Uno straniero in casa |
Ogni anno per migliaia di famiglie italiane si avvia nel silenzio un grande percorso di incontro tra culture di Paesi diversi attraverso l'affidamento della cura degli anziani.
È tutto facile?
Proviamo ad esaminare ciò che dicono persone coinvolte in queste esperienze.
Coppia anziana italiana cerca assistente domiciliare fissa.
"Desideriamo un'italiana… se proprio non c'è, si potrebbe vedere di nuovo una straniera … non dovrà, spero, essere retribuita come un'italiana … non la voglio nera, perché mio marito non l'accetterebbe mai e poi … che non sia musulmana; ne abbiamo già avuta una, ma pregava tante volte al giorno e faceva delle storie se doveva servire il vino … e poi che si vesta un po' come noi e che sia presente alla domenica. Saprà fare il suo lavoro?"
Uomo anziano assistito da una donna straniera.
"All'inizio mi sembrava un po' strano vedere una persona così diversa girare in casa mia… ma poi mi sono accorto che ha anche molte qualità.
Non parla molto bene l'italiano, si rivolge a me sempre con il "tu", ma dice le cose vere che fa piacere sentire: "Come stai? Un po' meglio oggi?".
Mi parla tanto; si fa raccontare della mia vita; mi racconta della sua; adesso so tante cose sul suo Paese.
Mi ha chiesto di insegnarle il Padre nostro in italiano.
Mi dice che le manca la Messa del suo paese che dura molto di più, che tutti cantano e sono felici.
Sorride sovente; io le voglio un po' bene perché è affettuosa, allegra; mi dice che nel suo paese gli anziani sono sempre rispettati, perché sono considerati saggi".
Donna straniera anziana sola a Torino.
Ho lavorato qui tanti anni come colf, adesso non mi vogliono più perché sono vecchia e io non mi sento più di fare lavori pesanti; ma forse qualche lavoretto lo troverò ancora.
Vorrei tornare al mio paese, ma i miei figli sono emigrati in altri Paesi di Europa.
Forse tornerò lo stesso; ma non so decidermi.
Dai figli non posso andare perché dovrei adattarmi ad un altro paese straniero, ad un'altra lingua.
Sono tanto preoccupata perché non ho maturato nessun diritto alla pensione e poi sono molto sola… non posso raccontare a nessuno della mia vita passata.
Nessuno crede che ho avuto anch'io una famiglia, solo che ho dovuto lasciarla.
Anch'io sono stata qualcuno nel mio paese e qui mi sembra essere una fallita.
Non so nemmeno dove avrò una tomba; chissà se mi seppelliranno secondo il rito del mio paese?
"Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani per nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi perché tali sono nella carne per mano di uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo.
Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.
Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù.
In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo del Signore; in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito". ( Ef 2,11-22 )
La parola di Dio ci ricorda che noi un tempo eravamo lontani, stranieri e ospiti nella casa del Padre.
Ma Gesù ha voluto renderci concittadini dei santi con la sua morte e risurrezione.
Nessuno di noi può sentirsi a casa propria in questo mondo che gli è dato come tenda temporanea, scrive san Paolo in una sua lettera.
Essere a casa nostra ci dà fiducia e forza, ci rende sicuri.
Ma sicuri del tutto non lo siamo. Basta un nulla e tutto cambia.
Lavoriamo una vita intera, fatichiamo e non ci risparmiamo per crearci qualcosa di nostro.
Poi, appena giunti alla pensione, arriva la malattia, il lutto, mancano le forze.
La terra è la nostra casa, ma una casa temporanea.
La nostra dimora è nei cieli.
Se c'è una cosa che conta nel nostro essere nel mondo è la capacità di creare relazioni vere e fraterne tra di noi.
Sentendoci stranieri, anche noi possiamo guardare agli stranieri che oggi abitano le nostre città con un occhio diverso.
Ci vuole forse un po' di coraggio e un po' di amore in più.
Anche se lo straniero è in casa nostra e ci accudisce come può, anche se non capisce bene l'italiano o il dialetto, anche se cucina quelle cose così strane, anche se ogni tanto sparisce per pregare in modi così diversi dai nostri, anche se dai giornali e dalla televisione si vedono alcuni di loro che non si comportano sempre bene, anche se ci spaventa un po' un colore diverso della pelle.
Gesù è venuto a portare la pace, a fare dei tanti un solo popolo: quello dei figli di Dio.
- I nostri atteggiamenti e sentimenti sono secondo la Parola di Dio, oppure facciamo distinzioni di razze e culture? Come valorizziamo le differenze?
- Se hai una colf straniera in casa tua: cosa ha cambiato in te e negli altri questa presenza?
- Percepiamo le difficoltà, le angosce legate alla situazione dell'immigrazione?
Dal messaggio del Papa sulle migrazioni ( 2 febbraio 1999 ): "Nel Nuovo Testamento: tutte le distinzioni fra gli esseri umani cadono con la soppressione ad opera di Cristo del muro di divisione fra il popolo eletto e i pagani.
Con la Pasqua di Cristo non esistono più il vicino e il lontano, l'accettato e l'escluso.
Per il cristiano ogni uomo è il "prossimo" da amare".
Tra le principali cause dell'immigrazione identifichiamo la povertà, la miseria, le guerre, l'indebitamento estero.
E per contrasto vi è il potente richiamo di un sistema consumistico occidentale, che propone modelli e stili di vita di un benessere non raggiungibile nei Paesi senza prospettive, dai quali provengono.
- Sono cosciente che lo squilibrio tra popoli ricchi e popoli poveri può diventare irreversibile con tragiche conseguenze per l'intera umanità?
- Sappiamo risalire alle cause dell'immigrazione oppure ci fermiamo alle conseguenze?
- Siamo disposti a mettere in gioco il nostro stile di vita, dal momento che in fatto di immigrazione, il "criterio per determinare la soglia di sopportabilità non può essere solo quello della semplice difesa del proprio benessere, ma bisogna tener conto delle necessità di chi è drammaticamente costretto a chiedere ospitalità"?
- Rafforziamo l'impegno a vivere con coerenza la nostra fede in un contesto pluralistico caratterizzato dall'accettazione dell'altro, dal dialogo con il diverso?
Da Orientamenti pastorali per l'immigrazione: "Ero forestiero e mi avete ospitato" (n.5):
"Tutti in vario modo conosciamo le tragiche difficoltà in cui versano i popoli e i paesi del Terzo Mondo, così come siamo anche coscienti delle responsabilità che il mondo occidentale ha avuto nel determinare, e ora ha nel mantenere, condizioni di vita disumane".
Quando le prime comunità cristiane si riunivano per la preghiera erano entusiaste nel recitare le parole del Padre nostro.
Gesù le ha insegnate proprio per rivelarci qualcosa di Dio e di noi stessi.
Di Dio ci dicono che è padre e non tiranno.
Ci dicono che è padre di tutti gli uomini e non solo di qualche privilegiato.
E di conseguenza dicono di noi che siamo anzitutto fratelli, figli di uno stesso padre.
Di noi ci dice che siamo parte di una unica famiglia che non ha barriere di razza o cultura.
Ci insegna che cosa Dio stesso desidera dall'umanità: che sia una, che viva nella pace, che sappia camminare insieme.
Ogni volta che prendiamo parte alla Messa e ci nutriamo del corpo di Gesù nella comunione, spezziamo insieme lo stesso pane e rinsaldiamo i vincoli di fraternità tra noi.
Il discepolo di Gesù non è razzista, non fa preferenze, non emargina.
Vive sempre da fratello. Con tutti.
Anche con chi non è perfettamente allineato al mio pensiero o non risponde alle mie aspettative.
Gesù non ha discriminato neppure prostitute e peccatori, ladri e malviventi.
Non li ha giustificati: li ha accolti, amati, perdonati e cambiati dentro.
Prega con il Padre nostro e rifletti:
Non dire padre se ogni giorno non ti comporti da figlio.
Non dire nostro se vivi isolato nel tuo egoismo.
Non dire dacci oggi il nostro pane quotidiano se non ti preoccupi della gente che ha fame.
Non dire perdona i nostri debiti se conservi un rancore verso tuo fratello.
Non dire non lasciarci cadere nella tentazione se hai intenzione di continuare a peccare.
Non dire liberaci dal male se non prendi posizione contro il male.
Non dire amen se non prendi sul serio le parole del Padre nostro.