeltà e nella preghiera a Dio Salvatore.
É quanto il Salmista esprime affermando: « Da te più non ci allontaneremo » ( Sal 80,19 ).
Il Salmo 80 è, quindi, un canto fortemente segnato dalla sofferenza, ma anche da un’incrollabile fiducia.
Dio è sempre disposto a « ritornare » verso il suo popolo, ma è necessario che anche il suo popolo « ritorni » a Lui nella fedeltà.
Se noi ci convertiremo dal peccato, il Signore si « convertirà » dalla sua intenzione di castigare: è questa la convinzione del Salmista, che trova eco anche nei nostri cuori, aprendoli alla speranza.