Corso di formazione per sposi |
B174-A4
Le adunante mensili per la formazione del nostro gruppo di sposi sono proseguite regolarmente, con molte adesioni, e, sviluppando il programma previsto, hanno affrontato il tema del sacerdozio.
L'odierna teologia usa dei termini che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha posto in vigore, per esprimere concetti che prima venivano formulati in altri termini, e fra questi il concetto di sacerdozio.
Un approfondimento di questo concetto porta a distinguere due forme di sacerdozio: quello ministeriale, proprio ed esclusivo dei sacerdoti, che furono consacrati dal Sacramento dell'Ordine, e che conferisce loro il triplice potere di evangelizzare, governare e santificare i fedeli per mezzo del S. Sacrificio e dei Sacramenti; e quello dei fedeli, che deriva dal Battesimo e li abilita a « offrire a Dio vittime spirituali, gradite a Dio » come si esprime S. Pietro.
Il p. Marcolino Muraro, con competenza ed acume, trattò questo argomento al corso sposi.
Ne diamo qui la prima parte, riservandoci di pubblicare il seguito al prossimo numero.
Per entrare in questo tema che pone in risalto un aspetto che è rimasto un po' obnubilato nella teologia cattolica, bisogna partire da una domanda di base: che cos'è il sacerdote.
È chiaro che noi ci collochiamo dal punto di vista della fede in cui il Sacerdote in grado eminente si realizza in Cristo: sacerdote della Nuova Alleanza che ha portato a compimento il vecchio Sacerdozio esistente nell'Antico Testamento, nel popolo ebraico.
Cristo è sacerdote perché tutta la sua vita ( e bisogna insistere su questo: tutta la sua vita e non solo un settore della sua vita ) si è svolta in un compito di mediazione tra Dio e gli uomini, culminata nel momento della Croce in cui Cristo in modo tutto particolare attraverso l'offerta della sua vita al Padre, ha mediato tra Dio e gli uomini: portando l'uomo a Dio e Dio all'uomo.
Facendo questo, Cristo ha istituito la sua « religione ».
Infatti la religione non è altro che l'orientamento della vita dell'uomo in rapporto a Dio, orientamento che non consiste solo in una vita indirizzata secondo la legge di Dio, ma anche in un culto interiore e, data la natura umana, anche esteriore, cioè in un insieme di atti con cui Dio viene impetrato pei nostri bisogni, glorificato, soddisfatto per le violazioni alla sua legge.
Questo compito - che Cristo ha realizzato in se stesso come Capo del popolo di Dio -, Egli l'ha lasciato ad alcune persone: gli Apostoli, i quali hanno da Lui ricevuto la missione ufficiale - cioè da esercitarsi in suo nome - di annunciare il Vangelo a tutte le genti, santificarle e guidarle.
Queste tre componenti del suo sacerdozio - che gravitano attorno alla funzione di santificare, in quanto e l'annuncio del Vangelo e la guida del popolo non hanno altro scopo che riportare il popolo all'Eucaristia, cioè, all'incontro personale con Cristo presente in corpo, sangue, anima e divinità sotto le specie del pane e del vino - importante: perché questo significa l'incontro con il Sacerdozio di Cristo, con Cristo esercitante il suo Sacerdozio nell'atto stesso del suo Sacrificio - esigono la presenza nella per sona prescelta non solo della dignità di essere già appartenente al popolo di Dio attraverso i Sacramenti del Battesimo e della Cresima, ma di una realtà nuova: il carattere propriamente sacerdotale per cui il semplice fedele è interiormente trasformato.
Siamo di fronte ad un cristiano che in forza di questa interiore consacrazione è scelto per rappresentare, nel Popolo di Dio, Cristo come sacerdote, capo del suo Corpo.
Egli quindi eserciterà la funzione sacerdotale facendo le veci di Cristo, non nel senso che Cristo sia lontano ed assente dal suo popolo ed al suo posto subentri il fedele investito del potere sacerdotale, ma nel senso che Cristo si rende attualmente presente attraverso la persona del suo Ministro di modo che non è tanto il ministro che battezza, predica, ecc. quanto piuttosto è Cristo stesso che battezza, predica, ecc.
Questo mi sembra particolarmente da notare oggi. Se il Sacerdozio così detto ministeriale ( questa parola sottolinea che il Sacerdote non agisce come persona umana ma piuttosto come rappresentante di Cristo ) o gerarchico ( questo ultimo termine sottolinea che nell'ambito stesso del sacerdozio vi è una certa strutturazione per cui alcuni partecipano del sacerdozio di Cristo in modo più eminente di altri ) si radica in una interiore trasformazione di carattere permanente ( tu sei sacerdote in eterno, è ricordato al neo ordinato ) allora ne segue che l'ordinato è e rimane sacerdote non per un determinato periodo della sua vita o per una frazione della sua giornata, ma per sempre e per tutta la giornata.
Cade allora quella concezione per cui il Sacerdozio viene quasi considerato come un compito che ad un certo momento può essere lasciato da parte.
Si capisce anche come la riduzione allo stato laicale, rendendo inattivo l'esercizio del carattere sacerdotale, sia una condizione in qualche modo innaturale.
I doni di Dio sono senza pentimento: il Sacerdote si trova in questa situazione anormale, di avere un dono di Dio ( la dignità sacerdotale che Dio non gli ritira ) che non si espande. ( Rm 11,9 ).
Inoltre, si comprende il valore del celibato ecclesiastico.
Quando si obietta che il sacerdote deve avere una sua famiglia per essere in armonia con la condizione comune del popolo fedele, si dimentica una cosa fondamentale: il sacerdote è investito della dignità e responsabilità di rappresentare Cristo, Capo della Chiesa tutta e non di una semplice sua frazione.
In tal modo, il sacerdote non è da vedersi semplicemente come l'uomo che non si sposa, ma come colui che realizza in se stesso la realtà che il matrimonio sacramento ha la funzione di significare.
Secondo l'insegnamento di S. Paolo, il matrimonio cristiano ha il compito di rappresentare questa realtà profonda: Cristo è unito alla sua Chiesa come il Corpo alle sue membra.
Ora, questo mistero, l'unione di Cristo - Capo alla Chiesa - Corpo, si realizza in modo non più rappresentativo ma reale nel Sacerdote che partecipa appunto alla dignità di Cristo - Capo della sua Chiesa.
Quindi, il Sacerdote non si sposa appunto non solo perché non voglia o gli è vietato sposarsi, ma, direi, perché la sua condizione di vita rende per lui superfluo o controproducente il matrimonio.
Egli possiede la realtà figurata dal matrimonio: non ha più, quindi, bisogno della figura.
Sarebbe come se uno volesse o si ostinasse a contemplare la fotografia di uno che è presente di persona.
Quindi è vano credere che non l'essere sposato renda estraneo il Sacerdote alla vita di famiglia; al contrario, la sua dedizione assoluta alla Chiesa è modello esemplare della dedizione dei due sposi nella vita di famiglia.
Il Sacerdozio ministeriale non è solo l'esempio per tutti i cristiani ed in modo particolare per la famiglia cristiana; ma ha un compito più profondo.
L'unione di Cristo con la Chiesa è un'unione vivificante: « Della sua pienezza, noi tutti abbiamo ricevuto.
« Io sono la vita ».
Questo si realizza in modo eminente in Cristo ma vale anche per il Sacerdote.
Una delle prime, ardenti polemiche cristiane verteva su questa semplice domanda: i sacramenti amministrati dai sacerdoti cattivi, sono validi?
Il che in altre parole ( ricordando che il sacramento non solo significa ma produce la grazia, che è la vita dell'anima ) si riduce a questo: un sacerdote che non ha in sé la vita di grazia, un membro morto della Chiesa, può conferire una vita che non ha?
La risposta fu affermativa, perché il sacerdote opera nell'amministrazione dei sacramenti non in virtù di una forza che gli sia propria, ma in virtù di una forza che gli è comunicata direttamente da Cristo.
Non è tanto Pietro o Paolo che battezzano quanto piuttosto Cristo si serve di Paolo o Pietro per conferire la vita divina.
Quindi il sacerdozio ministeriale è ordinato al popolo di Dio per promuoverlo, portarlo a compimento nella vita di grazia.
Egli potrà essere più o meno dotto, più o meno santo, ma quando egli predica il messaggio di Cristo, amministra i sacramenti, decide con autorità della vita della comunità è attraverso lui che Cristo è reso presente nella comunità.
Noi possiamo ricorrere ai nostri fratelli nella fede - e facciamo bene - quando siamo in difficoltà; ma nella autentica vita cristiana noi dobbiamo incontrarci normalmente come Sacerdote, perché è nelle sue labbra che la parola del Vangelo ha il crisma di un'autenticità autoritativa, è attraverso le sue labbra che Cristo - centro della vita - è reso presente nell'Eucaristia e che il perdono ci è conferito, è attraverso le sue disposizioni che la vita cristiana nella comunità è saggiamente organizzata.
Il sacerdote si configura quindi al livello di sorgente reale della permanenza e consistenza della vita di famiglia.
Tutto questo vale per il sacerdozio gerarchico, ma esso non esaurisce la partecipazione al sacerdozio di Cristo.
Vi è anche un altro tipo di questa partecipazione che era già presente nel Vecchio Testamento in forma di preannuncio quando nell'Esodo si legge l'Esortazione che Mosè deve rivolgere, a nome di Dio, al popolo. « D'ora in poi, se voi mi obbedite e rispettate la mia alleanza, io vi considererò miei tra tutti i popoli …
Io vi considererò come un reame di sacerdoti ed una nazione consacrata » ( Es 19,6 ).
Tenete presente quest'ultima parola, nel clima di desacralizzazione odierna.
Questo tema sarà ripreso nel Nuovo Testamento attraverso i testi ormai famosi dell'Apocalisse: « Cristo ci ama e ci ha lavati dai nostri peccati nel suo Sangue ed ha fatto di noi un Reame di Sacerdoti » ( Ap 1,6 ) e da S. Pietro che nell'unione dei fedeli a Cristo li vede costituiti come sacerdoti « in vista di offrire sacrifici spirituali graditi a Dio … per annunciare le lodi di Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa » ( 1 Pt 2,4-10 ).
Il Concilio Vaticano II ha ripreso questi testi facendo propria la dottrina teologica di S. Tommaso sul carattere.
Realtà, questa, misteriosa che può essere presentata così: Tutti i cristiani attraverso il Battesimo, sono incorporati e configurati a Cristo Sacerdote che ha realizzato in modo perfetto il Sacerdozio della Nuova Legge attraverso quell'atto di culto sublime che è il suo Sacrificio.
Questa realtà del Sacerdozio di Cristo, cioè la capacità di esercitare il culto della religione cristiana, di compiere atti che lodano, supplicano, soddisfano Dio ( come dice S. Tommaso, il culto « è una certa qual professione di fede operata attraverso segni esterni » ( III, 63,4,3m ) è trasmessa ai fedeli attraverso il carattere battesimale e della Cresima.
Il carattere è una realtà indelebile che non si identifica con la grazia.
La grazia dipende da noi, dalla nostra volontà; infatti possiamo volontariamente perderla.
Il carattere non dipende da noi, ma direttamente da Cristo, in quanto è una capacità in forza della quale, come ministri di Cristo, quindi in rapporto più a Lui che a noi, noi possiamo partecipare al suo Sacerdozio e quindi, anche se siamo peccatori, possiamo pur sempre compiere atti di culto.
In caso contrario, si rischia di impedire al peccatore la possibilità di ricevere l'assoluzione compiendo quindi un atto di culto o, a due fidanzati in peccato grave, di compiere quell'atto di culto che è il matrimonio.
( Continua )
p. Marcolino Muraro