Il Beato Giuseppe Cafasso e il Crocifisso |
B30-A2
Siamo a Torino. È l'anno 1854.
Nobiltà, ricchezze, ingegno, onori, bellezza erano in abbondanza in una signorina, che per tutte queste doti veniva idolatrata dai suoi parenti e da quanti la conoscevano; ma mancava tuttavia alla poveretta il timore santo di Dio.
Quand'ecco che, trovandosi essa in età in cui poteva sperare grandi cose dal mondo, in un momento venne colpita dal male, che in poche ore dalla sanità più perfetta la ridusse all'orlo della tomba.
Fra lo scompiglio generale della casa i domestici vengono mandati a cercare i più celebri medici, ma uno di loro credette maggior vantaggio andar prima ad avvisare il sacerdote.
Trovatelo nella persona di Don Cafasso, gli descrive lo stato infelice della padroncina, raccomandandogli di farle una visita, senza che essa si accorga che era stato preavvisato.
Il Beato non frappone indugio.
Armato del suo Crocifisso, si reca in quella casa e si fa annunziare all'inferma, la quale non lo vuole ricevere, dicendo di non aver bisogno di preti.
A tale risposta il buon sacerdote non si perde di coraggio, ma genuflesso nell'anticamera si pone a pregare.
Intanto entrano i medici, i quali, visitata l'inferma, dichiarano che non c'è nulla da fare.
Essa comprende tutto, e ritta coi gomiti sul letto in un estremo sforzo grida: Ebbene, se sono disperata, fate uscire questi medici e lasciatemi morire nella mia disperazione.
Don Cafasso nell'ascoltare queste parole comprende che quello è il momento d'agire.
Mentre i dottori confusi ed atterriti escono da quella stanza, egli coraggiosamente rientra, e avvicinandosi al letto della moribonda, le presenta il Crocifisso dicendo: Signorina, è disperata dai medici ma non da Questo.
Confidi in Esso e sarà salva.
A tali parole, alla vista del Crocifisso che forse da lungo tempo non aveva più guardato, la giovinetta si mette a piangere, e, dopo alcune parole di conforto, si decide a fare la sua, confessione.
Terminatala, non finiva di ringraziare con molta abbondanza di lacrime il buon confessore della carità che le aveva usata, dicendogli che mai in tutta la sua vita aveva avuto una consolazione simile.
Oh! quanto ho avuto torto nel non amare il mio Dio, ella soggiungeva, epperò se vuole che guarisca, sono pronta a guarire per compensarlo delle offese fattegli: ma se vuole che muoia, sono pronta egualmente.
E cosi dicendo afferra tra le lacrime il Crocifisso in atto di portarselo alle labbra, ma, sorpresa da sincope, lo lascia cadere sulla bocca e spira.