In hoc signo vinces |
B86-A3
La chiesa esalta, sempre con solennità, il riscatto del Sacratissimo Legno della Croce, che l'Imperatore Eraclio strappava nel 621 a Cosroe re dei Persiani.
Noi, sebbene indegnamente, araldi della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, riflettiamo sovente su questo fatto e su quelli che l'hanno preceduto e seguito.
Siamo nei primi tre secoli della Chiesa, secoli di persecuzione e di sangue.
Gli imperatori romani credevano, nelle torture dei martiri, di poter far scomparire il Santo Legno della Croce eretto sul Golgota, invece lo resero ognor più fulgido imporporandolo del sangue di innumerevoli martiri.
Nel 305 Diocleziano, che voleva distruggere il nascente cristianesimo, muore.
Ma ecco, Massenzio prende, le redini di Roma imperiale, assumendosi il tristo incarico di proseguirne l'opera di distruzione.
Eppure è suonata in Cielo l'ora del trionfo della Croce.
Ecco infatti Costantino il Grande che scende in campo contro il despota di Roma.
Egli è ancora sotto la potenza del paganesimo, ma però la sua grande anima scorge chiaramente la luce nuova.
Chi agisce sopra di lui, più che con la parola con l'esempio umile e la preghiera continua e fervente, è sua Madre: S. Elena.
Il grande Condottiere mentre sta al campo con il suo esercito, non molto lungi da Torino, poco dopo il mezzodì, vede apparire nel cielo terso, in modo visibilissimo a lui e ai suoi prodi soldati, una Croce fulgente e intorno ad Essa le seguenti parole pure rifulgenti di purissima luce: « In hoc signo vinces ».
Costantino con i suoi seguaci, contempla muto ed estatico la inaspettata e misteriosa apparizione.
Per loro è chiaro il significato: con Essa vinceranno tutti gli ostacoli dell'imminente cimento.
Nella notte Costantino ha una visione. Gesù gli consiglia, come segno di sicura vittoria, di porre, in modo visibilissimo sulle insegne militari, la Croce.
Il Duce, anima ardente, senza porre tempo in mezzo, fa preparare il nuovo labaro, sormontato da una Croce d'oro sotto la quale, entro una corona d'alloro, è collocato il monogramma di Cristo, cioè le due prime lettere intrecciate della parola greca: X e P.
I soldati, sotto l'egida di questo stendardo e con le armi segnate dalla Croce, attaccano battaglia contro Massenzio sulle rive del Tevere, presso Ponte Milvio.
In breve, Costantino il Grande, ha la gioia di vedere le sue armi coronate di Vittoria.
Infatti Massenzio annega nel Tevere e le sue truppe si arrendono.
Il valorosissimo condottiero, entra in Roma tra l'evviva frenetico del popolo e del Senato, il quale, per celebrare il valore del vincitore, fa costruire un grandioso arco di trionfo.
Era l'anno 312, il 28 ottobre.
L'anno dopo, Costantino, dà al mondo l'editto con il quale concede alla Chiesa di Colui che è Morto in Croce, la libertà di culto in tutto l'impero; e dice a tutto il mondo a lui soggetto che la Croce sulla quale s'era immolato un Uomo - Dio, non doveva più essere strumento di ignominia, ma di trionfo.
Da quel giorno luminoso, la Croce ebbe un'ascesa trionfale: fu posta sulle Bandiere degli Eserciti, sui monti in faccia al sole, nei crocicchi delle vie, nelle corsie degli Ospedali, nei tribunali, nelle abitazioni private, nei laboratori, nelle officine; e da per tutto fu e sarà il « Libro Divino » sul quale ogni viatore di questa valle di pianto, leggerà a caratteri grandi, le parole programmatiche: bontà, speranza, fede, vita immortale, premio eterno.
Per noi tutti, aggregati all'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, in qualità di Catechisti, oppure di Zelatori e Zelatrici, Ascritti e Ascritte, il Crocifisso deve essere il respiro nostro, la vita nostra.
Dovremmo provare in noi come un santo tormento di farlo conoscere, di parlare delle sue Sacratissime Piaghe, di propagare il nostro caro Foglietto della « Divozione » per tutte le case, per tutte le necessità.
Oggi una parte del mondo vuole la Croce, purché sia artistica, purché indichi un'onorificenza, ma senza il Corpo sanguinante del Martire Divino.
Sta a noi fare conoscere di più la lezione possente che si attinge dalla Croce.
Eraclio portava sul Calvario le reliquie della vera Croce, ma il suo passo era inceppato, e il peso gli sembrava insoffribile.
Si spogliò delle insegne reali, si rivestì di sacco e di sofferenza e poté così spedito ascendere il Calvario.
Questo fatto prodigioso dice a noi tutti, Aggregati dell'Unione, sia come Insegnanti di religione, sia come Zelatori o Zelatrici, Ascritti o Ascritte, che se vogliamo espandere con mirabile successo la « Divozione, alle cinque Piaghe di Gesù » dobbiamo rivestirci di umiltà, di semplicità, di distacco dalle cose di questo mondo e di fortezza cristiana.
S. Giovanna d'Arco, pastorella, e poi per comando di Dio, eroica guerriera, sul rogo del suo martirio pregò il confessore che l'assisteva di tenere in alto il Crocifisso, affinché nei suoi grandi spasimi potesse rimirarlo e soffrire come Gesù voleva da lei.
Noi, animati dal medesimo spirito della Santa Eroina, portiamo nelle nostre case il SS. Crocifisso e poniamolo in alto, in posto d'onore come il « Grande Re », affinché, fissando il nostro sguardo in Lui, siamo sempre vincitori nelle dure lotte della vita giornaliera.
E per quanto è in nostra influenza, facciamo in modo che altri molti aprano le case al SS. Crocifisso, come al « Grande Re » delle anime nostre.