4 Febbraio 2004
1. Il Salmo 15, che viene offerto alla nostra riflessione, è spesso classificato dagli studiosi della Bibbia quale parte di una « liturgia d’ingresso ».
Come accade in qualche altra composizione del Salterio ( cfr ad esempio, i Salmi 25; 26; 95 ), si può pensare a una sorta di processione di fedeli che si accalca alle porte del tempio di Sion per accedere al culto.
In un ideale dialogo tra fedeli e leviti si delineano le condizioni indispensabili per essere ammessi alla celebrazione liturgica e quindi all’intimità divina.
Da un lato, infatti, si leva la domanda: « Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sul tuo santo monte? » ( Sal 15,1 ).
Dall’altro lato, ecco l’elencazione delle qualità richieste per varcare la soglia che conduce alla « tenda », cioè al tempio sul « santo monte » di Sion.
Le qualità enumerate sono undici e costituiscono una sintesi ideale degli impegni morali di base presenti nella legge biblica ( Sal 15,2-5 ).
2. Sulle facciate dei templi egizi e babilonesi erano talvolta incise le condizioni prerequisite per l’ingresso nell’aula sacra.
Ma è da notare una differenza significativa con quelle suggerite dal nostro Salmo.
In molte culture religiose è richiesta, per essere ammessi davanti alla Divinità, soprattutto la purità rituale esteriore che comporta abluzioni, gesti e vesti particolari.
Il Salmo 15, invece, esige la purificazione della coscienza, perché le sue scelte siano ispirate all’amore per la giustizia e per il prossimo.
In questi versetti si sente, perciò, vibrare lo spirito dei profeti che ripetutamente invitano a coniugare fede e vita, preghiera e impegno esistenziale, adorazione e giustizia sociale ( Is 1,10-20; Is 33,14-16; Os 6,6; Mi 6,6-8; Ger 6,20 ).
Ascoltiamo, ad esempio, la veemente requisitoria del profeta Amos, che denuncia in nome di Dio un culto staccato dalla storia quotidiana: « Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni; anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco i vostri doni e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo …
Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne » ( Am 5,21-22.24 ).
3. Veniamo ora agli undici impegni elencati dal Salmista, che potranno costituire la base di un esame di coscienza personale ogni qual volta ci prepariamo a confessare le nostre colpe per essere ammessi alla comunione col Signore nella celebrazione liturgica.
I primi tre impegni sono di ordine generale ed esprimono una scelta etica: seguire la via dell’integrità morale, della pratica della giustizia e, infine, della sincerità perfetta nel parlare ( Sal 15,2 ).
Seguono tre doveri che potremmo definire di relazione col prossimo: eliminare la calunnia dal linguaggio, evitare ogni azione che possa nuocere al fratello, frenare gli insulti contro chi vive accanto a noi ogni giorno ( Sal 15,3 ).
Viene poi la richiesta di una scelta chiara di posizione nell’ambito sociale: disprezzare il malvagio, onorare chi teme Dio.
Infine si elencano gli ultimi tre precetti su cui esaminare la coscienza: essere fedeli alla parola data, al giuramento, anche nel caso in cui ne seguono per noi conseguenze dannose; non praticare l’usura, piaga che anche ai nostri giorni è una infame realtà, capace di strangolare la vita di molte persone, ed infine evitare ogni corruzione nella vita pubblica, altro impegno da saper praticare con rigore anche nel nostro tempo ( Sal 15,5 ).
4. Seguire questa strada di decisioni morali autentiche significa essere pronti all’incontro col Signore.
Anche Gesù, nel Discorso della Montagna, proporrà una sua essenziale « liturgia d’ingresso »: « Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono » ( Mt 5,23-24 ).
Chi agisce nel modo indicato dal Salmista - si conclude nella nostra preghiera - « resterà saldo per sempre » ( Sal 15,5 ).
Sant’Ilario di Poitiers, Padre e Dottore della Chiesa del quarto secolo, nel suo Tractatus super Psalmos commenta così questa finale, ricollegandola all’immagine iniziale della tenda del tempio di Sion: « Operando secondo questi precetti, si abita nella tenda, si riposa sul monte.
Rimane dunque ferma la custodia dei precetti e l’opera dei comandamenti.
Questo Salmo deve essere fondato nell’intimo, deve essere scritto nel cuore, annotato nella memoria; il tesoro della sua ricca brevità deve essere confrontato con noi notte e giorno.
E così, acquisita questa ricchezza nel cammino verso l’eternità e dimorando nella Chiesa, potremo infine riposare nella gloria del corpo di Cristo » ( PL 9, 308 ).