16 aprile 2021
1 – “Se Cristo non è risorto, vuota è la vostra fede” ( 1 Cor 15,14 ).
Constatando quanto per Paolo sia fondamentale ai fini della fede cristiana la verità della risurrezione di Gesù crocifisso, sorprende che per secoli la soteriologia cristiana, almeno nella tradizione occidentale, abbia posto tutto il peso salvifico sulla morte di Gesù, considerando la sua risurrezione soltanto come lieto fine di un dramma, o un merito acquisito dall’obbedienza del Crocifisso.
Gli studi biblici del secolo scorso hanno fortunatamente rimesso in luce l’importanza e la centralità della risurrezione di Gesù, sia come evento escatologico sia come realtà che riguarda ogni uomo e l’intera umanità.
Noi non siamo abituati alla Pasqua.
Siamo allenati al Venerdì santo e quasi ci sentiamo più a nostro agio davanti al Crocifisso che davanti al sepolcro vuoto.
Ci sentiamo più affini alla sofferenza di Cristo che alla Sua vittoria.
Siamo così abituati alle cose negative che quando ci succedono quelle buone ci domandiamo immediatamente dove possa essere la fregatura, o quanto ci costerà tutto ciò.
È una considerazione triste ma vera.
2 – La notizia straordinaria: Gesù è Risorto!
Gesù non è uno di quelli che vennero: è il Dio incarnato, crocifisso e risorto.
Né Budda, né Socrate, né Confucio, né Maometto … sono risorti.
Non dico questo per diminuire i meriti di quegli uomini, ma semplicemente per affermare che nessun uomo può salvare l’uomo e che solo la Risurrezione di Gesù schiude la strada dell’eternità.
Ecco la grandezza della lectio: ci troviamo ad approfondire le parole non del passato, ma di uno che è vivo e parla oggi perché lo ascoltiamo.
A volte abbiamo ridotto la fede ad andare in chiesa, senza affascinarci delle Parole del Risorto, che ascoltiamo con abitudine, in mezzo a tante altre parole, senza l’entusiasmo che fa vibrare il cuore.
Gli Apostoli a Pasqua non credevano “perché non avevano ancora compreso le Scritture” ( Gv 20,9 ).
C’è forse un modo perché la notizia torni ad essere tale: mostrarne la straordinaria potenzialità negli effetti sociali, civili, cosmici di cui essa è capace.
Gesù è morto da solo, come un chicco di grano caduto in terra e risorge come spiga: moltiplicato, chiesa.
È questa la forza e l’attualità della Risurrezione, un evento che continua a generare un popolo che è il suo corpo: Lui vivente e operante nella storia.
Mi viene da pensare all’atomo, impossibile da fotografare eppure visibile nell’energia che sprigiona.
Impossibile mostrare il Risorto eppure lo si può cogliere, come riflesso, sul volto e negli atti della comunità nella quale Egli vive, per sempre.
Vedi la spiga e pensi al seme che l’ha generata.
3 – Ecco il Vangelo di oggi.
A Gerusalemme accade qualcosa di sconcertante.
Proprio mentre essi parlavano del duplice incontro con il Risorto, quello di Pietro prima e poi quello dei due di Emmaus, “Gesù in persona stette in mezzo a loro”.
Proprio mentre raccontavano di aver incontrato il Risorto, Gesù in persona viene e non lo riconoscono!
Questa incredulità degli Undici, questa loro fatica a comprendere nonostante l’esperienza già fatta, mette in luce alcuni aspetti del mistero della risurrezione.
In primo luogo ci ricorda che non si tratta di un’esperienza che si impone, ma chiede di essere accolta nell’affidamento tipico della fede.
Il Signore non si manifesta in modo eclatante.
La sua presenza è al contrario discreta, si offre come un dono che chiede accoglienza, disponibilità a uscire dai propri pregiudizi per aprirsi a una novità eccedente rispetto alle nostre conoscenze.
Non basta la testimonianza di chi l’ha visto per giungere alla fede.
Occorre sempre un’esperienza diretta, personale.
Non si può fare esperienza del Risorto per interposta persona.
La testimonianza altrui può portare alla soglia della fede, occorre poi l’adesione personale, lo slancio dell’amore che accoglie e si lascia penetrare dalla Verità.
4 – In secondo luogo, l’esperienza del Risorto è sempre nuova e come tale rinnova la nostra vita e il nostro modo di incontrarlo.
Possiamo averlo già incontrato, come accade tanto a Pietro quanto a Cleopa e al suo compagno, e tuttavia ogni sua manifestazione, anche se in continuità con le esperienze precedenti, è una novità irriducibile, che chiede al credente non di rimanere bloccato in ciò che ha già vissuto.
C’è poi un altro tratto sorprendente nel racconto di Luca: “ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore …”
È come se la gioia fosse tale da non sciogliere subito il dubbio e la perplessità.
Per capire è utile confrontare l’esperienza degli Undici con quella dei due discepoli di Emmaus, i quali, al contrario, erano stati incapaci di riconoscere il Risorto perché delusi nella loro speranza.
Là c’è delusione, qui gioia: entrambi gli atteggiamenti sembrano rendere difficile il credere.
Per Luca, a impedire il riconoscimento del Risorto ci possono essere due grandi tentazioni contrapposte in apparenza, ma congiunte nella medesima radice: l’incapacità di tenere unito il mistero pasquale di morte e risurrezione.
Da una parte, infatti, c’è la delusione dei discepoli di Emmaus, che non sanno comprendere il significato della croce; dall’altra la gioia degli Undici, che non sanno riconoscere la continuità tra il Crocifisso e il Risorto, non giungono alla pienezza della fede finché non comprendono che la risurrezione, anziché smentire o cancellare la croce, ne svela il significato.
Tant’è vero che il Risorto, per vincere la loro incredulità, mostra le sue mani e i suoi piedi: “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!”.
Per farsi riconoscere Gesù non invita a fissare il suo volto, ma le sue mani e i suoi piedi, perché custodiscono quei segni della passione che la risurrezione non ha rimosso.
Se il corpo glorificato di Gesù custodisce le piaghe della crocifissione vuol dire che anche quelle piaghe sono gloriose, rivelano cioè la verità del volto di Dio.
La risurrezione non restituisce a Gesù quella gloria che la croce gli avrebbe tolto, ma svela una cosa già misteriosamente presente proprio nella croce.
Il Figlio dell’uomo è stato glorificato: “Padre, glorifica il tuo nome” ( Gv 12,28 ). ( Lectio della volta scorsa )
5 – Solo se comprendiamo la qualità di questo amore, e perché Cristo “doveva soffrire”, possiamo riconoscere la presenza del Risorto “in mezzo a noi”.
A questo tende anche la spiegazione delle Scritture che Gesù torna ad aprire all’intelligenza e al cuore dei suoi discepoli.
Questa è la terza volta che in questo capitolo 24 Luca ricorda la necessità di comprendere le Scritture per giungere alla fede pasquale:
lo hanno affermato gli angeli alle donne presso il sepolcro ( 6-7 );
il Risorto lo ha ricordato ai due discepoli di Emmaus ( 26-27 )
e adesso torna a ripeterlo alla comunità radunata nel Cenacolo.
C’è ora una grande novità, perché nel “così sta scritto” delle Scritture sono inclusi tre eventi: “Così il Cristo patirà e risorgerà … e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme”.
Il progetto di Dio, che le Scritture rivelano concerne quindi non solo la morte e la risurrezione di Gesù, ma anche la testimonianza della comunità cristiana che deve annunciare a tutte le genti il frutto che scaturisce dalla Pasqua, la conversione e il perdono dei peccati.
6 – ( Colloquio con Gesù )
Sei proprio tu, Gesù!
Sei Dio, il Signore, e continui a essere uomo, uno di noi.
Non sei un fantasma, un ricordo, vivi per sempre alla destra del Padre e in mezzo a noi.
Sconvolti, come i discepoli, dai drammi dell’umanità che ci circonda, paurosi sul nostro futuro, tu solo puoi illuminare la nostra mente e incendiare il nostro cuore per una fede salda.
Ti abbiamo ancora tra noi, forti della tua presenza e della potenza della tua risurrezione.
Lungo la strada per Emmaus avevi spiegato le Scritture, e ora di nuovo riprendi l’insegnamento esegetico con gli Undici.
Proponi te stesso come chiave d’interpretazione: tutta la Bibbia la si comprende partendo dalla tua morte e risurrezione, evento che fonda e dà senso alla storia.
Che esegesi efficace la tua!
Quando sei tu a spiegare la Parola la mente si illumina, coglie la verità delle realtà del cielo.
Insieme scaldi il cuore, infondendo la forza per compiere quanto domandi e la gioia di seguirti nella via della vita.
Da quella sera di Pasqua, lungo il cammino della Chiesa, non ti sei mai stancato di spiegare il senso delle Scritture.
Quante parole continui a far comprendere e rivivere, infinite modulazioni dell’unica Parola che sei tu, morto e risorto ( “Sono proprio io” ).
Quante esperienze di vita hanno attuato le tue molteplici parole: in ognuna sei tu, l’unico Signore morto e risorto.
Ogni parola che mi proponi di vivere mi fa morire con te: ha in sé la forza della spada che taglia, dà morte al male che è in me.
Ogni parola che mi proponi di vivere mi fa vivere con te: ha in sé il potere di risuscitare e di dare la vera vita.
Tu che sei realmente presente in mezzo a noi,
continua a spiegarci le tue parole,
a nutrircene come di pane vivo,
a renderle vive e operose,
che illuminano la mente e diano sapienza,
che scaldino il cuore e infondano ardimento,
così che possiamo essere tuoi testimoni e infondere la speranza e la gioia che fai traboccare in noi.
Don Osvaldo