Centenario della Nascita di Fr. Teodoreto

B178-A4

Conferenza commemorativa - 9 febbraio 1871 - 1971

Domenico Conti

Fr. Teodoreto nacque il 9 febbraio 1871 a Vinchio d'Asti.

Da poco era stata fatta la presa di Roma, tuttavia nei comuni non si sentiva ancora tutta l'ondata nazionalistica, leggistica, radicale che aveva colpito i vertici del Paese.

Nei comuni la vita si svolgeva tranquillamente, come sempre, forse da millenni, da almeno mille anni.

Nacque Fr. Teodoreto da Bartolomeo Garberoglio e da Eleonora onora Giolito.

Famiglia di contadini, piccoli proprietari, un'ambiente di serenità, di solerzia, di compostezza, di laboriosità, vita comune che si svolgeva appunto nei comuni rurali attorno alla Parrocchia, attorno al Municipio, al Sindaco, al farmacista.

Fr. Teodoreto visse questa vita comune, di tutti; una vita un poco stentata, anche se la famiglia del Fr. Teodoreto fu povera sì, ma non in miseria, tuttavia sappiamo quale era la condizione delle campagne verso il finire dell'800.

Vita comune, vita cristiana, che scaturiva da una profonda tradizione e non aveva ancora subito delle scosse sostanziali, tutta imperniata attorno alla preghiera, sostanzialmente attorno alla Messa domenicale, attorno al Rosario , recitato alla sera nelle famiglie.

Giovanni, perché questo è il suo nome di battesimo, cresceva in questo ambiente e naturalmente faceva come tutti i bambini, giocava, faceva la sua vita di famiglia, frequentava la scuola, una scuola sommaria, che durava alcuni anni e il resto bisognava poi pagarselo così, come supplemento per arrivare almeno ad una istruzione elementare.

In lui pero è decisa la gioia di vivere, subito c'è un amore verso la vita.

Io ricordo alcune sue confidenze, rarissime confidenze, fatte sulla sua prima infanzia ( parlava assai poco di se stesso il Fr. Teodoreto ), da cui risulta un ragazzo che lavora, gioca, va a scuola, si diverte, e che ama la vita.

Tanto più facile amarla la vita in quegli ambienti sereni del Monferrato, tutta luce, tutto spazio, con queste colline, questi vigneti, col vino … Gioia di vivere diremmo.

Con questa gioia di vivere c'è anche il desiderio di crescere. Fr. Teodoreto è desideroso di crescere è studioso della studiosità classica; per quanto può si impegna volentieri alla scuola, ma non tanto per il desiderio di sommare buoni voti, ma per una sorta di promozione di se stesso, per poter leggere, per poter conoscere, per potersi esprimere.

Sappiamo che gli ultimi anni delle elementari, che erano a pagamento e liberi, furono appunto di sacrificio notevole da parte di Giovanni Garberoglio.

In questo desiderio di crescere c'è tutta l'attenzione che lui pone in quel che gli succede attorno; i fenomeni naturali per esempio.

Innamorato della natura, sta attento anche al lavoro dell'uomo in aiuto al lavoro della natura lavoro della natura e per lui la coltivazione dei campi campi, della vite, il volo degli uccelli diventa una fonte di saggezza di saggezza, qualche cosa da cui si ricavano degli orientamenti per la vita.

E non è un puro esteta; è un giovane saggio, dove tutti i fatti che capitano sono oggetto di un'attenzione che ha per oggetto una luce, una regola di vita, un modo per capire, per comprendere la vita.

Ha il gusto di aiutare a crescere, non solo l'impegno di crescere, ma di aiutare a crescere l'uomo in quanto uomo e difatti si può contare su di lui intanto per il buon esempio, intanto dal punto di vista religioso.

Prima è membro della Confraternita del SS. Sacramento fino a 12 anni, poi passa alla Confraternita della SS. Trinità; queste confraternite, in questa vita agricola di altri tempi, avevano una funzione notevole.

Ma poi è il ragazzo che cerca di aiutare tutto ciò che di onesto può esserci attorno e si prodiga verso i suoi stessi famigliari più giovani, verso il nipote più giovane di pochi anni, e questo desiderio di far crescere lo porta a fare anche il catechista, che prepara alla 1° Comunione, quasi direi gli stessi coetanei.

Questo gusto di far crescere, questo desiderio di aiutare ad essere, gli altri, sarà poi il supporto su cui verrà calata la chiamata del Signore che lo vorrà fratello delle Scuole Cristiane.

E nonostante che il papà si opponga perché lo vorrebbe sacerdote o religioso di convento, perché non capisce questa vocazione di fratello, egli, perché sapeva come innanzi tutto nella vita bisogna contare su se stessi, nella crescita di se stessi, proprio per questo gusto, per questo desiderio di aiutare altri ad essere più veramente se stessi, più veramente uomini, più veramente cristiani, sente questa chiamata ad essere F.S.C.

Questa chiamata che è contrastata e che viene abbastanza presto, intorno ai 15 anni, avrà poi una risposta anche esteriore, quando un anno dopo, mortogli il padre, la strada fu libera.

Allora venne accompagnato a Torino nel 1887, entrò in Savoia a la Villette il 12 ottobre 1887 e pochi giorni dopo, il 1° novembre dello stesso anno, iniziò il Suo noviziato.

Non gli fu fatto frequentare il piccolo noviziato, perché presentava già un certo livello di cultura, che evidentemente si era fatto da solo, perché la scuola elementare del posto non l'avrebbe portato fino a quel punto.

Nella biografia dedicata al Frafel Teodoreto dal suo confratello Fr. Leone di Maria, Postulatore generale, abbiamo delle testimonianze su come egli venne impostando la sua vita religiosa.

Ne leggo qualcuna, soprattutto per chi non conosce questi passi:

È la testimonianza di un suo compagno di noviziato: "Spiccava su tutti gli altri per il buon carattere e per l'ottima condotta.

Subito i compagni lo tennero in concetto di un santarello.

Non che facesse qualche cosa di speciale; solo si applicava ad eseguire bene ogni esercizio portato dal regolamento.

Era silenzioso, obbediente, studioso, pio, irreprensibile sotto ogni aspetto.

Non fa meraviglia che non si ricordino, a tanta distanza di tempo, cose e fatti che lo mettessero in uno speciale rilievo; tanto più che era così umile, così tranquillo!

Sempre sorridente, cercava non di emergere, ma di nascondersi e fare il meglio possibile senza attirare l'attenzione degli altri.

Si aveva, fin da quei tempi, il concetto comune che Fratel Teodoreto era già un santo, e che era venuto dalla famiglia così, però una santità che si manifestava in quel modo ".

Un'altra testimonianza: " Dal 1° novembre 1887 al 1° novembre 1888 il caro Fratel Teodoreto fu mio compagno di noviziato a La Villette presso Chambéry.

In tutto il tempo lo vidi costantemente composto - notate, composto - esatto, servizievole in sommo grado.

Splendeva sempre un bel sorriso sul suo volto, né mai ho inteso dalle sue labbra il menomo biasimo sul conto di chicchessia.

Anche quando si lavorava per la costruzione della nuova casa di Noviziato, egli m'incoraggiava nella fatica, lavorando con allegrezza e per amore di Dio ".

Sono due semplici testimonianze che pure ci danno già una espressione esteriore del Fratel Teodoreto.

Sappiamo che la sua vita di fratello non fu facile.

Intanto la mamma, svanita un poco, dal punto di vista intellettuale per un incendio che era capitato a lei, molto spaventata, si dava da fare ogni tanto per venirsi a riprendere il suo Giovanni e portarselo a casa, e questo giovane fratello, si faceva dare il permesso dal Superiore, riaccompagnava la mamma a casa, la calmava, la tranquillizzava e dopo pochi giorni ritornava alla scuola.

Difficoltà poi di fare la lezione ( Le classi di allora a Torino erano di 70 allievi; classi affollatissime e molto irrequiete, quindi enorme difficoltà di tenere la disciplina ).

I superiori avevano già quasi l'idea di rimandarlo a casa perché non adatto alla. vita di fratello, e fu in quel caso che egli fece una novena a S. Giuseppe dopo di che, senza gesticolare, senza toccare, chissà quale metodo riuscì a imporsi, riuscì a ottenere con facilità disciplina e correttezza, semplicemente col suo comportamento.

Difficoltà di questo genere subito all'inizio abbastanza dure e pesanti.

Difficoltà di vita. I Fratelli allora dormivano, per la comunità di S. Pelagia, nel sottotetto della scuola, il letto era sotto le tegole, al mattino d'inverno capitava spesse volte di trovare nella bacinella il ghiaccio.

Ci si alzava al mattino alle quattro e mezza e alla sera si era impegnati in attività per esempio tipo scuola serale, che potevano anche durare fino alle undici e mezza.

Le comunità non disponevano di luoghi di villeggiatura, l'estate la si passava a Torino, la calda estate di Torino.

La regola dei fratelli non permetteva il pisolino nel pomeriggio ed allora alla domenica pomeriggio c'erano dei fratelli che sì assopivano sulla cattedra, in classe e si riposavano così, andavano in classe e facevano la loro dormitina appoggiati al braccio.

Quindi un vita dura, veramente dura, difficile.

Come se non bastasse, naturalmente l'instaurazione di climi civili, statuari, radicali, contrari alla concezione religiosa della vita si faceva sentire sempre più pesantemente nell'ambiente della scuola.

Allora non erano i piccoli a fare lo sciopero, ma erano le autorità a imporre e a scardinare a poco a poco tutto.

Oggi si ha il rovescio di questa situazione, per avere costretto e mortificato la fecondità della scuola, la fecondità degli apporti dal basso; adesso abbiamo la scuola che abbiamo con la rivoluzione dal basso.

Fratel Teodoreto tuttavia sempre raccolto, esercitando davvero la gravita raccomandata dal Santo Fondatore come il primo punto della Regola di comportamento di un Fratello, riusciva ad ottenere l'ordine.

Noi potremmo pensare che questo oggi sarebbe improduttivo ma egli con questa sua gravità riusciva a ottenere degli effetti educativi di primissimo rilievo, tant'è che è rimasto nella memoria di coloro che l'hanno avuto come maestro, nella memoria e nella vita, veramente inciso con profondità.

Sappiamo del suo secondo noviziato a Lembecq-lez-Hall, dove ormai i Fratelli si erano rifugiati cacciati dalla Francia, dalle leggi del ministro Combes, radicale, laicista; sappiamo come durante quel noviziato i dirigenti dello stesso vennero raccomandando la perseveranza, a occuparsi del frutto della scuola, cristiana, per non rendere vane tutte le fatiche dell'educazione.

Era un invito ad assumersi delle vere responsabilità in ordine al futuro degli allievi e sappiamo che lì gli fu ispirata l'idea iniziale, l'idea madre dell'Unione, di quella che divenne l'Unione.

Tornato a Torino diventò anche lui Direttore della comunità di S. Pelagia con difficoltà economiche di ogni genere.

Sappiamo come a queste difficoltà, comuni allora a ogni Fratello o Direttore di comunità, si aggiunse la difficoltà terribile di realizzare quest'Opera di perseveranza così come Dio voleva e non come gli uomini consigliavano.

Le contrarietà furono molte finché vi fu l'incontro con il Servo di Dio Fra Leopoldo, e finalmente il detto del Signore tramite Fra Leopoldo: " Dirai a Fr. Teodoreto di fare ciò che ha in mente ".

E così nacque l'Unione che rappresentò per Fr. Teodoreto una nuova croce e fu da quel punto in poi la più grossa croce della sua vita.

Questa unione che poco a poco si venne sviluppando, passando dalla forma di Pia Unione fino alla forma di Istituto Secolare, cioè di vita consacrata nel mondo.

In questo modo Fr. Teodoreto dava conclusione alla sua vita di Fratello.

Dopo essersi prodigato nella scuola, eccolo prodigarsi per il consolidamento e lo sviluppo dei frutti della scuola, a vantaggio della società civile, della Chiesa.

Il termine della vita di Fr. Teodoreto fu un trapasso poco per volta di responsabilità ai catechisti di questa opera, seguendola pur sempre da vicino con la preghiera, il consiglio, l'esempio, con la sua presenza.

Soffrendone le difficoltà di sviluppo, patendone in se stesso tutte le incomprensioni che determinavano queste difficoltà in sviluppo, pur essendo sempre più interiormente convinto che l'opera era voluta da Dio e così si consumarono gli ultimi anni della sua vita fino a quel 13 maggio 1954 che segnò la data d'ingresso alla casa del Padre.

Una vita se vogliamo, dal punto di vista esterno, espressiva, abbastanza semplice, direi abbastanza sommaria, facilmente delineabile, una vita comune come si conviene ai santi di oggi.

Oggi non abbiamo bisogno di uomini di eccezione, abbiamo bisogno di essere eccezionali; abbiamo bisogno che ciascuno ricuperi il senso della sua eccezionalità anche negli ultimi posti della vita, negli ultimi riquadri della vita moderna organizzata.