La Devozione e le devozioni |
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Devozione, nello stretto senso teologico, è, come tutti sanno, l'atto della volontà con il quale ci si dà, con fervore, al servizio divino.
Benché non sfugga, in genere, il significato esatto del termine, e si sappia, d'ordinario, ben distinguere la « devozione » dai così detti divoti, è tuttavia una nozione complessa.
Innanzi tutto per l'oggetto, cui tende ch'è lo stesso della virtù di Religione, del culto divino, cioè, sia interno che esterno, nel quale si comprende anche il culto religioso attribuito alla SS. Vergine, ad es., agli Angeli, ai Santi e alle Anime purganti; poi, per la natura del fervore, che la caratterizza, il quale consiste, soprattutto e principalmente, nella ferma determinazione della volontà di rimanere fedele al servizio di Dio, nonostante ogni contrarietà e disgusto; da ultimo, per le virtù che la sottendono, come la carità verso Dio, che n'è la sorgente principale, d'onde s'alimenta l'amore; la virtù di religione, che detta immediatamente alla volontà gli atti, cui deve « darsi »; la virtù della pietà, complementare al dono dello Spirito Santo, con il suo apporto « filiale », nelle nostre relazioni con Dio; la virtù della fede, che dirige gli atti della volontà nella ricerca del fine e del mezzo soprannaturale, cui accede l'esperienza e la conoscenza anche umana delle nostre facoltà da quelle informate.
Ma l'accezione ordinaria di devozione, anziché ad un atto passeggero, s'estende presso gli autori spirituali, ad uno stato abituale dell'anima, per cui essa attende, con alacre e generosa carità, sorretta, in particolare, dai doni dello Spirito Santo, - dal dono appunto della pietà, in cui con quello di intelligenza, di scienza e di sapienza, - alla pratica di tutti gli atti del culto e del servizio divino, ne solo a ciò ch'è comandato da qualche precetto, anche solo ecclesiastico, sì bene a quello stesso ch'è consigliato come più gradito e voluto da Dio.
Vi è una devozione « sostanziale », che consiste nella disposizione costante di fare ciò che si sa esser più gradito a Dio, appunto, e che costituisce, senza più, la perfezione della vita cristiana, per l'intensità della carità che l'alimenta: per essa l'anima è spinta risolutamente verso la santità, con l'uso illuminato e ardente dei mezzi, così detti, di perfezione, come la preghiera e la mortificazione, la meditazione e la contemplazione, l'abnegazione e l'olocausto.
Vi è una devozione « accidentale », buona, per sé; ma che non importa punto, né la perfezione, né la santità, ed è una certa inclinazione, per altro assai incostante, a trovare la nostra soddisfazione nelle cose di Dio o che riguardano il suo culto, da cui si svolge come il senso d'una particolare ed amata soavità, specie negli atti più facili delle virtù cristiane.
Questa seconda può saltuariamente accompagnarsi alla prima: ne segue, anzi, spesso, il progressivo svolgersi nell'umile diffidenza di sé, nell'abbandono alla volontà divina; sussegue agli sforzi più generosi delle virtù; balena all'apice, breve e corruscante, della contemplazione mistica, con le sue folgorazioni d'amor di Dio, che tosto si riversano nella totale dedizione di sé al prossimo.
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In senso più limitato, si dà il nome di devozioni a quelle pratiche di pietà, con cui onoriamo Dio, Nostro Signore Gesù Cristo, la Vergine, gli Angeli, i Santi, le Anime purganti.
Esse stanno alla Devozione propriamente detta, come mezzi o forme parziali, o atti transeunti, della virtù di religione, cui servono d'esercizio e di avviamento, come parti del culto, e come tali la Chiesa le approva e le incoraggia.
Ma è evidente che ogni devozione cattolica, in ultima analisi, come atto di culto, non si riferisca se non a Dio, e debba poggiare sulla teologia dogmatica, sulla teologia morale, ascetica, mistica, ed ove occorra, non ignorare le forme e le prescrizioni liturgiche.
Le devozioni sono molto numerose; ma in realtà, una è la divozione che le garantisce dall'esaurire, nel « mezzo », l'atto culturale, riducendosi ad es. ad una pratica esteriore nell'esercizio della religione, e in fondo, inficiandosi di concezioni superstiziose e pagane; ed è la disposizione dell'anima ad onorare Dio, a servirlo, amarlo e farlo amare, esercitandosi nelle virtù del proprio stato, avendo inoltre ben chiaro nella coscienza che le forme devozionali, anche le più anguste nel loro oggetto, non hanno che una funzione lievitatrice della fondamentale volontà di darsi a Dio e al prossimo.
Alcune devozioni si riportano, per il loro oggetto, immediatamente a Dio.
Notiamo: la devozione alla SS. Trinità, sia considerata nel suo complesso ( segno della croce, simbolo degli apostoli, formule liturgiche ), sia in ciascuna delle sue Persone, il Padre ( Pater noster ), lo Spirito Santo ( Veni Sancte Spiritus ), il Figlio.
Le devozioni a Nostro Signore, e lo si comprende, occupano una parte preponderante.
Accenniamo solo: la devozione alla S. Infanzia, la devozione alla Passione ( culto del Crocifisso, la Via Crucis ), la devozione al SS. Sacramento ( la visita, l'assistenza alla Messa, la Comunione, le processioni, le quarantore ), la devozione al S. Cuore.
Dopo N.S. Gesù Cristo, la SS. Vergine.
È vero, altro è il culto dovuto a Dio, altro quello ai Santi, e al di sopra dei santi, quello stesso della Madonna: dulia e iperdulia, sono termini familiari ai teologi; qui basterà accennare, che nelle devozioni alla Vergine e ai Santi, esula, nel concetto cattolico, ogni e qualsiasi adorazione.
Nella Vergine, nei Santi, noi non ammiriamo che i miracoli della grazia di Dio; ma nel contempo li onoriamo come nostri intercessori presso di Lui.
Oltre la salda inquadratura teologica della comunione dei Santi, v'è tutto l'indicibile poema storico-umano della devozione del popolo e della Chiesa, concretata nei Santuari e nelle pratiche cattoliche.
Feste, preghiere, pellegrinaggi, il Rosario!
È unito alla casta sua Sposa, S. Giuseppe; e con Gesù, al centro d'una devozione degnissima, quella della Sacra Famiglia.
La devozione ai Santi Angeli, ha basi dottrinali e storiche di primo ordine.
Dopo vengono i Santi, l'immensa moltitudine degli eletti, che la Chiesa onora nei martiri, nei vergini, nei confessori …
Un vero « culto dell'umanità », ben più valido di quello che il mondo rende ai suoi grandi.
Onorando i Santi, noi li preghiamo di farsi nostri intercessori presso Dio, e intanto ci sforziamo di imitarli nella pratica delle loro virtù.
La santità della Chiesa cattolica è una delle prove più impressionanti della sua divinità: i Santi « fatti » nella nostra epoca, come ci rallegrano, così devono esserci cari nella devozione.
Anche fra la terra e il purgatorio si stendono fitte le nostre relazioni.
La devozione alle Anime del purgatorio, per un lato, si pone accanto a quella con la quale onoriamo i « nostri » santi defunti; per l'altro ha un suo carattere particolare d'espiazione e di sollievo per i nostri Morti.
La molteplicità delle devozioni, a primo aspetto, può turbare, assai più che le risapute, ingenue e non intelligenti obbiezioni protestanti che o anticristiane: idolatria, superstizione, eticismo, spiritismo, sono, nella tradizione cattolica, parole con significato ben preciso e completamente alieno dalla devozione.
D'altra parte, il problema non si risolve con una scelta giudiziosa.
Anche le devozioni cattoliche, nella loro gerarchia, si compongono in un tutto armonico, e ben consentaneo alla nostra natura.
Senza pensare di avere sulle spalle un « castello immenso » di devozioni, un buon cristiano, ben equilibrato, - e a tutte le età, soggiungo, e condizioni, - normalmente è devoto - con intrinseca, vera devozione, - al tempo stesso e della SS. Trinità, e di N.S. Gesù Cristo, e della Vergine, di S. Giuseppe, dei SS. Angeli, dei suoi Santi, ed anche dei Santi, in genere, ( la Chiesa non li offre, giorno per giorno, nelle festività del Messale, ad es.? ) nonché delle Anime del purgatorio, — senza averne incomodo veruno, senza dimenticare l'importanza relativa di ciascuna di esse divozioni, senza loro significar nulla dei propri doveri generali o particolari.
Ve certo, un ordine, da seguirsi; ma è quello del buon senso e della retta ragione.
D'obbligatorio, nelle devozioni, non c'è che quello che la Chiesa ne prescrive, nel culto pubblico o nei precetti.
La libertà dell'anima nei confronti delle proprie devozioni non ha che una condizione: ch'essa vivifichi ogni cosa con il culto interiore e la pratica sostanziosa delle virtù; che ordini insomma le « sue » devozioni, a Dio.
La reale concretezza di ciascuna di esse consisterà nella sintesi che ne opererà la grazia, che non è solita smarrirsi negli ambulacri umani.
( Continua )
Fr. Emiliano