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Piccolo Novizio dei F.lli d. S. C.
S. Giorgio C. 1920 - Torino 1936
Un posto speciale nel bollettino che s'intitola dall'amore a Gesù Crocifisso, merita Gino Di - Gennaro, anima bella e gentile che nell'imitazione del Crocifisso e nelle lunghe sofferenze che ne affinarono le virtù, attinse le vette dell'eroismo e s'impose all'ammirazione di quanti ebbero la ventura di accostarlo.
Molte cose sarebbero da dire sulla sua troppo breve esistenza.
Mi limito qui a un brevissimo cenno quali possono consentire l'esigenze d'un bollettino.
Non furono grandi avvenimenti a contrassegnarne la vita preziosa: Nascita a San Giorgio Canavese 1920; Prima Comunione e S. Cresima 1927; Ingresso al P. Noviziato dei Fratelli delle Scuole Cristiane 1933; Malattia e santa morte 1936; ecco tutto.
La trascorse quasi interamente a Torino.
Fin dai primi anni apparvero in lui i segni che diedero come la fisionomia alla sua figura morale: singolare bontà d'animo e squisita gentilezza di sentire e di modi.
Molti fatti dimostrano quale fosse la sua pietà fin dai più teneri anni.
Appena la statura glielo consentì, incominciò a servire all'altare della Parrocchia di Nostra Signora del Carmine formando, nella graziosa divisa di chierichetto, donatagli dal Rev.do Vice Parroco, la delizia dei buoni Genitori che, non visti da lui, l'osservavano con trasporto.
Le funzioni della Chiesa ricominciavano poi in casa sul piccolo altare ch'egli stesso improvvisava su d'un tavolo.
Di esse è rimasta famosa una per aver dato luogo a un piccolo incidente che neanche il cerimoniale privato di Gino, invero, prevedeva; basti dire che alle grida accorsero i familiari a estrarre la vittima di sotto alle macerie dell'altare e fu necessaria l'opera del medico.
Una volta, poco dopo la perdita dolorosa della nonna - non aveva che tre o quattro anni - per essere rimasto a lungo immobile in un banco della chiesa col volto nelle mani, lo si credette addormentato; una buona signora l'avvicinò:
- Dormi?
- Oh, no che non dormo - rispose - prego per la Nonna e per la mia Mamma che ha sempre male.
La pia signora ne rimase profondamente commossa e riferì il fatto alla mamma stessa del piccolo concludendo: « Un santo, e non un bambino … ».
Quando, terminato il corso elementare, Gino conobbe i Fratelli delle Scuole Cristiane, non ebbe più che un sogno: diventare uno di loro.
Così nel 1932 aveva fatto il suo ingresso al Piccolo Noviziato di Grugliasco appena raggiunti i 12 anni e terminata la prima classe al R. Ist. Mag. Domenico Berti in Torino.
Non fu senza sacrificio il distacco dai familiari: lo dice assai chiaramente la prima letterina ai suoi Cari il giorno dopo l'ingresso stesso, e lo ricordano anche i Genitori ai quali dichiarava di essere veramente felice del nuovo suo stato, ed aggiungeva: « È solo la vostra lontananza, se no sarei il più felice.
Ma bisogna pure fare qualche sacrificio, non è vero? ».
E fu quella la sua felice filosofia.
A un compagno che aveva veduto triste diceva un giorno fra l'altro: « Che vuoi? Se tutto andasse bene non si potrebbe sperare che l'inferno ».
Con tali sentimenti egli soffrì volentieri e lavorò di buona lena nel campo dello studio e in quello della virtù anche quando il male che - come poi ebbero a dichiarare i medici - fin da quegli anni ne minava nell'ombra la fibra delicata, gli toglieva la soddisfazione legittima e confortevole del successo.
Così il suo fu un lavoro rude ma costante e meritorio: anni di lotta e di sacrificio che prepararono il materiale atto e docile nelle mani del buon Dio che ne voleva trarre un capolavoro.
Gino ne aveva avuto i primi sintomi in un lieve gonfiore al petto ch'egli non aveva subito manifestato per non intimorire i suoi Cari.
Il male però andò lentamente aggravandosi e s'impose l'intervento dei medici.
Cominciò d'allora un calvario doloroso: sei mesi di crudeli sofferenze per Lui e una lenta agonia per i Genitori che seguivano con la morte nell'anima i progressi inesorabili del male.
Per alcuni medici la sua malattia era ben lieve, una cosa da nulla, per altri una cosa gravissima o addirittura irreparabile; nessuno seppe definirlo esattamente.
Poi lo si disse tumore maligno, un male ormai incurabile, più nulla da fare, non più di quindici giorni di vita.
Così dopo tre mesi di ospedale il caro infermo veniva ritirato in famiglia e furono altri tre mesi di pene angosciose, ma pure alleviate dalle più delicate premure vicendevoli.
Fu questa lunga malattia che diede agio al caro giovane di compiere atti di virtù veramente eroici.
Il passaggio dalla pace del Piccolo Noviziato all'ospedale non è certo dei più piacevoli, specie per una natura delicata, impressionabile, qual'era Gino.
Furono disagi, timori, lunghe notti d'insonnia col tormento del proprio male e sotto gli occhi lo spettacolo triste delle miserie e dei dolori altrui.
La notte soprattutto, la morte passava spesso traendosi dietro sui carrelli striduli e rumorosi il suo funebre corteo di vittime, Gino che n'era spettatore aveva ben presto preso il suo partito: a chi gli domandava come avesse passato una delle prime notti, le notti agitate e interminabili dei febbricitanti, rispondeva: « Ho pregato per questi poveri morti sconosciuti ».
Non era che l'inizio d'una lunga serie di affetti magnifici, che qui non è possibile anche solo ricordare.
Fede viva e operante, carità, zelo e sacrificio generoso gli valsero l'ammirazione e la simpatia generale.
Nell'ora della preghiera comune un solo suo sguardo bastava a soggiogare anche gli ammalati più riottosi o peggio.
« Un Ginetto dovrebbe esserci Sempre in tutti gli ospedali » diceva commossa la buona suora infermiera.
Quando, trovandosi egli tra le maggiori sofferenze, il dottore decise di praticargli ancora diverse iniezioni esplorative in un solo giorno, il povero paziente apparve dapprima atterrito e come fuori di sé.
« È terribile, pare che mi passino da parte a parte » dichiarava sgomento alla mamma.
Ma si rasserenò ben presto: « Signore - disse - Ti offro questi dolori per ottenere la grazia … ».
Era una intenzione per la quale mesi addietro i Superiori a Grugliasco avevano sollecitato le preghiere dei Piccoli Novizi.1
( Continua )
1 Tale grazia fu poi ottenuta. ( N. d. R. ).