Fratel Teodoreto uomo di Dio |
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Fratel Teodoreto aveva idee chiare attorno alla santità ed aveva ben compreso le parole del Suo Santo Fondatore: « Non fate veruna differenza tra gli affari del vostro stato e il negozio della vostra eterna salute e perfezione.
Siate certi che non opererete mai così bene la vostra salute e non acquisterete mai tanta perfezione, quanto adempiendo bene i doveri del vostro stato, purché ciò facciate per conformarvi alla santa volontà di Dio ».
Egli sapeva ed insegnava che per giungere alla santità non occorre compiere grandi cose, ma basta compiere per amore il piccolo e monotono dovere di ogni momento.
Questo concetto e programma doveva trovare autorevole conferma da S. Ecc. Mons. Montini nel 1957: « Si può trovare la santificazione nella propria professione: ecco l'ideale nuovo.
Bisogna cavare dalle azioni tutto il rendimento morale, virtuoso, spirituale e soprannaturale che possono procurare ».
E per questo Fr. Teodoreto impegnò se stesso a percorrere la strada che conduce alla santità e in tutte le età della sua vita, in tutti gli ambienti, in modo progressivo e prudente, lavorò a radicare in sé il tormento della santità e a suscitare e a formare dei santi come fine del suo apostolato.
I pochi elementi raccolti dal biografo del nostro santo fratello, interrogando i superstiti al paesello natio ci mostrano il nostro Giovannino con frasi tipiche: « era diverso dagli altri »; « era sempre in chiesa »; « aiutava tutti »; « se li tirava attorno per portarli al bene »; « ha finito santo sicuramente, perché era già santo allora ».
In queste poche pennellate io scorgo già in germe, tutto un programma di santità: la originalità comune a tanti santi - la vita interiore che ha bisogno di essere alimentata al contatto di Gesù Eucaristico - la carità verso tutti - lo zelo per portar le anime al bene; tutte attitudini che se sviluppate sicuramente portano alla santità.
E a riprova del suo impegno nella via della perfezione si possono citare:
- la particolare devozione alla SS. Vergine Maria alimentata dalla recita quotidiana in famiglia, del S. Rosario;
- la S. Messa giornaliera, servita frequentemente;
- l'appartenenza alle varie confraternite che in quel tempo fiorivano nella sua parrocchia;
- lo zelo posto nell'insegnare il catechismo in preparazione alla prima Comunione al suo nipote che sarà poi in religione, Fr. Bonaventura.
E dopo una vita così cristianamente vissuta, non fa meraviglia che Giovanni Garberoglio abbia sentito l'invito del Signore alla vita perfetta, nella grande Famiglia di San Giovanni Battista De La Salle.
Giunse al Noviziato il 12 ottobre 1887 e il primo novembre dello stesso anno vestì l'abito religioso assumendo il nome di fr. Teodoreto.
Di quel tempo, in mancanza di documenti ufficiali, abbiamo due sole attestazioni di confratelli oggi già in Paradiso che presentano il Nostro: « di buon carattere … silenzioso, obbediente, studioso, pio, irreprensibile sotto ogni aspetto », « … composto, esatto, servizievole in sommo grado », « umile, tranquillo, sempre sorridente, cercava di non emergere, ma di nascondersi ».
« Si aveva fin da quel tempo, il concetto comune, che fr. Teodoreto possedeva già una virtù eccezionale ».
Durante il Noviziato fr. Teodoreto aveva visto bene il piano che Dio gli imponeva di realizzare: essere santo e seminatore di santità, nel nascondimento della vita comune del fratello delle Scuole Cristiane.
Egli era un uomo risoluto, un carattere volitivo, e si mise al lavoro, subito, senza perdere un momento del tempo che Dio gli assegnava, desideroso solo di santificarlo riempiendolo della santa volontà di Dio, trovandosi presente, istante per istante, a quanto faceva con tutta la sua capacità.
Nella corrispondenza con il nipote, fr. Bonaventura, novizio, rifulge ancora il suo anelito di santità e l'impegno a mettere sulla stessa strada le anime che può avvicinare.
Scrive in alcune lettere del 1893-1894: « … mira a farti santo, perché Iddio ti vuole santo … sia la santità l'unico scopo … siamo fervorosi e allora gusteremo quanto sia dolce e soave il servire a Dio nella santa religione ».
« … Sì, caro Fratello, facciamoci santi, preghiamo il Signore che ci renda tali …; facciamoci santi e il Signore penserà al rimanente ».
« … Ricordiamoci a vicenda la risoluzione presa di andare sempre avanti nella perfezione. Iddio ci vuole santi. Che importa a noi l'aver lasciato il mondo se non ci facciamo santi? ».
« … se non ci facciamo santi siamo i più grandi stupidi che esistano sulla terra ».
Fratel Teodoreto, uomo di carattere forte e di vivissima sensibilità, seppe padroneggiare se stesso fino a diventare « l'uomo più mite, paziente e dolce, longanime che si possa immaginare ».
E questo anche di fronte alle contrarietà e nei momenti particolarmente difficili e delicati, e anche di fronte alla malattia e a sorella morte.
Solo l'onore e i diritti di Dio avevano presa sulla sua anima e lo obbligavano ad uscire dal silenzio che si era imposto, come quando, in una adunanza, « mosso da interno impulso, scattò e disse cose gravi ed impressionanti tra la meraviglia ed il silenzio generale ».
La presenza di Dio fu da Lui praticata con cura fino ad esserne abitualmente « tutto preso ».
Nel leggere le varie testimonianze che pubblichiamo nel presente numero, i nostri lettori saranno colpiti dalla unanime insistenza con cui tutti affermano che era un uomo tutto di Dio, che non era più Lui che parlava ed agiva, ma il Signore che si era impossessato interamente dell'anima sua.
Il raccoglimento era l'atmosfera che lo avvolgeva tutto: in comunità nei momenti di preghiera e di svago; per le vie della città o su di un pullman o ritto in mezzo ad una piazza o in un cortile di ricreazione in mezzo ai ragazzi …, « sempre conservava l'attitudine di chi cerca Dio e lo trova dovunque ».
Il suo pane quotidiano era pensare a Gesù e a Maria SS. e « vivere continuamente in loro compagnia ».
E così là preghiera diventava contemplazione e tutti lo potevano ammirare come « il fratello che prega sempre » e che non ha timore di invitare a pregare.
« Sì, preghiamo, scrive ad un suo corrispondente, preghiamo molto perché senza questa preghiera noi siamo perduti, non vediamo più chiaro, e terminiamo col consumarci inutilmente la vita ».
Vivere bene un giorno è un'opera grande che getta nell'ammirazione il cielo, ma vivere in modo coerente tutta una vita è opera certamente di virtù eroica che supera le nostre povere risorse umane.
Sono elogiose le testimonianze lasciate dai vari Superiori religiosi che hanno dovuto mettersi a contatto con il Nostro e giudicarlo al foro esterno: « ottimo, eccellente, edificante, santo, modello in tutto; eccellente religioso sotto ogni rapporto; santo religioso sotto ogni aspetto ».
E finalmente, sulla scheda personale, accanto all'ultima notizia, « morto il 13 maggio 1954 », l'aggiunta: « in odore di santità ».
Fr. Teodoreto in questa ascesa verso la santità è un capolavoro silenzioso dello Spirito Santo, che occorre contemplare e scrutare per capire attraverso a quali vie e con quali mezzi abbia ricercato Dio nell'unità della sua vita.
E questa unità alla sua vita è data dalla ricerca costante della santa volontà di Dio - forma perfettissima di amore, - volontà di Dio che si manifestava a Lui nella voce della santa Regola « studiata con amore ed assiduità » e praticata con « semplicità e naturalezza », « ad litteram » e « sine glossa ».
Nella Regola sono minutamente elencate le virtù che offrono esercizio per tutta la vita alle anime alle prese con la santità e che il nostro fratello praticò con tutta la perfezione:
- la povertà che praticò davvero ad imitazione di Gesù Cristo;
- la castità che fece risplendere al di sopra di tutte le altre virtù, e che gli dava uno straordinario splendore spirituale;
- l'obbedienza a tutti i superiori, spesso eroica;
- lo spirito di fede, che fr. Teodoreto possedé in tutta la pienezza perché i suoi pensieri ed affetti, i suoi giudizi e le opere erano ispirati e sostenuti dalle norme del Vangelo e modellati sugli esempi di Gesù, di cui il fratello si era innamorato;
- l'abbandono alla Divina Provvidenza tanto nella sua vita personale, quanto per le opere intraprese con nessun mezzo umano, ma solo e unicamente fiducioso nella divina Provvidenza che « continuerà i suoi miracoli ».
« Noi fabbrichiamo appunto ora che nessuno tira su muri, perché fidiamo unicamente nella divina Provvidenza ».
Dell'umiltà aveva cognizioni profonde e una cura particolare, che lo caratterizzava.
Voleva che nella pratica dell'umiltà non si mettesse alcun limite, fuorché quello della prudenza.
Eppure la sua mano, il suo gran cuore e tutta la sua attività si era impegnata a tante opere di bene, da costituire un piedestallo solido per il suo monumento.
Fratel Teodoreto è apparso esemplare dovunque.
Quando entrava nelle classi « era una gioia per tutti e i ragazzi si sentivano conquisi dalla sua parola calda, semplice, detta in tono affabile e sereno ».
« Parlava con tanto ardore della Madonna che i bambini lo ascoltavano estatici ».
E ancora: « la sua parola semplice penetrava nelle animucce innocenti che nella loro spontaneità si aprivano a Lui … tutta la classe sembrava essersi tramutata in tempio, tanto era la compostezza, la serietà, le piccole preghiere, i piccoli atti di amore di Dio che si producevano ».
Ma Fr, Teodoreto per l'opera che vagheggiava aveva bisogno di formare una « élite ».
E attese a questo lavoro con tutto l'impegno di cui lo Spirito Santo lo animava, gettando nei cuori semi di bene che avrebbero fruttificato nel tempo opportuno.
Le adunanze settimanali, fatte « senza alcun richiamo attraente, erano sempre molto frequentate e desiderate ».
« Desiderava il miglioramento effettivo dei giovani e proponeva meditazioni 'e sacrifici; raccomandava con parole calde l'amore alla Madre Celeste, ispiratrice delle più belle virtù tanto che i giovani uscivano da quei trattenimenti così infuocati che per essi non esisteva più rispetto umano ».
Il Fr. Teodoreto alla Messa del povero
Promosse i ritiri spirituali mensili, i pellegrinaggi alla Consolata e i ritiri annuali, a cui partecipavano con ammirabile slancio di emulazione i piccoli e i grandi.
Al Noviziato ove si recava a sostituire il fratello direttore che si recava al ritiro annuale, le sue conferenze e i suoi trattenimenti erano per i giovani fratelli una benedizione.
« Le sue parole penetravano a fondo della mia anima, suscitandovi i più nobili sentimenti di fede e di amore di Dio », però « era fedelissimo nel troncare le sue istruzioni al suon del campanello aggiungendo che il resto ve lo dirà il Signore ».
Inculcava ai giovani fratelli lo spirito di fede, « la venerazione per la parola di Dio che è racchiusa nella Sacra Scrittura » e non temeva di sentenziare.
Lui sempre così modesto e lontano dalle affermazioni solenni: « Se Sarete costanti nel portare con voi il Nuovo Testamento … vi assicuro che sarete perseveranti nella vocazione ».
Aveva la parola più o meno libera, ma il suo esempio era sempre luminoso dinanzi ai Novizi.
In cappella era « tutto raccolto e intento a pregare, con lo sguardo al Tabernacolo e una gioia negli occhi e nella faccia, propria di un santo ».
Dinnanzi al Crocifisso che s'innalzava nel parco del Noviziato, aveva una « devota espressione del volto e degli occhi che denotava l'intenso ardore dell'anima raccolta nei misteri dell'amore divino ».
E le note dei fratelli novizi sono concordi nel presentarlo come modello di obbedienza, di carità, anche nel correggere, di umiltà, austero nel comportamento, ordinato nelle sue cose, regolare fin nei minimi particolari … e questo con una naturalezza che dice il possesso di una virtù non comune che stimolava tutti al bene e rendeva migliori, col suo contatto.
Per molti anni i superiori lo incaricarono di presiedere il ritiro di venti o di trenta giorni dei suoi confratelli.
Nelle conferenze « impressionava per l'animo che appariva perfettamente aderente alla dottrina espressa e perché tutti sapevano come rispondesse in tutto alla pratica della sua vita ».
Anche in questo tempo di ritiro era desideroso di « tesorizzare della scienza spirituale » e andava ad ascoltare le prediche per « non lasciar cadere nessuna parola di Dio » e faceva partecipare i confratelli dei lumi di cui lo Spirito di Dio lo inondava sensibilmente, almeno in qualche momento, come quando il 14 agosto 1924 lo videro « alzare gli occhi dallo scritto e parlare con animazione per una decina di minuti, mettendo una foga insolita e insistendo che assolutamente dovevamo ottenere di « sentire » vicino e presente Dio in noi, durante il ritiro, almeno per qualche breve momento ».
E per far approfittare tutti della grazia del ritiro ricorreva anche ad espressioni forti: « Gesù non è contento », « alcuni si rivestono di formalismo esteriore ma rifiutano la grazia di Dio: preparano la loro condanna »; o faceva intervenire l'amico Fra Leopoldo, a cui Gesù parlava frequentemente e portava poi il messaggio ai fratelli, come successe nel ritiro di 20 giorni del 1914 tenuti a Marina di Massa, ove ne giunsero due.
Il primo: « Gesù Crocifisso mi ha detto che le cose non vanno ancora bene » impressionò molto gli esercitanti; il secondo invece riempì il cuore di tutti di vivissima gioia.
Suonava così : « Il Crocifisso è contento degli esercizi così praticati ».
Ma dove fratel Teodoreto riusciva efficace era nell'intimità dei colloqui personali con i suoi confratelli.
In Lui vi era « un chiaro discernimento dello spirito, sotto un tratto di estrema naturalezza e spontaneità e anche di semplicità » … ma « sicurezza nelle direttive impartite e ricchezza di interiorità nei suggerimenti dati ».
Come tutti i Santi era « ottimista ». E quando vedeva un'anima ben disposta non dubitava di affermare o di scrivere con convinzione: « Ma sa che ammiro le grazie che Le ha fatto il Signore »; o « in fondo però, ha sempre avuto aiuti straordinari da Dio e nelle occasioni si manifestava la sua grazia in Lei ».
E ancora … « ciò che mi fa sperare molto, anzi mi da una certezza nella sua perseveranza nel fervore è l'abbondanza delle grazie che Dio Le fece nel corso degli esercizi ».
Una lettera scritta da un Superiore del tempo, dice con quale spirito Fr. Teodoreto avesse chinato il capo alla voce dell'obbedienza.
« Il suo biglietto mi ha consolato … perché veniva da Lei che rappresenta il mio Gesù per il quale voglio dare la mia vita e morire per suo amore … Il peso impostomi dall'obbedienza non è piccolo, ma vedo che non sono solo a portarlo, anzi Gesù porta tutto Lui ».
Oltre all'esempio della regolarità in tutto era fedelissimo nell'adempimento dei suoi doveri specifici di Superiore.
Le conferenze domenicali, sempre ben preparate, erano dette con tale accento di convinzione « accento di inconfondibile santità » da eccitare al fervore la quarantina di fratelli che componevano la comunità.
Con Lui, « la Regola era vissuta con amore in ogni più piccolo particolare »; … « egli non si imponeva a nessuno ».
Fondare un'opera che perpetui nella Chiesa un ideale di santità è stata una gloria del nostro Fr. Teodoreto.
Il Signore gli parlò durante il suo secondo Noviziato, come già gli aveva suggerita l'idea dell'opera di perseveranza, facendogli conoscere opere catechistiche già sviluppate nel suo Istituto e poi mettendolo a contatto con Fra Leopoldo che godeva delle conversazioni di Gesù Crocifisso.
E l'opera che Dio preparava ebbe inizi umili come tutte le opere del Signore, e si sviluppò tra non poche difficoltà.
E prima accolse la « Devozione », secondo il desiderio espresso da Gesù Crocifisso a Fra Leopoldo, ne curò la diffusione, poi in adunanze settimanali nelle classi e fuori, in ritiri spirituali mensili e in ritiri spirituali annuali, scelse gli elementi che si offrivano per pregare e onorare Gesù Crocifisso e istillò nei loro cuori un ideale apostolico, quello stesso dei Fratelli delle Scuole Cristiane: fare la scuola e il catechismo.
Così sorsero i Catechisti del SS.mo Crocifisso e di Maria SS. Immacolata.
L'attività dell'Unione si svolgeva silenziosamente, avendo come obbiettivo principale la Santificazione dei suoi membri, i quali andavano a poco a poco confermandosi nella fedeltà a Fr. Teodoreto, pronti a tutte le ascesi che la Divina Provvidenza avesse loro indicate.
Fr. Teodoreto non si preoccupava eccessivamente del numero dei Catechisti: solo li voleva veramente buoni.
Voleva giovani che fossero disposti a seguire l'invito di Dio, a tendere davvero alla perfezione.
E l'ora di Dio scoccò: fu S. Em. il Card. Gamba, Arcivescovo di Torino, che diede a Fratel Teodoreto, l'ultima indicazione per il compimento dell'Opera.
Leggendo la vita dei santi è facile trovare riportati i loro propositi di santità concepiti più o meno in questi termini: « Posso essere santo - devo essere santo - voglio essere santo a qualunque costo ».
Di Fratel Teodoreto non leggiamo nulla di tutto questo, ma solo espressioni che anche nel tono, dicono la sua pochezza e la brama di vivere nel nascondimento.
La sua risoluzione del secondo Noviziato è così concepita: « Vita interiore con amore umile e mortificato ».
Dal suo programma spirituale senza data leggiamo: « Servi Dio con pace e con gioia: ricordati che il nostro Dio è il Dio della pace … ».
« Conobbi per esperienza che l'unica felicità terrena consiste nel celarsi e mantenersi nella perfetta ignoranza di ogni cosa di questo mondo ».
In una lettera scritta al Fr. Assistente Candido, del 23 marzo 1934, scrive: « … mi sono proposto, proprio questa mattina, … di incominciare una vita nuova tutta unita a Gesù e distaccata da tutto ciò che non è Dio … spero, con la protezione della SS.ma Vergine, di riuscire finalmente a togliermi dalla tiepidezza e a darmi al fervore della vita religiosa ».
Così si giudicava a venti anni dalla sua santa morte e così si giudicherà fino alla fine della sua vita: i suoi gesti, le sue parole, sono improntati a semplicità e umiltà.
Ed anche il programma, propostogli da Gesù Crocifisso a mezzo del suo amico Fra Leopoldo, ed il compito della sua santificazione, doveva essere così: « Fare il sacrificio di tenersi come un corpo morto ».
« Cosa difficile per me », confidava il Fratel Teodoreto al Rag. Cesone che lo riferisce, perché « incomincio solo adesso che le forze mi mancano » … « incomincio solo ora che sono prossimo alla fine ».
Nei rapporti con il Rev.do P. Piombino suo Direttore Spirituale, il Fr. Teodoreto è preoccupato di far risaltare la sua pochezza e l'azione dell'Amore di Dio in Lui.
« Gesù mi vuol tanto bene », mi ha scritto, Rev.mo e Carissimo Padre, « È proprio vero, ma io non ci penso abbastanza … Cerco di stare unito con Gesù e con Maria … ma sono un po' freddo e non abbastanza espansivo con Loro … Forse uno dei motivi … è il mio cadere con troppa facilità nell'egoismo e nella vanità ».
E ancora: « Il programma che mi ha proposto … è bello, chiaro, facilissimo da comprendere in teoria, ma in pratica trovo molta difficoltà ».
« Dopo le azioni principali, un esame, anche non troppo minuto, mi rivela l'egoismo infiltratesi in modo sconcertante ».
Com'è lunga e senza termine la strada della santità!
La salma di Fratel Teodoreto, esposta in camera ardente nel parlatorio del Collegio S. Giuseppe di Torino, dalle quindici del 13 maggio alle dieci del 15 maggio, fu ininterrottamente visitata e vegliata, giorno e notte, da innumerevoli persone venute più a pregare che a suffragare.
Adulti e giovani e bambini andavano a gara nel toccare e fargli toccare oggetti di devozione, senza il menomo senso di timore, perché tutti si sentivano a contatto con le reliquie di un santo autentico …
Così informava Fratel Cecilio con la circolare che finisce con queste parole: « L'accompagnamento che avrebbe dovuto essere fatto a piedi, pregando, fino al Cimitero, a causa della pioggia, si trasformò in una lunga teoria di macchine e di pullman.
Fratel Teodoreto ha voluto andarsene più rapidamente e più nascosto come nel nascondimento operoso e umile aveva passato tutta la sua vita ».
« L'amor di Dio - scrisse il Card. Fossati - è stato l'unico movente e motivo di tutto il suo fervido apostolato a favore della gioventù: far conoscere Iddio dagli altri, per farlo amare, ecco il magnifico suo programma, che ha svolto con animo sereno, come se ciò fosse vita della vita. Ora vive in Dio è prega per noi … ».
Il modo migliore di chiudere queste « spigolature » sulla santità del Fratel Teodoreto è quello di pregare Lui a volerci comunicare una parte dell'ardente suo anelito alla santità, in modo che sia resa facile a noi viatori l'ascesa a quelle altezze a cui Lui è giunto; ci faccia comprendere che la santità è possibile anche a noi perché Dio ci chiama tutti a cose nobili e ci aiuta, e perché essa è nascosta in tutti i minuti e diversi doveri di ogni giorno.
Abbiamo tutti la stessa natura dei santi canonizzati; siamo tutti « santi in potenza » e tutti « candidati alla santità ».
Se lavoriamo con fiducia, amando Gesù, la Vergine SS.ma e le anime, come il Fr. Teodoreto, il Signore che è onnipotente, farà il resto.
Fr. Abondanzio Maldino, f.s.c.