Missione Giovani: bella storia! |
Lo schema tradizionale della missione della fede, in questi anni è completamente cambiato.
I media, di cui le nuove generazioni sono plasmate, non vanno intesi tanto come mezzi nuovi ed efficaci per spiegare le verità della fede, ma vanno intesi per quello che sono: medium, intense esperienze emotive dove comunicatori e uditori sono intrecciati in un unicum.
Nella MG non sarà sufficiente utilizzare i linguaggi dei giovani, occorrerà diventare medium di comunicazione, attraverso la comununione con l'"uditorio", diventando una cosa sola con loro, praticanti e non praticanti, simpatizzanti e contrari.
La missione deve pensare in termini di legami, di feeling, di comunione, di simpatia.
Nel contesto di oggi occorre prestare molta attenzione alla pastorale dell'aggancio, delle affinità, delle sinergie, delle relazioni anche virtuali; è anche pastorale del chat, delle SMS.
Ma non in senso banale o di maniera: l'evangelizzazione va tradotta in termini di conversazione e di dialogo.
Occorre passare dalla proclamazione alla conversazione ( cum versus: sentirsi coinvolti verso una medesima direzione ), dalla conversazione alla simpatia dell'amicizia.
Ecco una bella definizione della MG e delle sue convocazioni: farci, in questo anno, tanti amici ed invitarli alla festa delle nozze ( Mt 22,1-14 ).
Oggi le parole hanno già perso il predominio nella comunicazione; lo ha acquistato il linguaggio simbolico.
Nel mondo di ieri contavano i libri, le schede, le idee chiare e precise.
Oggi cambia il modo stesso di intendere le parole: comunicare è sempre più trasmettere delle emozioni in un contesto ad effetto.
La comunicazione riuscita è intesa come scambio di vibrazioni.
Diventano importanti i linguaggi che producono effetti, che creano atmosfera: il suono della voce, il linguaggio delle immagini e delle parabole, dei lumi e delle luci, della musica e dei canti, la qualità del suono, i ritmi e i gesti.
Una fede troppo basata sull'insegnamento non può più essere proposta, se non diventa esperienza, anche emotiva, con tutti i rischi che questo comporta.
Questo vale anche per i giovani che già frequentano le comunità: anch'essi vivono momenti di disorientamento o di crisi religiosa: spesso non trovano il nesso tra gli insegnamenti ricevuti al catechismo e la risposta da dare alle domande che li inquietano; a volte non sembrano avere neppure più i parametri per capire l'importanza di ciò che è ritenuto indispensabile per un'autentica vita cristiana ( ad es. l'eucaristia domenicale … ).
Fanno fatica a orientare le scelte e i significati profondi della loro esistenza alla fede che professano.
La visibilità della MG non è immaginata secondo i canoni mondani del consenso.
È intesa, invece, secondo la teologia della presenza cristiana nel mondo.
È come contemplare una bella basilica cristiana.
La cattedrale è costruita sulla piazza sotto lo sguardo di tutti.
Non si impone, non costringe, crea una scena che fa piacere vedere; non è un baraccone, non è un grattacielo: è una chiesa.
È costruita per essere bella.
Qualcuno soffermandosi, si domanderà: "Se è così bella fuori, come sarà dentro?".
E scoprirà che, dentro, non è più questione di forme e di colori.
Dentro c'è la presenza di una Persona.
Lo splendore e l'incanto della facciata era solo un segno: non si fissa il dito che indica la luna, si guarda la luna …
In questo frangente storico i giovani sono particolarmente sensibili alla presentazione del Vangelo come manifestazione della vera bellezza.
La MG è anche questione di stile: è la costruzione di una bella facciata che invita ad entrare dentro.
Il profilo, la qualità e l'eleganza della forma non sono quindi secondarie.
Non sarebbe consona alla sua natura di segno, se contenesse solo discorsi e idee, gesti e azioni e mancasse della cura della forma.
Persuade il sostare a guardare, qualche cosa che ha stile ed eleganza.
Non basta lasciarsi andare all'entusiasmo: l'ispirazione selvaggia o l'impeto del momento non diventano di per sé stile, non lasciano l'eco interiore di ciò che è giusto e bello, buono e degno.
Lo Spirito è forza di intelletto, è principio di sapienza: si diventa missionari attraverso il rigore del pensiero e della parola, lo scrupolo della razionalità e del senso critico; non servono solo gli originali e gli intuitivi: vogliamo rivolgerci alle masse, non alle élite.
Deve passare l'idea di un lungo lavoro su noi stessi, della frequentazione assidua e organica dei professionisti della comunicazione, della formazione, dell'attitudine ad intendere la qualità spirituale delle persone e delle cose.
La forza dell'ispirazione cristiana non si combina con la mediocrità e la banalità, ma richiede l'ambizione e l'orgoglio della precisione, del lavoro ben fatto, del discernimento: non tutto ciò che si presenta come religioso è genuino, non tutto ciò che si dice spirituale è cristiano.
Testimonianza dei giovani cristiani è la magnanimità ( forma affascinante dell'eroismo cristiano ) che è l'esatto opposto della volgarità e della piattezza delle false trasgressioni cui assistiamo: una grandezza dell'anima che rende puro e lucido l'occhio e lo fa capace di discernere ciò che vale e di vedere "in ogni cosa bella una traccia della Grazia che ci salverà" ( cfr. musical Gloria ).
La MG si spinge fino a lasciarsi interrogare coraggiosamente dalla domanda cruciale della morte ( cfr. Svegli fino all'alba ).
I giovani credenti vogliono testimoniare la loro voglia di essere, di appropriarsi del loro vivere personale e collettivo, di liberarsi dalla cultura di morte: interrogarsi sulla morte e liberarsi da una cultura di morte sono movimenti che si richiamano circolarmente.
Solo affondando le radici nella vita si può annunciare la fede.
La giovinezza è l'età del sogno e dell'eroismo, il tempo in cui più si è disposti a spender di se stessi.
È quindi un tempo particolare della Grazia e dello Spirito.
La MG non è solo programmazione di iniziative, rete di relazioni da organizzare, laboratori da proporre.
È fondamentalmente un tempo forte di entusiasmo, nel suo significato etimologico ( = "nel respiro di Dio"! ).
Sono eventi comunicativi che vogliono toccare l'anima, trasmettere l'emozione del mistero cui alludono, chiamare ad uno sguardo lanciato all'interiorità, attraverso il linguaggio di ciò che è bello e buono.
Dio, che non ignora il corpo sensibile del giovane, ma, nello Spirito, lo fa ardere, accende luce anche per i sensi, perché non li vuole spenti ( a tanto si spinge, nella linea dell'incarnazione, il canto liturgico ), scalda e scioglie ciò che è assopito ed alienato, rigenera ciò che è distrutto e senza desiderio.
È Spirito che dà la vita: suo disegno è di sprigionare un'energia capace di imprimere consiglio, fortezza, intelletto, profondità e consistenza all'anima e renderla grande.
I cristiani non devono temere l'ostilità dei tempi, perché anche oggi lo Spirito li precede e prepara il terreno.
Prima ancora di essersi resi conto della drammaticità del nostro tempo, il Vangelo già è in azione, nei segni dei tempi: essi non devono fare altro che "prendere il largo" e ripartire da Cristo, presentando la sua proposta di vita, in tutta la sua attrattiva e bellezza.
La domanda di salvezza non potrà essere spenta del tutto: nelle nuove sensibilità dei giovani, anche nelle loro ambivalenze, è contenuto un appiglio per costruire speranza e annunciare riscatto e Grazia.
Non c'è nulla da temere: il Signore Gesù non è venuto a portare una risposta di felicità più che un corpo di dottrine?
Non ha considerato forse il benessere del corpo come un segno del Regno?
Non ha annunciato la Parola e il perdono dei peccati operando guarigioni, invitando poi ad andare oltre?
Non è, la sua, una felicità concreta e storica, dal momento che il Regno comincia già qui?
Non è Egli il Figlio di Dio fatto carne?
Non ha scelto come collaboratori dei discepoli mandandoli a farsi "Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei" ( 1 Cor 9,20 ) e la Pentecoste non consiste nel dono di parlare "come nativi" nei contesti, negli ambienti, nei gruppi più diversi?