Riflessioni sulla « Devozione a Gesù Crocifisso » |
B196-A1
L' "Adorazione a Gesù Crocifisso" composta dal Servo di Dio Fra Leopoldo è assai breve e può essere recitata in pochi minuti; ma a chi ne approfondisce il contenuto essa rivela una insospettata ricchezza, che è come il riverbero della vita interiore di Fra Leopoldo.
Chi conosce anche sommariamente la vita di questi sa che l' "adorazione a Gesù Crocifisso" è la conclusione di un lungo itinerario spirituale del santo frate.
Arricchito di grazie mistiche straordinarie, egli trascorreva lunghe ore del giorno e specialmente della notte in colloqui con Gesù, e il tema di questi colloqui era essenzialmente l'amore infinito dimostrato da Gesù nella sua passione e cosi poco ricambiato, e le atroci sofferenze del Signore, causate dai peccati degli uomini.
Fra Leopoldo ha ripercorso con il pensiero e con amore la strada del Calvario; ha rivissuto nel suo intimo il fatto più drammatico della storia del mondo, che riempie di stupore e di raccapriccio le anime consapevoli: il deicidio.
Ha contemplato ad una ad una con immensa compassione le piaghe di cui è letteralmente coperto il corpo del Salvatore ed ha cercato di comprendere lo strazio dell'Uomo-Dio.
Ne ha visto la causa in due abissi: quello dei peccati degli uomini e quello dell'amore infinito, incomprensibile di Dio.
Gesù si è manifestato a Fra Leopoldo in modo particolare come l'"amabilissimo".
È questa la prospettiva caratteristica del Servo di Dio, a cui vennero concessi lumi speciali per intendere la necessità di conoscere Gesù, di riamarlo affettivamente ed effettivamente e di farsi apostoli delle sue divine misericordie.
E Fra Leopoldo, ardente di carità cerca di diffondere il messaggio del suo Signore, che, veramente egli ha ricevuto un messaggio, con l'ordine di farlo conoscere al mondo.
La "devozione-adorazione a Gesù Crocifisso" che egli compone e che vuole divulgare è un invito a ripercorrere lo stesso suo itinerario, con i sentimenti stessi di tenero amore, di sincera penitenza e di ardente zelo apostolico.
Essa è dunque un punto d'arrivo.
Ma è anche un punto di partenza perché ogni cristiano deve rivivere nella sua vita i misteri di Gesù durante il tempo e partecipare alla sua gloria nell'eternità.
Gesù ha avuto un'esistenza storica ben certa e concreta, durante la quale sperimentò tutta la nostra povera vita terrestre e transitoria, e la concluse con il suo sacrificio di redenzione, culmine e centro di tutta la storia umana.
Quindi salì al cielo, dove gode alla destra del Padre la gloria che gli spetta ed esercita il suo potere, in attesa della manifestazione finale.
Ma egli vive ancora nel suo corpo mistico, che è la Chiesa, di cui è il capo, che comunica la vita alle membra, per condurre alla salvezza tutti coloro che non vi si oppongono.
La passione di Gesù, come fatto storico, si è compiuto una volta per sempre, ma rimangono ancora da fare queste tre cose:
1) il compimento della passione di Gesù nelle membra del suo corpo mistico, perché l'umanità è fatta partecipe di tutta la vita di Gesù, nelle umiliazioni e nella gloria, nelle sofferenze del tempo e nella felicità del cielo, nelle persecuzioni e nel trionfo.
La vita cristiana è perciò tribolazione e martirio fino alla fine del mondo e il Crocifisso è luce che rischiara la via da percorrere, invito alla generosità nell'amore, sorgente inesausta di energie spirituali.
Il Crocifisso è la sintesi di tutto il cristianesimo ed il suo segno più espressivo ed autentico.
2) L'applicazione dei frutti della passione di Gesù a tutti gli uomini di buona volontà, con l'Eucaristia e gli altri Sacramenti, mediante il ministero della Chiesa, affinché il sacrificio di Gesù non sia vano.
Di qui l'ansia apostolica dei cristiani per diffondere il Vangelo a tutti i popoli, affinché tutti siano raggiunti dalla redenzione operata da Gesù.
Ed ecco perché la preghiera di Fra Leopoldo ha un carattere decisamente apostolico.
3) La glorificazione di Gesù in cielo e in terra, con la contemplazione e l'esaltazione dell'amore immenso che ne è all'origine, « mistero in cui gli Angeli bramano di fissare il loro sguardo », come dice S. Pietro.
In terra, dove Gesù è segno di contraddizione, continua senza fine la testimonianza dei suoi fedeli, talvolta spinta fino all'effusione del sangue, e un'incessante opera di contemplazione e di studio approfondisce, sviluppa e diffonde la conoscenza del mistero di Gesù, che brilla di luce sempre più viva nella Chiesa e davanti alle nazioni.
Fino alla fine del mondo gli uomini contempleranno stupiti l'insondabile abisso della misericordia divina, rivelata nell'annientamento e nelle atroci sofferenze del Figlio di Dio e il corrispondente abisso della malizia del peccato, che suscita in Dio tanta avversione e tale esigenza di riparazione.
Ma è soprattutto in cielo che Gesù è glorificato e dove la sua passione è al centro di quella ineffabile liturgia celeste di cui l'Apocalisse riporta qualche nota: « udii la voce di molti Angeli intorno al trono … e il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia, che dicevano a gran voce: l'Agnello che è stato sgozzato è degno di ricevere la potenza, la ricchezza, la sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la lode.
E tutte le creature che sono in cielo e sopra la terra e sotto la terra e sul mare, quante ve ne sono, le sentii che dicevano: A Dio che è assise sul trono e all'Agnello sia lode, onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli ». ( Ap 5,9-13 )
È a questo immenso coro, presieduto dalla SS. Vergine Maria, corredentrice e mediatrice universale, che Fra Leopoldo si unisce e invita ad unirsi con la sua "devozione".
S. Giovanni dice esplicitamente nel suo Vangelo che Gesù risorto conservò nel suo corpo i segni della crocifissione.
All'incredulo Tommaso che diceva: « Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il mio dito nel posto dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò »
Gesù rivolge l'invito: « Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani.
Avvicina la tua mano e mettila nel mio costato, e non essere incredulo, ma credente ».
S. Luca non accenna ai segni della passione sul corpo di Gesù risorto, ma dice che agli Apostoli, sbigottiti di rivederlo vivo e che non potevano credere ai loro occhi Gesù; mostrò le mani e i piedi quale segno inconfondibile di riconoscimento.
Evidentemente quelle membra dovevano conservare le tracce della crocifissione.
Dal Calvario in poi Gesù non è più soltanto il Verbo di Dio che si fece carne e si attendò tra noi, ma la vittima del sacrificio di redenzione o, come lo chiamano S. Pietro e S. Giovanni Evangelista, l' « Agnello di Dio che prende su di sé i peccati del mondo » e li espia con il suo olocausto.
Il Crocifisso è la rivelazione piena di Gesù e i segni indelebili della passione che Gesù conserva nelle sue membra sono il suo distintivo più eloquente e più glorioso, la croce il suo vessillo.
Questi segni sono come un incessante grido di invocazione che sale al Padre per la salvezza degli uomini e un appello all'amore rivolto agli uomini stessi: il Padre alla vista di quelle piaghe moltiplica le sue misericordie, e gli uomini, considerando questo eccesso di amore rimangono inteneriti, secondo la predizione di Gesù stesso: « Quando sarò innalzato da terra trarrò tutto a me »
Che cos'è la Messa se non il memoriale perenne della passione di Gesù e l'applicazione dei suoi frutti alle anime nostre?
In modo particolare e solenne questo risalta nella liturgia del Venerdì Santo, con la lettura del Passio, l'adorazione della croce, la preghiera universale, il bacio del Crocifisso e poi al Sabato Santo con la celebrazione della risurrezione di Gesù, la rigenerazione delle anime nel Battesimo, ecc.
Cristo che porta la croce ( Sodoma ) Monteoliveto Maggiore
La « devozione » di Fra Leopoldo è come una eco della settimana santa e della Messa quotidiana.
È un invito a meditare assiduamente la passione dì Gesù, a rileggerne spesso il racconto evangelico, a guardare con spirito di fede le cose del mondo.
Tutta la Chiesa vi è presente: la Chiesa militante, con le sue necessità e i suoi pericoli, la Chiesa purgante, con le sue implorazioni, la Chiesa trionfante, con Maria SS.ma regina e tutta la corte celeste, attorno al Salvatore.
In questa visione di insieme, del passato ( la passione di Gesù ), del presente ( la vita dell'uomo viatore ) e del futuro ( la vita eterna ) l'orante si unisce alla liturgia del Cielo per adorare il Verbo di Dio fatto uomo e immolato per la nostra salvezza, e per implorare « con Maria SS.ma, con tutti gli Angeli e i Beati del Cielo » le grazie di applicazione del sacrificio della croce.
Le domande che Fra Leopoldo rivolge al Signore riguardano la Chiesa universale e i suoi fondamentali interessi.
Fra Leopoldo stesso narra che il suo primo pensiero fu per il Papa, vicario di Gesù Cristo.
Nella prima edizione della preghiera, infatti, la prima domanda ( alla piaga della mano destra ) era quella di « liberare il Sommo Pontefice dai suoi nemici e che oggi tutti i sacerdoti del mondo celebrino santamente ».
Questa formula, che sembra dettata proprio dalle necessità di oggi, era assai migliore di quella generica attuale ed esprimeva meglio i sentimenti più genuini ed autentici del cattolico, il quale sa che « dove è Pietro ivi è la Chiesa e che senza il Papa non c'è la Chiesa di Cristo.
Quei teologi presuntuosi che avversano il Papa non sanno quello che si fanno e potrebbero imparare da Fra Leopoldo, umile e illetterato, la vera scienza di Gesù Cristo.
Nella preghiera di Fra Leopoldo non c'è nulla di trionfalistico, ma solo il desiderio che si affermi la verità, la santità, la carità, il regno di Dio.
La seconda domanda di Fra Leopoldo ( alla piaga della mano sinistra ) è di tale importanza che riassume tutti i richiami rivolti da Dio agli uomini per mezzo dei suoi inviti di tutti i tempi e rappresenta lo sforzo fondamentale di tutta la Chiesa militante: convertirsi dal male e fare il bene.
Esso impegna tutti, perché tutti ci chiamiamo e siamo peccatori, e dura tutta la vita.
È un'attività continua per guarire dalla malattia del peccato, per purificarsi dalle sue sozzure, per liberarsi dalle sue tenebre e dalla sua servitù.
Chi si credesse esonerato da questo sforzo peccherebbe contro lo Spirito Santo.
Purtroppo l'ondata del male è così grande che sembra sommergere il mondo e si direbbe che si aggrava sempre più.
La conversione è opera personale, con l'aiuto della grazia, ma è anche opera collettiva, per la solidarietà che lega tutte le membra del corpo di Cristo e perciò la preghiera è di grande importanza e tutti i cristiani dovrebbero essere impegnati in questa preghiera.
Proviamoci ad immaginare come sarebbe il mondo se tutti gli uomini si convenissero sinceramente a Dio: ritornerebbe il paradiso terrestre.
Ma soprattutto sarebbe la più grande consolazione di Gesù, che, appunto, è morto per la salvezza dei peccatori, ma che non li può salvare se essi non lo vogliono.
Oh se Egli potesse dire a ciascuno, come al buon ladrone in croce: « oggi sarai con me in Paradiso ».
La terza domanda riguarda i consacrati.
Anche qui l'espressione di F. L. fu cambiata, ma non in meglio.
Comunque il concetto essenziale è rimasto e riguarda tutti coloro che una vocazione speciale ha chiamato alla vita perfetta.
Dalla loro fedeltà alla grazia ricevuta dipende la vitalità e il tono di tutta la Chiesa.
Quando in essi c'è fervore e fioritura di vita spirituale tutta la Chiesa è un rigoglio, e quando essi sono in decadenza è tutta la Chiesa che si immiserisce.
Essi sono il vanto del cristianesimo e in cielo è riservato per loro un premio speciale.
Gesù stesso ha esortato a pregare perché il Padre mandi molti operai nella sua messe.
La preghiera di F. L. è formulata in modo che fa pensare non solo ad un fiorire in generale della vita dei consacrati, ma alla richiesta di eroi della santità, di quelli che saranno canonizzati dalla Chiesa o che ne sarebbero degni, di quegli uomini e donne che fanno epoca, che producono grandi movimenti di santità e di rigenerazione.
La Chiesa ne ha bisogno, perché tutto ciò che è umano tende a esaurirsi ed ha bisogno di continue riprese.
Anche qui appare la grandiosità della concezione leopoldiana.
Nella quarta domanda si ricordano le anime del purgatorio, le quali attendono il suffragio della Chiesa militante, con la quale sono in comunione e per la quale pregano incessantemente.
Una preghiera cattolica non può certo dimenticarle, come non le dimentica la Chiesa nella sua liturgia, tanto della messa che dell'Ufficio divino.
Nell'adorazione della piaga del S. Costato la preghiera di F. L. si fa più intima e ricorda coloro che gli sono più vicini.
Nella prima edizione si raccomandavano « coloro che sperano in questa devozione ».
Nelle successive l'espressione divenne più generica.
Dapprima si pregava per « l'angelo della Diocesi », « il Pastore della Diocesi » e « tutte quelle persone che si raccomandano alle nostre preghiere » finché rimase soltanto questa ultima fase.
A questo punto F. L. che durante tutta l'adorazione non aveva chiesto nulla per sé, domanda a Gesù, con frasi brevissime, ma espressive, di aver parte ai frutti della sua passione, con la santità della vita, con una santa morte e con l'ammissione al paradiso.
Per queste cose, appunto, per concederle a tutti gli uomini, Gesù ha sofferto la sua passione.
La divozione alla passione di Gesù Cristo è la divozione di tutte le divozioni, la più utile, la più tenera, la più cara a Dio, quella che più consola i peccatori, che più infiamma d'amore.
E donde mai riceviamo noi tanti beni se non dalla passione di Gesù Cristo?
Donde abbiamo noi la speranza del perdono, la fortezza contro le tentazioni, la confidenza di andare al Paradiso?
Donde tanti lumi di verità tante chiamate amorose, tante spinte a mutar vita, tanti desideri di darci a Dio, se non dalla passione di Gesù Cristo?
Troppo dunque aveva ragione l'Apostolo di chiamare scomunicato chi non ama Gesù Cristo.
S. Alfonso