Gita a Vinchio d'Asti |
B142-A5
( 14, 15 e 16 agosto 1942 )
Sul colmo del colle, nella diffusa pace dei campi, il campanile di Vinchio addita il cielo
Il C.mo Fratel Teodoreto m'invitò ad accompagnarlo a Vinchio d'Asti.
Prima di partire mi disse: « Io ti presento e, siccome io non ci tornerò più a Vinchio, tu vi sarai già conosciuto ».
Ebbi quindi la ventura di seguire passo passo il suo affettuoso ritorno al paese natio e notai che, se da un lato egli manifestava gioia nel rivedere persone e luoghi cari, dall'altro mi diede prova di un perfetto distacco da tutto.
Salutava parenti e compatrioti nel dialetto del luogo, non lasciandosi sfuggire occasione per incoraggiare al bene ed alla virtù.
Era con noi il Fratel Annibale, segretario del Visitatore di allora, Fratel Amedeo.
Dopo la Santa Messa mi condusse sul punto più alto del castello e mi fece ammirare il panorama, magnifico, indicandomi le frazioni con i propri nomi e facendomi notare le tre diramazioni del paese.
Discendendo, mi usava particolari riguardi perché non scivolassi.
Poi, mi accompagnò alla sua casa paterna, dove trovammo il cognato Angelo e la nipote Teresa.
Prima di entrare, il suo sguardo abbracciò tutta la casa.
E disse: « Questa è proprio la casa dei vecchi.
Il nonno era chiamato Carlón, perché era grande e grosso.
Io ero chiamato Gióanìn del Carlón ».
Entrato, ed abbracciati affettuosamente i parenti, si sedette e guardò con infinita tenerezza e manifesta gioia quelle pareti, quei mobili, e disse: « È ancora tutto tale e quale … allora, però, tutto mi pareva grande … ora trovo tutto piccolo ».
Parlando poi col cognato Angelo di oltre ottantenni, gli raccomandò di far chiamare il prete appena si sentisse male, perché ad una certa età bisogna essere pronti.
Concluse: « Virginia ti aspetta, ti viene incontro ».
Consumata un po' d'uva che gli era stata offerta, uscì da quella casa senza dare sguardi indiscreti, in contegno umilissimo come un forestiero.
Sempre sorridente e disinvolto, nei suoi atti di virtù.
Venne invitato a pranzo dalla nipote.
A tutta prima si schermì. Ma, avendogli il Fratel Annibale fatto notare che quella, dopo tutto, era la casa paterna, accettò.
Durante tutta la permanenza a Vinchio, si mantenne cordiale con tutti, senza impegnarsi in visite particolari.
S'intrattenne affabilmente con quattro o cinque compagni di leva.
A tavola con il signor Prevosto, accettava con deferenza quanto gli veniva porto e partecipava con moderata cortesia al conversare di tutti.
Alla domanda di schiarimenti fattagli dal Prevosto sull'origine dell'Unione, egli riferì con esattezza ogni cosa, ma sempre parlando in terza persona.
Era anche presente il Fratel Annibale.
All'ultimo giorno, mi condusse al cimitero, dove riposano i suoi cari.
La tomba dei genitori, accanto all'antica cappella mortuaria, non, esisteva più.
Si pregò ad ogni tumulo.
Infine, invitò il vice-parroco, Don Ugo Brondolo, a recitare una preghiera per tutti.
Ci avvicinammo all'uscita.
Il Fratel Teodoreto si voltò ancora un istante, pregando visibilmente commosso.
Poi uscì, e noi con lui, dal camposanto.
Al mattino seguente si andò alla Santa Messa nella cappella di San Sebastiano, la più vicina a casa sua e perciò la più frequentata da lui e dalla sua famiglia.
Ci dichiarò che non vi era più entrato da quando era ragazzo.
Ho dedotto queste note dal mio taccuino di appunti.
Ma il ricordo di quei giorni è sempre vivo nella mente come se fossi stato a Vinchio, non tredici anni fa, ma ieri.
G. C.
Panorama della collinosa Vinchio d'Asti, dove nacque il Fratel Teodoreto: 9 febbraio 1871