Paolo dice in 1 Cor 7,17 ( e ribadisce in 1 Cor 7,20,24 ) che tutti devono continuare a vivere nella condizione assegnatagli dal Signore quando Dio lo chiamò.
Poi applica questo principio a chi è circonciso o incirconciso ( 1 Cor 7,18-19 ), a chi è schiavo o libero ( 1 Cor 7,21-23 ), e a chi è sposato o non sposato ( 1 Cor 7,25-28 ).
Però, anche se ordina così in tutte le chiese (1Cor 7:17), è un ordine di non preoccuparsi troppo di cambiare stato (1Cor 7:21), non di cambiare stato mai. Perché dice che se uno schiavo ha l'opportunità di diventare libero, è meglio valersi dell'opportunità (1Cor 7:21), e che se qualcuno si sposa, non pecca (1Cor 7:28,37-38). Anche l'incirconcisione non conta nulla (1Cor 7:19), nel senso che farsi circoncidere o far sparire la circoncisione è uno spreco di tempo, non che è un peccato. Vedi il commento su Atti 16:3. Quel versetto spiega come Paolo mise in pratica questo principio - almeno una volta, fece circoncidere una persona, per cui il cambiamento in sé non era sbagliato. I motivi dati per cui non ci si deve preoccupare di cambiare stato sono tre. Uno era una "pesante situazione" allora, che dava tribolazione nella carne (1Cor 7:26,28). Non si sa adesso quello a cui Paolo si riferiva (ma ovviamente i Corinzi lo sapevano), ma forse era una forte persecuzione a quel tempo. Se fosse così, una parte del motivo dell'insegnamento non varrebbe nella nostra situazione. Altri invece vedono nella pesante situazione un riferimento ai tempi difficili fra l'ascensione di Gesù e il suo ritorno, il "tempo abbreviato" in cui "la figura di questo mondo passa" (1Cor 7:29,31), perché Gesù può ritornare per inaugurare il suo regno perfetto in qualsiasi momento. Il secondo motivo è che il nostro stato davanti a Dio dipende da quello che Cristo ha fatto per noi, non dallo stato che le persone vedono. Per Dio, in Cristo siamo sia liberi sia schiavi (1Cor 7:22). Non dobbiamo pensare di poter migliorare la nostra condizione davanti a Dio diventando liberi né circoncisi né incirconcisi. Vedi anche Galati 3:28. Il terzo motivo è che invece di usare i nostri sforzi e il nostro tempo per cambiare stato, dobbiamo preoccuparci di poter servire Dio meglio, per esempio osservando i suoi comandamenti (1Cor 7:19). Inoltre, invece di preoccuparci cercando il matrimonio, possiamo usare il tempo addizionale che abbiamo da singoli per pensare alle cose del Signore (1Cor 7:32). Possiamo impegnarci molto di più per Dio senza avere interessi divisi (1Cor 7:33-35). Per un simile insegnamento, vedi il commento su Matteo 19:12. Paolo è quindi d'accordo con il sistema della schiavitù? Sostiene la preservazione di questo sistema? No. Ma aveva una posizione molto più radicale dell'opposizione alla schiavitù. Riteneva che né la schiavitù né la libertà fossero importanti. Essere liberi era meglio di essere schiavi (1Cor 7:21), ma essere affrancati del Signore ed essere uno schiavo di Cristo erano le cose importanti, e le cose per cui combattere (1Cor 7:22-23). In questo modo Paolo seminò il seme dell'abolizione della schiavitù, insegnando che le persone libere non erano più importanti degli schiavi, e che anche gli schiavi avevano un gran valore davanti a Dio. Infatti, erano i Cristiani consacrati e impegnati, che prendevano sul serio l'insegnamento di Gesù e di Paolo, che erano principalmente responsabili per l'abolizione della schiavitù. Vedi il commento su Efesini 6:5-8.