Tito |
Tito è un discepolo e collaboratore di Paolo, più volte ricordato nelle lettere ( Gal 2,1-3; 2 Cor 2,13; 2 Cor 7,6.13; 2 Tm 4,10 ), che l'apostolo ha incaricato della cura pastorale della comunità di Creta.
La lettera è simile alle due inviate a Timòteo; anche la situazione delle Chiese non appare diversa.
L'apostolo mette in guardia dai falsi maestri ( 1,10-16), dà direttive per la scelta dei responsabili delle Chiese, presbìteri e vescovi ( 1,5-9 ) e detta norme per le varie categorie di persone ( 2,1-10 ).
Paolo invita i credenti alla riconoscenza verso il Padre e verso Gesù che "ha dato se stesso per noi", nell'attesa della sua manifestazione gloriosa ( 2,11-14 ).
Essi sono anche esortati a tenere un atteggiamento esemplare ( 3,1-2 ), a essere i primi nelle opere buone ( 3,8 ), per non vivere una vita inutile ( 3,14 ).
Tutto questo ha una motivazione: è apparsa la salvezza di Dio e i credenti vivono nella speranza della sua manifestazione definitiva ( 3,4-7 ).
Indirizzo e saluto ( 1,1-4 )
Doveri di chi guida la comunità ecclesiale ( 1,5-2,10 )
Nell'attesa della beata speranza ( 2,11-3,11 )
Richieste e saluti ( 3,12-15 ).
Come in altre lettere, l'autore lega all'annuncio del Vangelo la raccomandazione a comportamenti positivi ispirati alla volontà di Dio.
L'origine Autore della lettera a Tito fu probabilmente quello stesso discepolo e collaboratore di Paolo, che compose le due lettere a Timòteo.
Come le lettere a Timòteo, anche questa ci trasmette sentimenti e pensieri riconducibili a Paolo.
di questo scritto fu Tito; ma la lettera è stata ben presto diffusa per il suo valore di guida ai credenti e soprattutto ai pastori delle Chiese.
La lettera a Tito, uno dei discepoli prediletti che S. Paolo dopo l'evangelizzazione di Creta lasciò per qualche tempo nell'isola, chiude, con la seconda a Timoteo, scritta nello stesso torno di tempo ( circa 65-66 d. C. ), la serie delle lettere dell'apostolo.
Anche per questo essa ha i connotati del testamento spirituale.
Il teologo della redenzione, operata dal Cristo e partecipata per mezzo della fede nella parola dei suoi inviati, lascia anche qui qualche annotazione densa di pensiero e in formule non prive di novità ( 1,1s; 2,11s; 3,4s ); il vecchio lottatore contro i negatori di quelle stesse dottrine che erano il centro del messaggio cristiano, lascia intendere che la tempra non è mutata e potrebbe condurre altre battaglie per il trionfo della verità cristiana ( 1,10s; 3,9s ), ma in prevalenza parla l'apostolo, premuroso delle sorti delle Chiese di Cristo, il pastore, che ha per tutti una parola di ammonizione e incoraggiamento, il padre buono, che ha presenti tutti i suoi figli spirituali.
Solo la lettura dell'epistola darà pienamente il senso di umanità e cordialità che la ispira tutta.
Formalmente la breve lettera è come un'istruzione che l'apostolo da a Tito, già suo collaboratore nell'evangelizzazione dell'isola, rimasto poi là a « dar l'ultima mano » ( 1,5 ) al lavoro avviato: stabilire la gerarchia della Chiesa, sradicare le false dottrine degli ex-Giudei e ammonire tutti sui principali loro doveri, che Paolo stesso presenta in liste caratteristiche ( 1,7ss; 2,2-10 ), contenenti un formulario brevissimo di etica cristiana, fondato sull'esperienza e la rivelazione e ricco di finezze psicologiche e di sensibilità sociale ( 1,6.9; 2,5.8.10 ).
Come se dicesse: ecco il sommario ultimo, ristretto al massimo, della qualità di cristiano: adesione al Cristo con la fede, fuga da ogni teoria contraria alla verità cristiana, vita virtuosa regolata secondo i principi della ragione e dell'insegnamento divino.
Quando precisamente S. Paolo abbia soggiornato a Creta non si sa; probabilmente dopo la liberazione dalla prigionia romana del 63 d. C. e di ritorno dalla Spagna in un nuovo viaggio che intraprese per andare poi in Epiro ( 3,12 ), dove sarebbe stato arrestato e ricondotto in quella « seconda prigionia » a Roma, che terminò col martirio.
Don Federico Tartaglia
Card. Gianfranco Ravasi
Lettera a Tito: la trama letteraria e spirituale dello scritto
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