Come spesso nella legge di Mosè, la legislazione non approva l'atto ma lo regola, minimizzando il danno delle pratiche sbagliate dovute alla peccaminosità umana, ma senza incoraggiarle.
Questo è il caso non solo per il divorzio, ma anche per la schiavitù ( Dt 15,12-18 ), la poligamia ( Dt 21,15-17 ) e la prostituzione ( Dt 23,18 ).
Così Dt 24,1-4 spiega quello che si deve fare nella ( triste ) situazione del divorzio, proteggendo la moglie, che riceve un "atto di ripudio" dal marito per attestare il suo stato.
Non ordina che il marito deve divorziare la donna che "non vuole più perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo" ( qualunque cosa che sia ), né che il divorzio è una punizione per la moglie, ma solo come il marito si deve comportare quando trova qualcosa di indecente e se decide di divorziare la moglie.
Questa interpretazione è confermata da Gesù due volte.
Prima di tutto nel Sermone sul monte, in cui cita la necessità di scrivere un atto di ripudio se si divorzia, ma aggiunge che chi divorzia la moglie ( tranne per la fornicazione ) sbaglia.
Secondo, nella sua risposta ad una domanda su questo brano ( Mc 10,2-12; Mt 19,3-9 ), quando dice che Mosè diede questa legge "per la durezza dei cuori" ma che "da principio non era così", invece l'uomo e la donna sono uniti per tutta la vita ( Gen 2,24 ).
Vedi il commento su 1 Corinzi 7,10-16.