19 Aprile 1996
Cari fratelli e sorelle!
All’inizio dell’odierna Udienza generale, che si svolge nel clima gioioso della Pasqua, vorrei insieme a voi ringraziare il Signore, che dopo avermi chiamato esattamente un anno fa a servire la Chiesa come Successore dell’apostolo Pietro - grazie per la vostra gioia, grazie per la vostra acclamazione -, non manca di assistermi con il suo indispensabile aiuto.
Come passa in fretta il tempo! È già trascorso un anno da quando, in maniera per me assolutamente inaspettata e sorprendente, i Cardinali riuniti in Conclave hanno voluto scegliere la mia persona per succedere al compianto e amato Servo di Dio, il grande Papa, Giovanni Paolo II.
Ricordo con emozione il primo impatto che dalla Loggia centrale della Basilica ho avuto, subito dopo la mia povera elezione, con i fedeli raccolti in questa stessa Piazza.
Mi resta impresso nella mente e nel cuore quell’incontro al quale ne sono seguiti tanti altri, che mi hanno dato modo di sperimentare quanto sia vero ciò che ebbi a dire nel corso della solenne concelebrazione con la quale ho iniziato solennemente l’esercizio del ministero petrino: "Sento viva la consapevolezza di non dover portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo".
E sempre più sento che da solo non potrei portare questo compito, questa missione.
Ma sento anche come voi lo portiate con me: così sono in una grande comunione e insieme possiamo portare avanti la missione del Signore.
Mi è di insostituibile sostegno la celeste protezione di Dio e dei santi, e mi conforta la vicinanza vostra, cari amici, che non mi fate mancare il dono della vostra indulgenza e del vostro amore.
Grazie di vero cuore a tutti coloro che in vario modo mi affiancano da vicino o mi seguono da lontano spiritualmente con il loro affetto e la loro preghiera.
A ciascuno chiedo di continuare a sostenermi pregando Iddio perché mi conceda di essere pastore mite e fermo della sua Chiesa.
Narra l’evangelista Giovanni che Gesù proprio dopo la sua resurrezione chiamò Pietro a prendersi cura del suo gregge ( Gv 21,15.23 ).
Chi avrebbe potuto allora umanamente immaginare lo sviluppo che avrebbe contrassegnato nel corso dei secoli quel piccolo gruppo di discepoli del Signore?
Pietro insieme agli apostoli e poi i loro successori, dapprima a Gerusalemme e in seguito sino agli ultimi confini della terra, hanno diffuso con coraggio il messaggio evangelico il cui nucleo fondamentale e imprescindibile è costituito dal Mistero pasquale: la passione, la morte, la risurrezione di Cristo.
Questo mistero la Chiesa celebra a Pasqua, prolungandone la gioiosa risonanza nei giorni successivi; canta l’alleluja per il trionfo di Cristo sul male e sulla morte.
"La celebrazione della Pasqua secondo una data del calendario – nota il Papa san Leone Magno – ci ricorda la festa eterna che supera ogni tempo umano".
"La Pasqua attuale – egli nota ancora – è l’ombra della Pasqua futura.
È per questo che la celebriamo per passare da una festa annuale a una festa che sarà eterna".
La gioia di questi giorni si estende all’intero anno liturgico e si rinnova particolarmente la domenica, giorno dedicato al ricordo della resurrezione del Signore.
In essa, che è come la "piccola Pasqua" di ogni settimana, l’assemblea liturgica riunita per la Santa Messa proclama nel Credo che Gesù è risuscitato il terzo giorno, aggiungendo che noi aspettiamo "la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà".
Si indica in tal modo che l’evento della morte e risurrezione di Gesù costituisce il centro della nostra fede ed è su quest’annuncio che si fonda e cresce la Chiesa.
Ricorda in maniera incisiva sant’Agostino: «Consideriamo, carissimi, la Risurrezione di Cristo: infatti, come la sua Passione ha significato la nostra vita vecchia, così la sua risurrezione è sacramento di vita nuova…
Hai creduto, sei stato battezzato: la vecchia vita è morta, uccisa nella croce, sepolta nel Battesimo.
È stata sepolta la vecchia nella quale hai vissuto: risorga la nuova.
Vivi bene: vivi così che tu viva, affinché quando sarai morto, tu non muoia » ( Sermo Guelferb. 9, 3 ).
I racconti evangelici, che riferiscono le apparizioni del Risorto, si concludono abitualmente con l’invito a superare ogni incertezza, a confrontare l’evento con le Scritture, ad annunciare che Gesù, al di là della morte, è l’eterno vivente, fonte di vita nuova per tutti coloro che credono.
Così avviene, ad esempio, nel caso di Maria Maddalena ( Gv 20,11-18 ), che scopre il sepolcro aperto e vuoto, e subito teme che il corpo del Signore sia stato portato via. Il Signore allora la chiama per nome, e a quel punto avviene in lei un profondo cambiamento: lo sconforto e il disorientamento si convertono in gioia ed entusiasmo.
Con sollecitudine ella si reca dagli Apostoli e annunzia: « Ho visto il Signore » ( Gv 20,18 ).
Ecco: chi incontra Gesù risuscitato viene interiormente trasformato; non si può "vedere" il Risorto senza "credere" in lui.
Preghiamolo affinché chiami ognuno di noi per nome e così ci converta, aprendoci alla "visione" della fede.
La fede nasce dall’incontro personale con Cristo risorto, e diventa slancio di coraggio e di libertà che fa gridare al mondo: Gesù è risorto e vive per sempre.
É questa la missione dei discepoli del Signore di ogni epoca e anche di questo nostro tempo: "Se siete risorti con Cristo – esorta san Paolo – cercate le cose di lassù… pensate alle cose di lassù, e non a quelle della terra" ( Col 3,1-2 ).
Questo non vuol dire estraniarsi dagli impegni quotidiani, disinteressarsi delle realtà terrene; significa piuttosto ravvivare ogni umana attività come un respiro soprannaturale, significa farsi gioiosi annunciatori e testimoni della risurrezione di Cristo, vivente in eterno ( cfr Gv 20,25; Lc 24,33-34 ).
Cari fratelli e sorelle, nella Pasqua del suo Figlio unigenito Dio rivela pienamente se stesso, la sua forza vittoriosa sulle forze della morte, la forza dell’Amore trinitario. La Vergine Maria, che è stata intimamente associata alla passione, morte e risurrezione del Figlio e ai piedi della Croce è diventata Madre di tutti i credenti, ci aiuti a comprendere questo mistero di amore che cambia i cuori e ci faccia pienamente gustare la gioia pasquale, per poter poi comunicarla a nostra volta agli uomini e alle donne del terzo millennio.