Catechesi del Card. Carlo Maria Martini
Venerdì 18 agosto 2000
Giovani di ogni continente, non abbiate paura di essere i santi del Nuovo Millennio!
Essere santi vuol dire essere divini, entrare nella sfera del divino.
La santità è una dimensione anzitutto ontologica prima di essere una dimensione morale.
Essere in Dio, essere figli, essere in Gesù, ecco ciò che siamo chiamati ad essere, come pure, ad essere immacolati, cioè senza macchia.
San Paolo nel capitolo quinto della Lettera agli Efesini parla della Chiesa e dice che Cristo ha amato la Chiesa, ha dato se stesso per Lei, per renderla santa purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua, accompagnata dalla Parola, al fine di farci comparire davanti alla sua Chiesa tutta gloriosa senza macchia, né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.
E noi siamo chiamati a essere santi ed immacolati in Gesù; la Chiesa è chiamata ad essere in Gesù santa e immacolata.
Ecco, dunque, l'intenzione di Dio nella storia, che traspare da questa pagina di San Paolo.
L'intenzione di Gesù è di fare di ciascuno di voi qui presenti, di me che vi parlo, una sola cosa in Cristo e di fare di noi una sola cosa santa, cioè la Chiesa, di renderci divini, di purificarci da ogni macchia di egoismo, di odio, di amor proprio, di renderci figli nel figlio Gesù, come dice il versetto quinto di questo capitolo primo, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo secondo il beneplacito della Sua volontà.
Ecco l'intenzione di Dio, che appare da questo brano: essere santi, essere divini, cioè essere in Cristo, essere amati come figli, essere come Gesù, portare nel mondo la presenza e l'irradiazione stessa di Gesù.
Ecco fin qui ho cercato di leggere con voi questi versetti di San Paolo molto ricchi, molto superiori a quanto lui riesca a spiegare, ma ho cercato con voi di rendermi conto della immensità di questa chiamata ad essere santi.
Che cosa dice questa pagina a ciascuno di noi, oggi, che siamo qui in ascolto? e che cosa vuol dire, dunque, secondo la parola di San Paolo essere santi?
Quando noi ascoltiamo questa parola subito proviamo come un brivido di timore che essere santi significa essere molto bravi, fare chissà quali sforzi, ma questa pagina ci dice che tutto è molto più semplice:
essere santi vuol dire lasciarsi amare da Dio,
lasciarsi guardare da Dio come Lui stesso guarda Gesù Cristo,
significa essere figli in Gesù e con Gesù,
vuol dire essere amati, lavati e perdonati da Gesù.
Essere santi, quindi, è un problema di Dio, prima che nostro, è un problema che tocca a Lui risolvere, per noi è importante lasciarci amare, non irrigidirci, non spaventarci, ma meravigliarci, quanto più ci ami o mio Dio e vuoi essere tutto in me, che vuoi fare una cosa sola con me, per insegnarmi a vivere ad amare, a soffrire e a morire come Te.
Ecco cosa vuol dire essere santi: lasciare che Gesù viva in noi, lasciare che lo Spirito Santo formi l'immagine e la vita di Gesù in noi, così che giorno dopo giorno Gesù ci insegni a vivere, ad amare, a perdonare, a soffrire, a morire come Lui.
Ecco cosa vuol dire essere santi: lasciare che Dio operi in noi e lasciare che da questa opera di Dio emergano anche poco a poco i passi, le caratteristiche i momenti, che ritmano la nostra santità.
Qui ritorno al messaggio del Santo Padre, di cui ho letto le prime parole: "Giovani di ogni continente, non abbiate paura di essere i santi del Nuovo Millennio!".
Il Santo Padre descrive concretamente le caratteristiche di questa santità, che sono cinque.
"Siate - Lui dice - contemplativi e amanti della preghiera, coerenti con la vostra fede, generosi nel sevizio dei fratelli, membra attive della Chiesa, artefici di pace".
Ecco che Egli ci traduce come mettere Gesù al centro del nostro cuore e della nostra vita.
Essere contemplativi si esplica in un qualcosa di molto semplice, per me sarebbe già molto, se ognuno iniziasse col prendersi dieci minuti al giorno di silenzio con il Vangelo, per pregustare la gioia del momento e allargare il tempo secondo le proprie possibilità.
Essere coerenti, cioè dare quello spettacolo che voi tutti date in questi giorni alla città di Roma, dimostrando che siete
gente che ha speranza,
gente che sorride,
gente che affronta i sacrifici con serenità.
Essere generosi nel servizio dei fratelli consiste nei tanti atti di solidarietà.
Ecco voi state dando al mondo questa immagine semplice di santità, che viene registrata con sorpresa dai mass-media, ma che eppure è qui ed è possibile.
Nell'essere membra attiva della Chiesa volete esprimere la vivacità, la disponibilità, l'amore, la capacità di perdono della Chiesa.
Ciascuno di voi, poi, vuole ed è chiamato ad essere artefice di pace, cominciando dalla famiglia, dalla parrocchia, dal proprio gruppo, a portare parole di benevolenza, di comprensione e di accoglienza.
Dopo avere descritto queste caratteristiche della santità, il Santo Padre dice anche come fare concretamente perché esse non siano proprie soltanto di questo giorno, ma diventino vita vissuta nella quotidianità.
Dice il Santo Padre: "Per realizzare questo impegnativo progetto, di vita rimanete nell'ascolto della Sua parola, attingete vigore dai sacramenti, specialmente dalla Eucaristia e dalla Penitenza".
Sono due atteggiamenti fondamentali, che nutrono la nostra santità, anzitutto l'ascolto della Parola.
Queste ancora le parole del Santo Padre, che esprimono più concretamente che cosa aspetta da ciascuno di noi: "Diventi il Vangelo il vostro tesoro più prezioso nello studio attento e nell'accoglienza generosa, nella Parola del Signore troverete alimento e forza per la vita di ogni giorno, troverete le ragioni di un impegno senza soste nell'edificazione della civiltà dell'amore".
Se essere santi vuol dire essere come Gesù, in Gesù, è il Vangelo meditato e letto ogni giorno, che mette dentro di noi la vita, i sentimenti, i giudizi, i pensieri, le reazioni di Gesù.
Rimanere, dunque, nell'ascolto della Parola e attingere vigore dai sacramenti soprattutto della Eucaristia e della Penitenza.
Vorrei sottolineare come sia stato notato in questi giorni anche dai mass-media, con sorpresa, il rivivere della Confessione.
Queste migliaia di confessioni fatte con fiducia nel Circo Massimo e altrove e qui; vorrei dirvi di non dimenticare questa straordinaria esperienza del sacramento della Penitenza.
Portatela con voi, perché è attraverso questo sacramento che noi ritroviamo pur nella nostra debolezza, la forza ogni giorno di essere come Gesù, cioè essere santi.
A noi sembra molto duro e difficile tendere alla santità ogni giorno, è qualcosa che ci spaventa, eppure noi sperimentiamo continuamente che essere in Gesù e come Gesù, è molto bello ed è molto più bello del contrario, come diceva un autore recente: "Non c'è che una tristezza, quella di non essere santi, la negligenza, la pigrizia, la svogliatezza, il cercare sempre e soltanto i propri comodi è la cosa più triste che ci sia.
La santità, l'essere in Gesù, il cercare di avvicinarci a Lui, è la cosa più bella".
Vale la pena, dunque, provare ed è possibile realizzare questo ideale.
Mi vengono, così, in mente, tanti santi, che ho conosciuto, ammirato, e frequentato personalmente, persone, che hanno operato in più settori, dalla politica all'università, dall'imprenditoria a donne, madre di famiglia che hanno dato la propria vita per quella dei figli.
Tutti loro ci fanno vedere che i santi sono tanti oggi e che quindi la santità è in mezzo a noi.
Ci sono nel nostro tempo non solo moltissimi santi, ma anche molti martiri del nostro tempo.
Martiri della missione, martiri dell'aiuto agli ebrei, martiri delle stragi di popoli, martiri della dignità della persona umana, martiri della carità e martiri della giustizia.
Non c'è stato mai nella storia della Chiesa un secolo così ricco di martiri come il secolo ventesimo, quindi la santità eroica soprattutto in mezzo a noi, da persone deboli, fragili come noi, ma capaci di lasciarsi possedere da Cristo Gesù.
Il 7 maggio scorso il Santo Padre ha voluto ha voluto fare memoria dei martiri ecumenici, cioè di tutte le chiese e confessioni cristiane, che hanno testimoniato la fede sotto un totalitarismo sovietico, ortodossi vittime comunismo, in tante nazioni europee.
Penso, così, all'Albania, alle persone che per decenni hanno vissuto ai lavori forzati o nei carceri, ai confessori della fede, vittime del nazismo e del fascismo, ai confessori che hanno dato la vita per la fede del Vangelo in Asia, in Oceania, fedeli della Spagna e del Messico, del Magadascar e dell'Africa, perseguitati, fedeli in America Latina.
Ecco la presenza dei santi, oggi!
La forza di Gesù che nessuno di noi ha, che nessuno di noi può pretendere di avere, ma che il Signore ha concesso in abbondanza a questo nostro secolo, che appare così pagano ma che è ricco più di tutti gli altri tempi di martiri e di santi.
Vorrei concludere con una testimonianza, che è forse una delle più sconvolgenti.
Scritta qualche anno fa, nel 1994 il 1° dicembre, dal Priore di un monastero algerino, rapito e ucciso con altri sei monaci trappisti il 7 maggio del 1996.
Ebbene scriveva, prevedendo cosa stava succedendo attorno a lui: "Se un giorno mi capitasse, e potrebbe essere oggi, di essere vittima del terrorismo, che sembra voler coinvolgere attualmente tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era stata donata a Dio e a questo popolo.
Vorrei che essi accettassero che l'unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa brutalità.
Vorrei che essi pregassero per me.
Come essere degno di una tale offerta!
Vorrei che essi sapessero associare questa morte a tante altre, ugualmente, violente, lasciate nell'indifferenza e nell'anonimato.
La mia vita non ha più valore di un'altra, non ne ha neanche meno, in ogni caso non ha l'innocenza dell'infanzia.
Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male, che sembra in me prevalere nel mondo e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.
Venuto il momento vorrei avere quell'attimo di lucidità, che mi permettesse di chiedere il perdono di Dio a quello dei miei fratelli, perdonando con tutto cuore, nello stesso momento, a chi mi avesse colpito ed anche tu, amico dell'ultimo istante, che non saprai quello che starai facendo, sì anche per te voglio dire questo grazie a Dio, nel cui volto ti contemplo, e ci sia dato di incontrarci di nuovo ladroni colmati di gioia in paradiso, se piace a Dio Padre nostro, Padre di tutti e due".
È andato così con i compagni incontro ad una morte violenta, tenendo nel cuore la parola del perdono.
Ecco la santità di oggi, quella che Gesù compie, quella che lo Spirito Santo della nostra debolezza esprime e nessuno di noi può presumere di avere questa forza, ma possiamo fidarci di Dio e di Gesù che opera in noi.
Vorrei concludere, proponendovi alcune domande per la vostra riflessione:
mi interrogo, ho voglia di essere santo, oppure ho paura di esserlo?
Quale il più grande ostacolo per la santità?
Quale, invece, il più grande stimolo, oggi, per la santità?