17 dicembre 2021
1 – Il Natale è vicino e la liturgia ci prepara alla sua celebrazione narrandoci di un duplice incontro: Maria si reca da Elisabetta, ma in questo modo accade l'incontro stesso tra i due figli che hanno in grembo, il figlio della vergine – Gesù – e il figlio della sterile – Giovanni.
Prima ancora di nascere, Gesù, nel grembo della madre, inizia a percorrere le strade della Galilea e della Giudea;
prima ancora di nascere, può essere riconosciuto e accolto da Elisabetta e dallo stesso Giovanni;
sempre prima della nascita, Giovanni inizia a essere il profeta che annuncia nella gioia la venuta dell'Atteso e ne prepara la via.
C'è dunque qualcosa che avviene prima ancora della nascita tanto di Gesù quanto di Giovanni, e avviene a partire dal grembo delle loro madri; potremmo dire che avviene nel grembo di un'attesa.
Probabilmente Luca, quando scrive questa pagina, pensa non soltanto al tempo che precede la nascita di Gesù; pensa anche al tempo della Chiesa, inaugurato dalla Pasqua.
Come Maria, la comunità cristiana deve portare in sé il Signore agli uomini e alle donne di ogni tempo e di ogni cultura; come Elisabetta e Giovanni deve riconoscere i segni della sua presenza e sussultare di gioia.
Siamo chiamati all'esercizio della contemplazione dell'invisibile.
2 – L'iniziativa di Maria è descritta all'inizio del racconto con un'espressione concisa: "Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda".
Due verbi connotano il suo agire.
Il primo si alzò.
È il verbo della risurrezione, uno dei due verbi tipici con cui il Nuovo Testamento parla del rialzarsi di Gesù dalla morte.
Forzando un po' il testo, potremmo tradurre: "risorta, Maria andò in fretta …".
Un verbo, dunque, carico non soltanto dell'iniziativa di Maria, ma dell'agire stesso di Dio in lei.
Maria si alza in piedi perché è la promessa di Dio, nella quale ha creduto, a metterla in piedi, a farla alzare, a donarle slancio.
È come se la vita nuova che ha preso inizio nel suo corpo conferisse ora nuova vita a tutta la sua esistenza.
Maria condivide l'obbedienza stessa del figlio che ha in grembo, e che ci viene descritta dalla Lettera agli Ebrei: "Ecco, io vengo per fare la tua volontà".
Il Figlio viene e Maria va! Con sollecitudine.
3 – Ecco il secondo verbo: andare, che significa più esattamente camminare.
Maria si mette in cammino.
Anche questo secondo verbo è molto caro a Luca ed è tipico del suo modo di concepire l'esperienza cristiana.
Come dirà in modo più esplicito negli Atti, l'esistenza cristiana è una "via", un cammino.
Gesù stesso, nel terzo vangelo, cammina molto, così come negli Atti cammineranno molto Pietro e soprattutto Paolo e i suoi collaboratori.
Quando qualcuno è felice, non riesce a trattenere per sé la sua gioia, ma cerca di farla esplodere in un modo o l'altro.
Anche Maria non è riuscita a trattenersi, la vita che è sbocciata in lei l'ha spinta ad andare di corsa da Elisabetta.
Sapeva che Elisabetta l'avrebbe capita, perché aveva appena vissuto un'esperienza simile.
Forse aveva bisogno di una persona capace di accoglierla con un abbraccio e dirle: "io ti capisco e ti credo. Credo in te."
Si può solo immaginare quanto sia stato importante per Maria questa accoglienza, che non sarebbe stata possibile se non si fosse basata su una esperienza vissuta in prima persona.
E nell'incontro tra due anime grandi che hanno creduto al disegno di Dio e hanno deciso di andargli dietro, irrompe lo Spirito Santo.
Non servono parole e spiegazioni: in Dio ci si capisce e la gioia condivisa si trasforma in sapienza: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo".
Ed Elisabetta si chiede: "A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?".
La risposta non può che essere una sola: è al Signore stesso che tu devi che la madre del Signore sia venuta a te.
Non è soltanto il sentimento umano di aiutare una parente, quello che ha spinto Maria ad andare da Elisabetta, ma è la spinta divina di un Dio che, attraverso di lei, già vuole cominciare a santificare, a benedire, a salvare.
( In realtà si tratta della visita del Signore).
4 – "E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto".
È il saluto gioioso e ispirato di Elisabetta.
Entrambe sono in attesa di un figlio e sono profondamente credenti, hanno accolto la Parola di Dio e ne hanno sperimentato la potenza generatrice nella propria piccolezza.
Maria è la prima beata del vangelo di Luca, colei che sperimenta la gioia dell'intimità con Dio.
Con questa beatitudine, l'evangelista introduce la riflessione sul rapporto tra la Parola di Dio annunciata e la fede accogliente, tra l'iniziativa di Dio e l'adesione libera della persona.
Maria è la vera credente, è talmente vuota di sé, umile e aperta all'ascolto della Parola, che lo stesso Verbo di Dio può farsi carne nel suo seno ed entrare nella storia dell'umanità.
Nessuno potrà sperimentare la maternità verginale di Maria, ma tutti possiamo imitare la sua fiducia nell'amore di Dio.
La fede è un dono, ma dare fiducia è una scelta.
La fede è come avere un padre che ti prende in braccio, ma la fiducia è scegliere di credere più a quelle braccia che a tutto il resto che grida il contrario.
Le parole di Elisabetta non possono non farci pensare alla grande beatitudine che Gesù stesso proclamerà al capitolo 11 di Luca.
Alla donna che gli grida: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato", Gesù risponde: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano".
La vera beatitudine di Maria non sta nell'essere la madre di Gesù, ma di aver creduto alla parola di Dio e nell'averle obbedito.
È la beatitudine di un discepolato prima ancora che la beatitudine di una maternità.
5 – Luca ci ricorda poi una seconda cosa, più importante della prima: la beatitudine di Maria, pur così singolare ed eccezionale, può diventare la nostra stessa beatitudine, se ascoltiamo la parola di Dio con la sua stessa fede, con la sua stessa obbedienza.
Mentre le prime parole sono rivolte personalmente a Maria, le ultime sono dette in terza persona: "Beata colei che ha creduto".
Così la sua affermazione acquista carattere di verità universale: la beatitudine vale per tutti i credenti, che trovano in Maria il modello ideale.
C'è uno stretto legame, in Maria, tra fede e maternità, come frutto dell'ascolto della Parola.
E Luca qui ci suggerisce qualcosa che riguarda anche noi: ci annuncia che ogni discepolo può diventare "madre" del Signore.
La condizione è che creda alla Parola di Dio e che la viva.
6 – Maria, dopo Gesù, è colei che meglio e più perfettamente ha saputo dire di sì a Dio.
È soprattutto questa la sua santità e la sua grandezza.
E se Gesù è il Verbo, la Parola incarnata, Maria, per la sua fede nella Parola è la Parola vissuta, ma creatura come noi, uguale a noi.
Il ruolo di Maria come madre di Dio è eccelso e grandioso.
Ma Dio non chiama solo la Vergine a generare Cristo in sé.
Seppure in altro modo, ogni cristiano ha un simile compito: quello di incarnare Cristo fino a ripetere, come san Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me".
Ma come attuare ciò?
Con l'atteggiamento di Maria verso al Parola di Dio, e cioè di totale disponibilità.
Credere dunque, con Maria, che si realizzeranno tutte le promesse contenute nella Parola di Gesù e affrontare, come Maria, se occorre, il rischio dell'assurdo che alle volte la sua Parola comporta.
Grandi e piccole cose, ma sempre meravigliose, accadono a chi crede nella Parola, anche a me, in tutta la mia vita.
Se accolta con il cuore aperto, la Parola con le sue promesse può incarnarsi anche in noi e rendere feconda la nostra vita di cittadini, padri e madri, giovani e anziani, sani e malati.
In questo tempo di preparazione al Natale, ricordiamo la sorprendente promessa di Gesù di rendersi presente tra quanti accolgono e vivono il comandamento dell'amore reciproco: "Dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
Fiduciosi in questa promessa, facciamo rinascere Gesù ancora oggi, nelle nostre case e nelle nostre strade, attraverso l'accoglienza reciproca, l'ascolto profondo dell'altro, l'abbraccio fraterno, come quello tra Maria e Elisabetta.
E ricordiamoci non basta far rinascere Gesù in noi, ma, come Maria, Gesù va portato: siamo chiamati a portare Gesù, concretamente, agli altri.
7 – Mi piace concludere con alcune parole di don Andrea Santoro ( missionario in Turchia ), tratte dal suo "Diario di Terra Santa", che costituiscono un po' il cuore della sua spiritualità e dunque anche del suo martirio: "Io ho prestato la mia carne a Gesù per farlo camminare e vivere tra questa gente, cristiani, mussulmani, ebrei, perché gli uomini sono tutti figli dello stesso Padre".
Il cristiano non solo crede nell'incarnazione del Figlio di Dio in Gesù di Nazaret, ma vi crede a tal punto da pensare che sia possibile tornare a prestargli la propria carne, affinché egli possa continuare e a vivere e a camminare tra questa gente, che è la sua gente.
8 – Maria, insegnaci ad amare, in un servizio concreto e generoso, disinteressato.
Insegnaci ad uscire da noi stessi per andare verso l'altro.
E dona anche all'altro di uscire da sé per intessere tra noi la reciprocità dell'amore.
Donaci di essere il tuo grembo materno dove Gesù torna a prendere le nostre carni, la culla su cui adagiarlo e mostrarlo al mondo.
Ogni piccola azione è un grande avvenimento dove ci è dato il paradiso, dove possiamo dare il paradiso.
Crediamo che nulla di necessario ci mancherà, perché se qualcosa di necessario ci fosse già mancato, Dio ce l'avrebbe già dato.
Buon e Santo Natale di Gesù.
Don Osvaldo