16 settembre 2022
( Leggere sempre prima il brano di Vangelo)
1 - "Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?"
Domanda inquietante di Gesù!
Per ben due volte, nella pagina evangelica di oggi, Luca definisce la ricchezza: "disonesta".
Uno dei modi con cui la ricchezza manifesta la sua disonestà è nel fatto che inganna la nostra vita.
La ricchezza vorrebbe assicurare la nostra vita, garantirle felicità, compimento, pienezza, ma poi non onora la parola data.
La parabola del ricco stolto, di alcune domeniche precedenti, traduce in un linguaggio drammatico proprio questa idea.
Mette in scena, infatti, l'illusione di chi pretende di fondare su ciò che possiede la propria vita, mentre invece quella notte stessa gli verrà chiesta indietro ( Lc 12,13-21 ).
Il ricco stolto si comporta come il protagonista di un'altra piccola parabola: quella del costruttore che edifica la sua casa senza aver scavato le fondamenta, così che, quando la piena del fiume la investe, subito crolla. ( Lc 6,46-49 ).
2 – Per approfondire la radicale disonestà di una promessa non mantenuta, Gesù ricorre a un'altra parabola, tra le più sconcertanti della sua predicazione.
Narra infatti di un amministratore scaltro, che si contrappone alla figura del ricco, definito stolto.
Gesù lo loda, anche se, a ben vedere, egli ammira non la sua disonestà, ma la sua scaltrezza.
Questo tale, infatti, si viene a trovare in una situazione difficile, apparentemente senza soluzioni, quando il padrone decide di licenziarlo.
Che fare?
La parabola mette in luce alcuni tratti del suo intelligente discernimento.
Anzitutto agisce con prontezza, non tergiversa, non recrimina, non protesta, né cerca giustificazioni.
Accoglie la nuova situazione e vi reagisce con lucidità.
A questo discernimento prudente appartiene anche il riconoscimento dei propri limiti e debolezze: "Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno".
Non cerca, né tantomeno sogna soluzioni impari alle proprie possibilità.
Infine – ed è questo l'aspetto più rilevante – sa farsi "degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne".
In altri termini, sa trasformare beni e ricchezze in relazioni.
Qui sta la vera scaltrezza che il Signore chiede ai suoi discepoli.
3 – Non dobbiamo dimenticare che la parabola conserva un forte aspetto rivelativo.
Non ha anzitutto un significato morale, ma teologico: più che preoccuparsi di educare i nostri comportamenti, rivela il modo di essere di Dio.
Ciò che l'amministratore deve gestire con sapienza, è la ricchezza del Regno, che il Signore affida ai suoi discepoli, così come il padrone della parabola, affida i propri affari al suo economo.
Ora quello che Gesù desidera non è che il bene del Regno venga sprecato o dilapidato – di questo ci chiede conto come fa il padrone della parabola – ma non vuole neppure che venga scrupolosamente custodito, come il talento nascosto sotto terra.
Né desidera che gli venga restituito.
Vuole piuttosto che sia donato e condiviso, soprattutto con i poveri, perché è a loro che viene annunciato il Vangelo del Regno.
Lo dona in modo gratuito e sovrabbondante, e vuole che il discepolo che lo accoglie non si preoccupi di restituirlo, ma torni a donarlo, con prodigalità, con gratuità, con la medesima sprovvedutezza.
4 – Dio ha un cuore povero e disinteressato, non gli interessa se, per così dire, lo truffano dei suoi beni per condividerli con i poveri.
Ce ne chiede conto se li dilapidiamo, se li sprechiamo, se non li facciamo fruttificare; ci loda, al contrario, se siamo così scaltri da condividerli con i poveri, che sono i suoi amici.
Questa è la scaltrezza da vivere: non una furbizia secondo logiche umane, ma l'intelligenza creativa di chi, avendo un intuito profondo del mistero di Dio, conforma se stesso al suo modo di agire, assumendo i suoi criteri di discernimento e di azione.
Ecco la fedeltà che il Signore ci chiede: "Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?".
La vera fedeltà da vivere non è nella logica del possesso o dell'accumulo, dell'avarizia o dell'avidità, in una parola dell'idolatria; è piuttosto fedeltà a Dio e al suo modo di essere, che ci rende fedeli ai beni che lui ci affida, a condizione di condividerli, in modo sapiente e scaltro, con gli altri, soprattutto con chi è più nel bisogno.
Il discepolo di Gesù ha questo desiderio: che tutti godano della ricchezza del Regno.
Scaltrezza è non dilapidarla né requisirla, ma annunciarla e condividerla.
5 – Anche noi davanti alle prove personali, ai problemi sociali, alle difficoltà che si oppongono all'annuncio del Vangelo abbiamo bisogno di scaltrezza.
Non è facile essere cristiani coerenti, affrontare situazioni che ci superano.
Che fare allora?
Rassegnarsi alla mediocrità?
Arrendersi impotenti davanti al dilagare del male?
No, non possiamo darci per vinti.
Guarda con quanto accanimento e creatività i "figli delle tenebre" proseguono i loro fini.
Perché per arricchirsi, aver successo, raggiungere il potere, loro le inventano di tutte e noi per il Regno di Dio, siamo così titubanti, in posizione di difesa, incapaci di creatività e audacia?
Ci dai proprio uno scrollone, Gesù!
6 – Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti".
Queste parole esistevano già prima di Cristo ed erano probabilmente un proverbio.
Gesù le ha assunte nel suo insegnamento, riguardo alla ricchezza, dando loro un'importanza nuova.
Hanno quindi anzitutto un significato su un piano economico, ma si possono applicare alle molteplici situazioni della vita.
Gesù sottolinea con esse che l'essere fedeli nelle piccole cose è un test efficace per sapere che si sarà altrettanto fedeli nelle cose grandi.
Inoltre se Gesù richiede la fedeltà nel poco vuol dire che niente è piccolo di ciò che la vita domanda.
Niente è piccolo di ciò che si fa per compiere la sua volontà.
Niente è piccolo di ciò che si fa per amore.
Come compiere le piccole azioni?
Non lasciandoci mai prendere dalla fretta.
Compiendo tutto con perfezione.
Essendo proiettati con tutto il nostro essere in quella cosa da fare.
La fedeltà nelle piccole cose si identifica col vivere bene il momento presente della vita.
7 – Le cronache parlano di una falsa invalida che per 10 anni ha truffato l'Inps di circa 88.000 euro.
Ma ogni giorno i giornali riportano episodi di finti ciechi, commercianti disonesti, lavoratori che timbrano il cartellino e poi vanno a fare i loro comodi …
E tuttavia, qualche volta, a noi capita di invidiare.
Oggi Gesù vuol darci una lezione di intelligenza e di furbizia.
Sembra dirci: mettono più passione e partecipazione i disonesti nel fare il male, mentre voi che lavorate per la verità dimostrate meno intelligenza, meno iniziativa, meno slancio.
Perché? Perché non ci rendiamo conto che la colpa peggiore nei confronti della vita cristiana è l'indifferenza?
Perché ci riduciamo ad essere stanchi ripetitori di una verità che non attira più nessuno?
Diciamo di essere dalla parte della verità, ma questo non vuol dire che dobbiamo essere gli annoiati custodi di un museo!
Diciamo di fare il bene, ma non ci sfiora il sospetto che non basta fare il bene, occorre anche farlo con intelligenza, realismo, slancio, inventiva?
Perché non ci rendiamo conto che l'unica maniera di manifestare la nostra fedeltà al Vangelo è di renderlo attuale, vivo, attraente?
Forse la differenza tra l'amministratore infedele e noi sta qui: lui è alle prese con i conti che non tornano.
Noi viviamo nella sicurezza che i nostri conti con Dio tornino sempre; ci illudiamo di avere i registri in ordine, e ci addormentiamo!
Impariamo la lezione: Dio vuole cristiani intelligenti e pieni di fantasia, che facciano concorrenza ai "figli di questo mondo".
8 - "Nessun servitore può servire due padroni".
Noi di padroni non vorremmo servirne proprio nessuno, perché vogliamo essere padroni di noi stessi.
Ciò non toglie che poi, tante volte, ci mettiamo a servire anche più di due padroni!
I padroni ai quali però si riferisce il Vangelo sono due: Dio e la ricchezza.
È vitale saper scegliere.
Ma essere ricchi non è peccato.
Essere avari, invece, sì; essere egoisti, affaristi, ingiusti, questo significa diventare servi di un idolo implacabile, mai sazio.
"Quando in un'anima entra la ricerca del denaro, arriva subito anche la ricerca di quello che il denaro può dare e cioè: cose superflue, belle cose, lusso in tavola, più vestiti, tanti adulatori e così via.
Crescono allora i nostri bisogni perché una cosa richiama l'altra.
Il risultato finale qual è?
Una insoddisfazione senza via d'uscita". ( Madre Teresa di Calcutta )
9 – Signore, tu oggi mi inviti a scegliere te, ad essere pronto, coraggioso, intraprendente nel bene.
Io accetto questo invito.
Liberami perciò da tutti quegli idoli che vorrebbero prendere il tuo posto.
Io conosco bene i loro nomi e so che ancora esercitano un potere su di me.
Ma io non voglio rinunciare a te.
Smaschera, ti prego, i miei tentativi di conciliazione, i compromessi fra le mie ambizioni e le tue esigenze.
Fammi perdere, spogliami, Signore, e poi rivestimi di te.
Rivestimi di te perché il servirti sia la mia gloria, il mio onore e la mia felicità".
Dal terzo venerdì di ottobre riprendiamo la lectio in presenza, dopo due anni.
Venerdì 21 Ottobre ore 20,30-22,00, per chi può, ci vediamo nella sala Gotica.
Per chi non può, manderò la scheda via Email nei giorni seguenti.
Don Osvaldo