Messa del Povero |
B92-A2
Opera di Redenzione dei Mendicanti
Sono 257 radunati tutti in questo ambiente semi - interrato di Via Cibrario 20 messo a nostra disposizione dalle buone Suore della Carità.
Anche i poveri usi a frequentare la sezione dei Santi Angeli si sono dati convegno qui, perché l'androne che serviva loro da cappella refettorio e sala di convegno è stato adibito ad altro uso per necessità belliche.
Il salone - possiamo chiamarlo con questo nome quantunque non molto appropriato, perché Dio con la sua presenza eucaristica l'ha pareggiato alle grandi cattedrali, freddi monumenti artistici che non sempre risuonano d'una preghiera o d'un canto così accorato e pio - il salone nella sua ristrettezza non riesce a capire tanta massa di anime sofferenti e di corpi patiti, i passaggi sono occupati, la scala pullula, il ripostiglio del calorifero è tutto invaso, il corridoietto dell'intercapedine ha i suoi ospiti: non si riesce a comprendere come spazio tanto ristretto dia ospitalità a tanti uomini che nella loro compostezza seria e pia rivelano attitudini e aspirazioni spirituali superiori a ciò che potrebbe far prevedere la miseria dei loro abiti e il disordine della loro persona.
I catechisti dell'Unione del SS. Crocifisso regolano l'afflusso, guidano il coro delle preghiere e dei canti: è tutta una voce che sa di lamento e di sofferenze, ma che tenta elevarsi nell'inno della lode e del ringraziamento, e Dio che vede le intenzioni le gradisce più della musica di maniera che ci distrae durante le funzioni solenni invece di invitarci a pregare.
Insieme ai Catechisti vi sono anime buone venute a mettersi in contatto diretto con la miseria per edificarsi, per abituarsi a considerare il problema della vita sotto un altro aspetto che non sia quello solito spensierato e godereccio: sono giovani di società ( e vi è pure una mamma ) che vogliono mostrare con la loro presenza in mezzo ai poveri come tante sofferenze abbiano una risonanza anche nel cuore degli altolocati.
Intanto le Figlie della Carità coadiuvate da alcune buone signore sono tutte indaffarate per preparare la minestra e gli altri cibi.
È l'ultimo giorno e anche sotto l'aspetto gastronomico deve assumere una certa importanza: la solita pagnotta scussa scussa questa volta è raddoppiata e infarcita di un bel pezzo di prosciutto con alcune fette di salame a cui si aggiunse un bicchiere di vino buono.
La S. Messa celebrata dal Canonico Morino giù nel salone semi-interrato dove i poveri sanno di trovarsi in casa loro, dove si accorgono di non essere sfuggiti, anzi avvicinati con amore anche da quelli che appartengono alle classi fortunate dei ricchi, raccoglie tutte le aspirazioni e i desideri di questa umanità sofferente per presentarli a Dio in unione con la Vittima divina, Gesù Cristo, povero volontario che ha provato la fame, la sete, che ha sentita la carenza d'un tetto, che ha conosciuta, che ha provata la miseria elevandola a fonte di vera e perfetta beatitudine: « Beati i poveri di spirito, perché di questi è il regno dei cieli ».
Forse taluno potrebbe formarsi il preconcetto che la frequenza alla Messa del Povero sia ispirata dal desiderio di usufruire di quel po' di carità che la Provvidenza non lascia mancare: non sarà estraneo il motivo, ( nella coscienza degli uomini Dio solo può leggere ): ma io ho avuto un'impressione del tutto diversa: anche il povero ha bisogno di pregare, anche il povero sente di dover rendere il suo omaggio a Dio, ma vuol pregare senza temere di essere sfuggito, ma aspetta l'invito che spezzi la corazza di irritazione contro gli altri, contro i fortunati che dell'organizzazione sociale godono i vantaggi, mentre lui non ne è che un naufragio e una vittima.
Dopo la S. Messa l'agape fraterna, come nei primi tempi della Chiesa: la casa di preghiera diventa casa di carità e tutti sono serviti di ciò che la Provvidenza mette a disposizione dei suoi figli.
Ma nel servire ho avuto un senso di vergogna: malati di estetismo come siamo un po' noi tutti che viviamo in contatto della società abbiamo dovuto offrire la minestra calda con dei cucchiai che da lungo tempo hanno perduta la lucentezza argentea della stagnatura.
I poveri non fan gli schizzinosi, sono abituati a miserie molto maggiori.
Dio guarda alla buona volontà e non s'offende del trattamento che facciamo a Lui nella persona del povero; ma non sarebbe possibile ovviare almeno a questo piccolo inconveniente?
E oltre a queste ci sono delle altre necessità che aspettano una soluzione: un locale più ampio, non fosse altro che un capannone, una tettoia, un magazzino ove si potessero mettere delle panche; non si richiedono dei tavolati ma almeno delle panche su cui poter meno scomodamente mangiare; occorrono vestiti, scarpe, mutande, maglie, calze anche usate per poter andar incontro alle necessità più urgenti; occorre sapone da barba, lamette, rasoi, asciugatoi; è necessario sopratutto che si conosca tanta miseria, che si prenda contatto diretto e poi il cuore indicherà, suggerirà quello che c'è da fare; la semplice presenza è già un'opera di carità: serve a dimostrare come la società non è insensibile a queste miserie, le comprende, le condivide, le compatisce; i poveri con il loro contegno rispettoso, con la loro rassegnazione.
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La mattinata si chiude con il raduno di tutti i poveri nel cortile per il gruppo fotografico.
I più fedeli ed assidui nel partecipare a questa Messa del Povero, vengono ascritti alla pia Unione del SS. Crocifisso e ne ricevono la pagellina di aggregazione come segno tangibile: sono assai numerosi, oltre un centinaio, e nel modo con cui la ricevono dimostrano la stima che ne hanno e il piacere che ne provano.
Il canonico Bertola e il canonico Merino vollero riservare per sé l'onore e il piacere di presiedere a questa distribuzione, quasi come se offrissero una tessera preziosa che garantisse l'ingresso al Cielo.
Nascosto dietro un battente vedo uno dei nostri poveri che sta riordinando i suoi manoscritti: sono dieci fogli protocollo scritti fitti fitti, perché anche lui, a nome dei poveri tutti vuol dire la sua parola di riconoscenza; istintivamente vorrei allontanarmi che ormai sazi e saturi di parole quasi sempre si prova un senso di malessere quando ci si trova costretti a sorbirsi una orazione specie poi quando è ammantata secondo, le regole della retorica e dell'eloquenza.
Mi fermo a sentire tra il rassegnato e il curioso, e tosto mi accorgo che le parole rappresentano pensieri, idee, sentimenti.
La riconoscenza trova modo di esprimersi in un tono caldo ed anche elegante: Compendierò il mio dire nella semplice, modesta parola di uso comune in simili circostanze « grazie », piccola parola che pure vuol dire tanto.
Il primo rendimento di grazie noi lo abbiamo teste tributato, durante la S. Messa, alla Divina Provvidenza per averci dato, anche nel deserto squallido della nostra povertà quest'oasi fiorita della « Messa del Povero » cui, dopo ogni settimana di duro è doloroso cammino noi perveniamo.
In quest'oasi noi ritroviamo il conforto alle nostre miserie, il balsamo alle piaghe spirituali, ed anche un pane che non e quello volgare della elemosina, sibbene offerto da chi sa signorilmente donare, cristianamente donare.
Grazie a voi, piccole Suore della Carità, che Vediamo quasi angioli di Paradiso, agitanti le bianche ali, sempre premurose ed in faccende in messo a noi.
Il vostro più bel sorriso sboccia dal bianco soggolo proprio per noi poveri e la vostra voce - a volte alquanto esile - e tanto armoniosa ed accaparrante, quando ci dice un savio consiglio, una parola buona di conforto, o magari … un rimprovero in fine tono canzonatorio per non offendere la nostra suscettibilità.
E « grazie » diciamo a voi dal profondo dell'animo, egregi e benamati Catechisti; non e di tutti, la domenica, dopo tutta la settimana lavorativa, sacrificare qualsiasi svago anche onesto, speculando persino sul doveri famigliari, per venire in mezzo a noi a portare la vostra fraterna parola, a rincuorarci colla vostra presenza, a consigliarci al bene, alla rassegnazione cristiana, alla pratica della religione.
E il grazie del povero rivolto a tutti i benefattori di questa opera di carità, è il grazie di Dio stesso che è sempre accompagnato da celesti benedizioni.