18 febbraio 2022
1 - Giovanni Guareschi, il creatore del "Don Camillo", è stato al centro di una esperienza drammatica vissuta in diversi campi di concentramento nazisti, dapprima in Polonia, poi in Germania.
Allorché è tornato dal lager di Wietzendorf-Bergen, dopo diciannove mesi allucinanti, appariva quasi irriconoscibile.
Smagrito in maniera spaventosa.
Eppure sul suo volto la moglie coglie una strana espressione, una specie di luce misteriosa, un sorriso sia pure dolente di trionfo, tanto che non può trattenersi dall'osservare: "Sembra che abbia vinto tu la guerra!".
E lui replica, sottovoce, in tono confidenziale: "Sì, mi sento un vincitore perché in tutto questo tempo sono riuscito a non odiare nessuno".
2 - "Quale gratitudine vi è dovuta?".
Con questo interrogativo, per tre volte, Gesù interpella il nostro desiderio.
È come se ci domandasse: cosa davvero cercate?
Verso quale meta state orientando la vostra esistenza?
Che cosa conferisce significato al vostro agire, alle vostre scelte, ai vostri comportamenti?
Cercate semplicemente la gratitudine di coloro con i quali vi è possibile intrattenere rapporti di reciprocità, secondo la logica, sempre un po' mercantile, del contraccambio?
Oppure desiderate dare alle vostre relazioni un colore e un sapore differenti?
La domanda può diventare ancora più stringente e impegnativa: il senso ultimo della vostra vita lo fondate rimanendo davanti a coloro che vi gratificano con il loro amore, amicizia, aiuto, oppure davanti a Dio, assumendo le sue logiche di discernimento?
L'alternativa è seria, radicale.
Non riguarda infatti soltanto la qualità del nostro agire, ma più globalmente chi siamo e chi vogliamo essere.
In gioco c'è l'identità della persona, non soltanto i suoi comportamenti.
Se ci limitiamo a fare del bene a chi ci fa del bene, ad amare coloro che ci amano, di fatto rimaniamo quello che siamo e riceviamo dalle relazioni che intrecciamo con gli altri niente di più che la conferma del nostro volto, il quale rimane quello che è.
Gli altri non possono restituirci quello che già siamo, e che ha determinato il nostro comportamento verso di loro.
Sì, riceviamo la loro gratitudine, il loro amore, un bene equivalente a quello che abbiamo saputo offrire, ma non è un granché come ricompensa.
Non ci cambia, non ci trasforma, ci lascia tali e quali.
3 – Gesù ci propone una via diversa, che passa attraverso un esodo da noi stessi, l'abbandono dei criteri che in modo più spontaneo saremmo indotti ad assumere per determinate nostre scelte.
Ed è una via che davvero ci trasforma.
Ci rende figli dell'Altissimo e misericordiosi come misericordioso è il Padre.
La ricompensa non la riceviamo dagli altri, ma da Dio stesso, che ci rende a lui somiglianti.
Seguendo la prima via rimaniamo uguali a ciò che già eravamo; percorrendo questa seconda via diventiamo somiglianti a Dio, modellati secondo la sua misericordia.
Vivere nella logica del contraccambio fa sì che gli altri siano semplicemente uno specchio di noi stessi: nei volti degli amici rispecchiamo la nostra amicizia; in quello dei nemici la nostra inimicizia.
Spezzare queste dinamiche per aprirle alle logiche della gratuità, del perdono significa conferire una fisionomia diversa al nostro volto.
Ne usciamo trasfigurati, perché imprime in noi la sua forma il Dio della misericordia, che vuole essere un Padre benevolo verso tutti, anche verso gli ingrati e malvagi.
La trasformazione che ci è data è segno in noi di un passaggio pasquale.
4 – Ci è davvero possibile farlo?
Come farlo?
Come riuscire a vivere le esigenze radicali proposte da Gesù?
La risposta a questi interrogativi sta in fondo in quella parola con cui Gesù apre il suo discorso: "A voi che ascoltate, io dico …".
La condizione è ascoltare, accogliere con fede e affidamento la sua Parola, che diventerà in noi un nuovo principio vitale, tale da consentirci di vivere quello che altrimenti non sarebbe nelle nostre possibilità.
È Gesù a donarci questa vita nuova, che si attua nel perdono, nell'amore gratuito e incondizionato.
Non è nelle nostre possibilità, è lui ad offrircene la possibilità nel soffio dello Spirito e nella sua Parola, che possiamo ascoltare.
Quelli che ascoltano sono i veri parenti di Gesù.
È la nuova parentela dello Spirito.
"Chi è mia madre?".
Chi ascolta e fa.
Fa secondo ciò che ha ascoltato.
A questi Gesù dice: "Amate i vostri nemici".
Non basta non odiarli.
Ci è chiesto di amarli.
È uno degli "specifici" del cristiano: è impossibile con le sole forze umane; è necessaria la grazia divina.
È l'Everest del cristianesimo.
5 – San Francesco d'Assisi ha certamente aperto più strade al cristianesimo di quante non ne abbiano aperte tutte le imprese militari dei cristiani.
Massimiliano Kolbe ha spento più odio con la sua eroica carità di quanto non riusciamo a spegnerne noi con tutte le nostre prediche.
Due esempi che ci dicono che diventiamo capaci di cose che mai avremmo pensato di poter fare.
Capiamo perché San Francesco d'Assisi sia arrivato a chiamare perfetta letizia, il momento dell'offesa e della provocazione.
Non abbiamo più bisogno di essere violenti, con le parole e i gesti, ci scopriamo capaci di tenerezza e di bontà; e sentiamo che tutto questo non viene da noi ma da Lui, e dunque non ce ne vantiamo, ma ne siamo grati.
Queste parole di Gesù generano nel mondo una nuova cultura: la cultura della misericordia.
Dobbiamo impararla e praticarla bene!
6 – Proviamo a lasciarci illuminare da alcune di queste parole di Gesù.
"Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male".
Sì, vanno amati!
E non ce la possiamo cavare semplicemente mutando il sentimento d'odio in un altro più benevolo.
C'è di più.
Gesù vuole che vinciamo il male con il bene.
Non siamo soli al mondo: abbiamo un Padre e gli dobbiamo assomigliare.
Non solo, ma Dio ha diritto a questo nostro comportamento perché mentre noi gli eravamo nemici, eravamo ancora nel male, Lui ci ha amato per primo, mandandoci suo Figlio, che patì e morì per ciascuno di noi.
7 – "Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro".
Tale frase è chiamata "regola d'oro".
L'ha portata Cristo, ma era già conosciuta universalmente.
L'Antico Testamento la possedeva ed è patrimonio di tutte le grandi religioni mondiali.
Questo dice quanto stia a cuore a Dio: come egli voglia che tutti gli uomini la facciano norma della loro vita.
Sembrano parole semplici, ma quale mutamento richiedono.
È vero, mi piacerebbe che l'altro mi venisse incontro perdonando i miei sbagli, prevenendo i miei desideri.
Se nell'altro vedessi me, forse il mio comportamento nei suoi confronti sarebbe diverso.
8 – "Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso".
La prima caratteristica che contraddistingue l'amore di Dio Padre è la sua assoluta gratuità.
Il Padre ci ama non già perché siamo buoni, ma, al contrario, amandoci crea in noi la bontà e la bellezza spirituale della grazia, facendoci diventare figli suoi.
Un'altra caratteristica è la sua universalità.
Dio ama tutti indistintamente.
Ecco perché ama anche quei figli che sono ingrati, lontani, ribelli.
Lasciamoci guidare da questa Parola, vedremo con occhi nuovi e con cuore nuovo ogni prossimo, ogni occasione offerta dalla vita quotidiana.
9 – "Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo".
Dio ricambia sempre ogni dono che noi facciamo ai nostri prossimi.
E ogni volta è una sorpresa, non ci si abitua mai all'inventiva di Dio.
Ricordiamoci che il dono va fatto disinteressatamente, non per vedere il risultato, ma perché amiamo Dio.
Qualcuno dice: ma io non ho nulla.
Se vogliamo abbiamo tesori inesauribili: il nostro tempo libero, il nostro cuore, il nostro sorriso, il nostro consiglio, la nostra cultura, la nostra pace, la nostra parola per convincere chi ha a dare a chi non ha.
Certamente Gesù pensava in primo luogo alla ricompensa che avremo in Paradiso, ma quanto avviene su questa terra ne è già il preludio e la garanzia.
10 – Forse non ci hai ancora convinto, Gesù, e allora giochi l'ultima carta e ci fai capire che in fondo amare l'altro torna a nostro vantaggio:
se non vuoi essere giudicato da Dio, non giudicare;
se non vuoi essere condannato, non condannare,
se vuoi essere perdonato, perdona.
La nostra condanna o assoluzione non dipendono dalla nostra colpevolezza o innocenza ( lo sappiamo che siamo sempre colpevoli davanti a Dio ); dipende dal nostro atteggiamento verso il prossimo, se l'abbiamo condannato o assolto.
Cito un fatto di cronaca recente, che penso tutti abbiamo letto.
Sgozzato dall'amico a 18 anni.
La madre: "Non odio chi me l'ha ucciso!
Il ragazzo che ha ucciso mio figlio?
Non ho bisogno di perdonarlo, perché nemmeno per un attimo ho pensato di odiarlo".
Questa mamma parla secondo il Vangelo di oggi.
Chiediamo alla Madonna la grazia di poter pensare e vivere così anche noi.
11 – Grazie Gesù!
Tu ami e doni così!
Perdonami se faccio ancora così fatica a vivere quel che ho capito molto bene.
Voglio esserti grato per i doni di cui mi riempi.
Aiutami a mettere in comune con i miei fratelli quel che tu stesso mi dai, senza fare calcoli, senza aspettarmi ricompense o gratitudini.
Fa che impari da te a dare per una ragione soltanto: per amore.
Fa sorgere l'era nuova della giustizia e della pace, e che si viva in terra come in cielo.
Don Osvaldo