L'Adorazione del Crocifisso |
B187-A1
Il venerdì 7 aprile dell'anno 30 ( probabilmente, secondo Dodd ) - l'esattezza della data è poco importante - è accaduto un fatto storico incontestabile e indimenticabile: un ebreo, di nome Gesù, muore su una croce.
Gesù non cade combattendo, come un soldato.
Le sue forze non soccombono a circostanze avverse schiaccianti.
Non lo tocca nessun destino perfido.
Tutto avrebbe potuto essere diverso.
Gesù muore così perché lo ha voluto.
È salito a Gerusalemme per morire.
Gesù è morto per noi, per sua scelta.
Il mistero di Gesù è qui.
Inafferrabile nel suo mistero, Gesù sulla croce è affascinante: vulcano di amore in eruzione, che consuma il peccato e la morte, ricrea la vita, scatena la risurrezione.
« Tutto l'amore di Dio è sulla croce ».
Il nulla, per l'uomo, è impenetrabile.
Dal nulla Dio ha creato l'uomo.
L'uomo non esiste da sé.
Unicamente da Dio è stato dato di esistere.
Unicamente nell'amicizia di Dio egli sarebbe potuto vivere.
Peccò, rifiutando questa « dipendenza di amore » per farsi centro di se stesso.
È il peccato, indefinitamente ripetuto di generazione in generazione.
È il peccato collettivo dell'uomo occidentale moderno: « Dio è superato …
Siamo capaci di costruire noi stessi il nostro futuro! ».
E l'uomo se ne va, lontano da Dio, non in figura ma in realtà, in un senso terribile.
Si allontana dall'Essere, dalla Vita, verso il nulla.
Verso il nulla della colpa, della morte, dell'assurdo.
Impotente, l'uomo crolla sull'orlo dell'abisso.
Non si rende nemmeno conto di ciò che ha fatto.
Ha distrutto tutto.
L'irreparabile è accaduto: per colpa sua, perché ha voluto fare a meno di Dio.
Ed ecco l'inatteso, il miracolo del tenace amore di Dio.
Dio stesso viene, nella persona di Gesù, al di sopra di questo abisso, verso l'uomo colpevole.
Non è un cammino facile.
Non c'è ponte.
Gesù stesso scende nel baratro, verso il nulla maligno.
Un pendio ripido conduce dalla morte alla vita, dal peccato al perdono.
È un cammino macchiato di sangue.
Il « perdono » non è qualcosa di campato in aria: il perdono è un avvenimento, un movimento.
È la Via Crucis di Dio, grondante di sangue, che attraversa il mondo del peccato.
L'abisso è varcato.
La comunicazione è ristabilita.
Il ritorno è possibile.
La vita ha vinto la morte.
La misericordia di Dio ha vinto la potenza del peccato.
L'uomo è liberato dal peso schiacciante della sua colpa.
Ma il movimento prosegue.
Per noi tutti il passo decisivo sta lì: vedere che la riconciliazione non si ferma alla nostra persona.
Essa è un processo che trascina l'uomo nel proprio dinamismo.
La vera esperienza della Croce comincia qui.
Ciascuno di noi ha da entrare nella via del perdono, superando l'abisso di egoismo e di individualismo che ci separa dagli altri.
Chiedere perdono agli altri per tutto ciò che abbiamo « combinato » e che ci separa da loro.
Non è facile.
Come Dio, a prezzo di sangue, dobbiamo anche noi percorrere la nostra Via Crucis verso il prossimo, perfino attraverso le colpe del prossimo.
Se siamo capaci di fare questo passo - il passo di Cristo verso la croce - allora il nostro prossimo risuscita, cambia, si trasforma.
Un rapporto nuovo prende vita.
La comunicazione si ristabilisce.
La corrente amore-carità può passare.
Primo effetto di questa Via Crucis verso il prossimo: una gioia e una liberazione senza uguale.
Una libertà del tutto speciale.
Il centro di gravita della vita si sposta dall'io a Dio: « Non la mia, ma la Tua volontà ».
Tutta la vita ne viene cambiata.
Con una tale esperienza, della Croce non si indietreggia più davanti a nulla.
Secondo effetto: il coraggio di sacrificarsi per il bene comune.
Questa disponibilità al sacrificio volontario, questa rinuncia cosciente agli idoli moderni, questa capacità di vivere l'onestà, la purezza, il disinteresse, l'amore gratuito, sono l'autentificazione di una reale esperienza della Croce, di una sintonia riuscita con Dio nella sua Via Crucis.
Si ha la certezza di camminare nella verità.
Ma l'io tende costantemente a riprendere il suo posto.
Bisogna liberare senza tregua il passaggio che porta al prossimo e a Dio.
È lo scopo del « momento di silenzio ».
Ogni giorno, nelle prime ore del mattino, mettersi dinanzi a Dio, far tacere la nostra ragione e ascoltare la voce divina, per sapere ciò che si deve fare.
Nel silenzio dell'ascolto possiamo trovare una soddisfazione così profonda che il raccoglimento diverrà la sorgente quotidiana dei nostri pensieri e delle nostre azioni creatrici.
È solo nel silenzio che si percepiscono le direttive di Dio.
Mettere tutta la vita sotto la direzione di Dio: questo ci renderà reali e naturali.
Non si sente più la necessità di sembrare migliore o più intelligente di quello che si è.
S'impara a vivere tra noi senza gelosia e senza ambizioni umane, nell'amore umile e generoso.
Centro la Salle