Inaugurazione di un busto di Fr Teodoreto

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In quel lungo corridoio, al primo piano, della Scuola di via Rosine 14, dove il Fr. Teodoreto trascorse tanti anni della sua vita, i suoi Ex-allievi sentirono il bisogno di collocare un busto di marmo che ne ricordasse la figura.

Era il bisogno di vederlo ancora in qualche modo presente in quel luogo così pieno dei suoi ricordi da sembrare squallido senza di lui; il desiderio di sentire ancora, attraverso i suoi lineamenti, fissati nel marmo, l'irradiazione del suo spirito, giacché egli non era solamente ammirato per la sua virtù, ma sinceramente amato per il modo con cui l'aveva praticata.

Il Fr. Teodoreto era la modestia in persona, eppure aveva una gravità che imponeva a tutti il giusto contegno ed esercitava l'autorità di cui era rivestito e le funzioni di cui era investito con una serietà che non consentiva a nessuno di prender le cose alla leggera.

Ma sbaglierebbe chi se lo immaginasse arcigno e duro, con aria preoccupata, che, al contrario era sempre sereno ed affabile; i suoi modi erano distinti, soavi, incoraggianti.

S. E. Mons. Tinivella benedice il busto di Fr. Teodoreto

Era un suo segreto quello di saper conciliare delle esigente così diverse e contrastanti come il forte impegno con cui affrontava tutte le sue cose e che imponeva serietà a chiunque fosse con lui, con il più sereno abbandono alla Provvidenza; l'esercizio di un'autorità con cui non si scherza, con i modi più dolci e una serenità inalterabile; un lavoro intensissimo, ininterrotto, con un'orazione veramente continua, e una disponibilità semplice per tutti, come se non avesse altro da fare che attendere all'ultimo che lo aveva cercato; uno spirito di austerità che, non pago dei sacrifici imposti dalla scuola e dalla vita comune, in una famiglia religiosa poverissima, gli faceva usare anche la disciplina e il cilicio, con una letizia contenuta, ma visibile e profonda, ed una carità delicatissima.

Una volta, entrato nella camera del Fr. Macedonio ( caro e indimenticabile Fr. Macedonio ) che era il vice-direttore della comunità di via Rosine, per visitarlo durante la sua ultima malattia, io mi ero stupito della estrema povertà di quella camera.

Il Fr. Teodoreto era scoppiato a ridere quando gli manifestai il mio stupore.

« Dovevi vedere il dormitorio dei Fratelli alcuni anni fa » mi disse: « Avevamo una fila di letti sotto il tetto e d'inverno c'era la brina sulle coperte e l'acqua gelata nei catini.

Per poterci lavare dovevamo rompere il ghiaccio ».

Questa grande povertà accompagnò Fr. Teodoreto durante tutta la sua vita e basta visitare alla Casa di Carità la camera dove sono raccolti i suoi indumenti ed oggetti personali per vedere fino a che punto spingesse la sua povertà effettiva.

Eppure era sempre ordinalissimo e pulitissimo, cosicché si presentava decorosamente, in pubblico e in privato in modo inappuntabile.

Soltanto l'occhio di un osservatore avrebbe notato che le sue scarpe, quantunque diligentemente lucidate, erano assai grossolane e talvolta gli procuravano perfino, a lui così rapido nel camminare, un passo pesante.

Amava ciò che è concreto, voleva camminare, anche metaforicamente, sul solido e non era soddisfatto finche le belle idee non erano diventate delle realtà.

La natura lo aveva fatto un uomo volitivo ed egli sfruttava bene questo talento.

Concepiva la sua missione come un'umile dedizione, fatta anzitutto di presenza e di impegno effettivo.

Non era certo lui il Direttore "occupatissimo" e inaccessibile, oppure "assente per gravi impegni".

E sì che gli impegni non gli mancavano.

Ma quando non bastavano le ore del giorno si invadevano quelle della notte.

La scuola serale di via Rosine, con orario dalle 20,30 alle 22,30, prima che fosse affidata ai catechisti gravava tutta sui Fratelli.

Non ci sarebbe stato nulla di straordinario se l'orario di levata al mattino fosse stato un po' più … umano.

Ma invece era rigido per tutti alle 4,30, cosicché i malcapitati che prima delle 23 non potevano essere a letto ( e questo al Fr. Teodoreto, che era Direttore, capitava tutte le sere, salvo i giorni di vacanza ) avevano poco tempo per riposare.

« Nelle sere più rigide dell'inverno », egli mi confidava una volta, « io e Fr. Isidoro ci preparavamo un vino brulé, prima di andare a dormire, per poterci riscaldare … ».

Era il massimo comfort possibile.

Quando parlava in pubblico, sia ai ragazzi della scuola, sia ai catechisti o ai suoi confratelli, non dimostrava alcuna dote eccezionale di oratore; eppure otteneva subito l'attenzione ed era seguito con interesse.

Certo non diceva delle parole, ma delle cose, e si sentiva nei suoi discorsi la vibrazione di un animo convinto.

Una volta ebbi l'idea di organizzare un piccolo ritiro per i ragazzi della parrocchia di S. Tommaso dove andavo normalmente a fare il catechismo.

L'entusiasmo per i ritiri che si facevano all'Unione non mi aveva lasciato calcolare tutta la difficoltà di realizzarlo e avevo faticato assai per ottenere la disciplina, senza peraltro riuscirvi completamente.

Per fortuna avevo invitato il Fr. Teodoreto a tenere una conferenza e questa salvò la situazione.

Appena giunto lui e fatto cenno di parlare cessò d'incanto ogni rumore.

Egli intrattenne i ragazzi una buona mezz'ora sulle verità eterne, ascoltato con grande attenzione, come se avesse fatto un racconto di avventure.

Abilità pedagogica o fascino di santo? Io credo l'uno e l'altro, ma specialmente il secondo.

Durante le conferenze che faceva ai suoi catechisti tutti pendevano dalle sue labbra e ricevevano l'impressione profonda di qualche verità.

Eppure parlava in modo semplicissimo.

Come faceva a rendersi così interessante insegnando alla buona le cose che cercavano di insegnare tutti?

Era evidente che la sua parola aveva una grazia di efficacia particolare.

La sua anima era così limpida che la luce di Dio vi poteva passare ed irradiarsi, senza incontrare alcuna resistenza.

Chi si avvicinava a lui sentiva quasi un diapason spirituale, che fugava dall'anima ogni stonatura e richiamava alla nota giusta in ogni atteggiamento interiore.

I Fratelli, i catechisti, i ragazzi, ricorrevano a lui volentieri, ed egli procurava, senza averne l'aria, di intrattenersi privatamente con ciascuno per consigliarlo e rianimarlo.

Quanti colloqui passeggiando su e giù in quel lungo corridoio di via Rosine.

E come erano desiderati quei suoi trattenimenti, che facevano l'impressione di una boccata di aria pura, dopo la quale il sangue rifluisce più caldo e vigoroso.

Delicatissimo, rispettoso, soave, non c'era pericolo che turbasse o che urtasse.

Eppure non girava attorno alle questioni, ma andava diritto alla sostanza.

Le sue parole avevano un carattere di verità e di saggezza che non lasciavano neppure l'ombra di obiezioni o di riserve.

La sua persona aveva un timbro di superiorità morale così alto che ci si abbandonava volentieri alle sue direttive, in cui si sentiva l'eco del divino.

Ecco perché è tanto grande il vuoto da lui lasciato e perché tutti coloro che l'hanno conosciuto porgono viva attenzione a ogni cosa che lo richiami e ricordi i suoi insegnamenti.

Tutti sono vivamente grati agli ex-allievi di via Rosine, che, interpretando l'universale sentimento, hanno voluto eternare nel marmo il suo ricordo, nell'attesa fiduciosa che la S. Chiesa lo immortali in modo ben più fulgido e duraturo.

La cerimonia venne onorata dal Vescovo coadiutore di Torino, mons. Tinivella, che benedisse la statua e non mancò di rievocare i suoi ricordi personali e i suoi incontri con il Fr. Teodoreto.

Parlò poi il Fr. Leone di Moria, Assistente Generale dei F.S.C, e oratore ufficiale della giornata: il suo discorso è pubblicato a parte in questo stesso numero.

Volle anche portare il suo tributo di ammirazione e di riconoscenza il consigliere comunale ed ex-allievo, avv. Chiesa, e la cerimonia ebbe quel carattere di intimità e di schietta partecipazione, proprio come era nel carattere del Fr. Teodoreto, e come egli impostava le riunioni da lui organizzate.

C. T.