Laici e santità

B125-A5

Federico Ozanam

« Io credo che non c'è peggior cosa che rendere insipido il Cristianesimo col domandargli solamente bellezze dolci e lusinghiere alla nostra mollezza.

Credo anzi che molti giovani si sono perduti perché fu data loro un'educazione religiosa troppo molle e non furono preparati ne alle lotte ne ai sacrifici che li attendevano » ( da una lettera ).

Maggio 1833. Parigi: otto giovani studenti, dei quali uno solo aveva più di 20 anni, si riuniscono presso il Prof. Joseph Enimanuel Bailly de Surcy, nella sala di redazione della Tribuna Cattolica in rue Saint Sulpice, per la prima Conferenza di S. Vincenzo.

Una precedente « Conferenza di Storia » era nata tra gli stessi studenti per l'affermazione e la difesa dei principi cristiani nel mondo scristianizzato della cultura parigina.

Tra i giovani sono: Auguste Le Taillandier, Félix Clave, Francesco Devaux, Paul Lumache, Federico Ozanam.

Testimonianze degli stessi giovani ci rivelano che già fin dall'inizio Federico Ozanam è considerato il vero fondatore delle Conferenze di S. Vincenzo: « Se è vero che la Società di S. Vincenzo de' Paoli fu fondata da parecchi, non meno vero è che Federico Ozanam ebbe una azione preponderante e decisiva in questa creazione.

Fu lui che con Le Taillandier concepì l'idea di una riunione, i cui membri dovessero unire opere di carità alla fede pratica: lui che decise con la sua iniziativa la maggior parte dei membri a questo atto di abnegazione verso i poveri » ( Gazzetta di Lione - 25 marzo 1856 - a firma di 14 membri della primitiva Conferenza di Parigi ).

In un discorso a Firenze il 50 gennaio 1853, per la fondazione della prima Conferenza in Italia, Federico Ozanam rievoca quell'incontro: « In quel tempo un numero indefinito di principi filosofici eterodossi si agitava intorno a noi e noi sentivamo il desiderio e il bisogno di mantenere la nostra fede in mezzo agli attacchi che le muovevano le diverse scuole dei falsi sapienti.

Alcuni dei nostri giovani cattolici erano materialisti, altri sansimoniani, alcuni furieristi, altri deisti.

Quando noi cattolici tentavamo di ricordare a questi infelici le meraviglie del Cristianesimo, essi dicevano tutti: « Avete ragione se parlate del passato: il Cristianesimo ha fatto prodigi, ma oggi il Cristianesimo è morto.

E infatti voi stessi che vi vantate cattolici, che fate voi?

Dove sono le opere che vi dimostrino tali e che valgano a far rispettare la vostra credenza?

In verità noi pensiamo che in questo rimprovero vi era purtroppo del vero, perché noi non facevamo nulla.

Fu allora che noi dicemmo a noi stessi: Ebbene, operiamo!

Facciamo qualche cosa che sia consentaneo alla nostra fede.

Ma che faremo noi? che potremo fare per essere veramente cattolici, se non adoperarci in quello che più piace a Dio?

Soccorriamo dunque il nostro prossimo, come faceva Gesù Cristo, e mettiamo la nostra fede sotto l'ombra della carità.

In questo pensiero ci riunimmo noi otto! »,

L'esperienza di un anno della Conferenza di Storia con tante discussioni aveva indotto il ventenne Ozanam ad un esame di coscienza: Dopo un anno di fatiche e di combattimenti, qual bene hanno prodotto queste conferenze?

A prezzo di tante pene e di tanti sacrifici abbiamo fatto una sola conquista a Gesù Cristo?

Se il nostro sforzo è senza successo non dipende forse da qualche cosa che manca all'efficacia soprannaturale della nostra parola?

Sì, perché il nostro apostolato sia benedetto da Dio, una cosa gli manca: le opere di carità.

La benedizione dei poveri è la benedizione di Dio! ».

La trasformazione inizia con il Veni Creator intonato dal Prof. Bailly che apre la seduta con queste parole: « Se veramente voi volete essere utili ai poveri e a voi stessi, fate che la vostra carità non sia solo un'opera di beneficenza ma anche di moralizzazione e di cristianizzazione.

Santificate voi stessi con la considerazione di Gesù Cristo sofferente nella persona del povero ».

Poi parla Federico: « Unendoci in una organizzazione formale potremo sostenerci l'un l'altro.

Lavorando insieme nel tentativo di alleviare povertà e miseria, perché purtroppo nessuno se non Dio, può pensare di eliminarle, ci sentiremo più vicini al Signore, e arricchiremo le nostre anime, perché se quei poveri che abbiamo visitato a Saint Marceaux potevano essere uguali a noi nel dolore e nella malattia, erano spesso superiori a noi in virtù.

Per di più una vera società potrà meglio organizzare gli impulsi generosi e rendere più efficaci i personali contributi di carità e sarà una silenziosa ed umile testimonianza della fede che è in noi ».

Segue subito la prima colletta anonima e la proposta di affidare a S. Vincenzo de' Paoli, che di poveri se ne intendeva, la neonata Conferenza.

Risuonano in questi brevi cenni dei primi passi delle Conferenze di S. Vincenzo alcune voci che possono far meditare anche i giovani cristiani del nostro tempo: « Voi, che vi vantate cattolici che fate voi? Dove sono le opere che vi dimostrino tali? …

Dopo un anno di fatiche e di combattimenti, qual bene hanno prodotto queste conferenze ( discussioni apologetiche )?

Fate che la vostra carità non sia solo un'opera di beneficenza ma anche di moralizzazione e di cristianizzazione.

Santificate voi stessi con la considerazione di Gesù Cristo nella persona del povero … ».

C'è tutto un programma per chi vuoi vivere il proprio Cristianesimo!

Antonio Federico Ozanam nasce a Milano il 23 aprile 1815 e muore a Marsiglia l'8 settembre 1853; 40 anni!

Una vita breve spesa per due grandi passioni: l'amore della verità e la carità verso i poveri: su di esse fonda la sua fede cattolica.

Apparentemente la sua vita si svolge su una falsariga comune: figlio devoto, studente diligente, professore Universitario competente, sposo e padre amoroso.

Molto lavoro, molte amicizie, i casi soliti di tante vite.

E tutto in tempi simili ai nostri: povertà e ricchezza mal distribuite, scontenti, disordini, contestazione di studenti, laicismo dilagante.

Federico matura la sua posizione di fronte a tali realtà: si fa apologeta per dimostrare la veridicità del Cristianesimo, si fa « Buon Samaritano » perché comprende che la carità è tutto il Cristianesimo.

I genitori Jean Anfoine Ozanam e Maria Nantas sono originari di Lione.

Il papà, soldato sotto il generale Bonaparte, merita a 25 anni il grado di capitano.

Ma nel 1804 ha un rovescio di fortuna ed è costretto ad abbandonare le armi e anche la città di Lione con la famiglia per trasferirsi a Milano dove studia medicina all'Università di Pavia e vi si laurea.

A Milano, in via S. Pietro dell'Orto, quinto dei figli, nasce Federico.

Tre anni dopo la sua nascita, la famiglia ritorna a Lione dove il padre esercita la professione di medico coadiuvato dalla moglie che alle cure dei figli unisce la missione di infermiera.

A 9 anni entra al Collegio Reale di Lione e ne esce a 16 riportando il primo premio in tutte le materie e con una fede già provata dalle torture del dubbio ma fortificata nella ricerca, nella riflessione, nello studio, nella preghiera.

Così ne parlerà lui stesso più tardi: « In mezzo a un secolo di scetticismo, Dio mi ha fatto la grazia di nascere nella fede, egli mi pose sulle ginocchio di un padre cristiano e d'una santa madre.

Mi diede per prima educatrice una sorella intelligente, pia come gli Angeli cui si è ricongiunta.

Più tardi, i rumori di un mondo incredulo giunsero fino a me.

lo conobbi tutto l'orrore di questi dubbi che corrodono il cuore durante il giorno e che si trovano la notte sul capezzale bagnato di lacrime: l'incertezza del mio destino eterno non mi lasciava riposo, io mi attaccavo con disperazione ai sacri dogmi e mi pareva sentirli infrangere sotto le mie mani.

Fu allora che l'insegnamento di un sacerdote filosofo mi salvò: egli mise nei miei pensieri l'ordine e la luce ( era l'abate Noirot ).

Io credetti con una fede sicura e commossa: per un beneficio così raro promisi a Dio di consacrare la mia vita al servizio di quella verità che mi donava la pace.

L'uomo intero era impegnato nella lotta: spirito, cuore, volontà.

Lo spirito subisce il dubbio; il cuore protesta, la volontà resiste.

È la grande sofferenza umana ma è anche la grande prova divina che provoca la splendente testimonianza dell'amore ».

Ottenuto a 16 anni il « baccalaureato » in lettere inizia quell'azione di difesa del Cristianesimo che diverrà scopo della sua vita.

La battaglia la incontra subito nel lavoro a cui lo indirizza il padre che lo vuole avviato alla carriera giuridica.

La sua passione per gli studi letterari lo portano a dedicarsi anche allo studio del tedesco, inglese, ebraico, sanscrito e ad iscriversi ad una scuola d'arte.

Intanto scrive articoli apologetici per giornali e riviste locali e pubblica un primo opuscolo frutto delle sue ricerche: « Riflessioni sulla dottrina di Saint Simon ».

Il diciottenne Ozanam riceve lusinghiere lettere di compiacimento dal grande poeta romantico Alfonso de Lamartine e dal grande scrittore Rene Chateaubriand.

Con studio serio, ampio e profondo si prepara a lavorare affinché « il cattolicesimo ricco di giovinezza e di forza si innalzi improvvisamente sul mondo e si ponga alla testa del secolo che rinasce per condurlo alla civiltà e alla gioia ».

Il padre ne intuisce le capacità e decide di mandarlo a Parigi dove si iscrive alla Scuola di Legge e ai corsi di letteratura, storia, filosofia al Collegio di Francia e alla Sorbona.

È ospite, accolto come un figlio, in casa del più grande matematico e fisico di Francia, Andre Maria Ampère, che lo incoraggia e lo sostiene.

Anche Chateaubriand continua ad interessarsi di lui che, nell'ambiente ostile della Sorbona, ha iniziato coraggiosamente e con riconosciuta competenza la difesa del Cristianesimo.

È tale la sua franchezza, la sua ampia cultura e la convinzione con cui conduce la lotta che ottiene più volte pubblici riconoscimenti anche da professori apertamente contrari.

Attorno a lui si forma un gruppo di fedelissimi che ne condividono gli ideali: un vero movimento studentesco per la difesa religiosa contro l'irreligiosità audace e trionfante della stampa e della scuola.

In questo fervore di attività si inserisce la decisiva apertura all'azione caritativa del gruppo, in seguito allo stimolo degli avversari e all'incontro con la miseria di Parigi e con Suor Rosalia, Figlia della Carità di S. Vincenzo, che opera tra i rifiutati dalla società, mossa dal principio che « l'amore è il primo e più importante dono che il povero vuole da noi … ».

Federico e amici alternano il tempo nello studio apologetico e nelle visite ai poveri specialmente durante il colera asiatico che colpisce Parigi.

L'impegno apologetico, per iniziativa di Ozanam, porterà alle famose conferenze dal pulpito di Notre Dame, tenute per il primo anno dal domenicano Padre Lacordaire, amico e consigliere di Federico.

L'impegno caritativo a cui aderiscono nuovi soci, dilagherà presto da Parigi, per la Francia, l'Europa, il mondo in migliaio di Società di S. Vincenzo de' Paoli.

Federico alterna la permanenza a Parigi con brevi periodi a Lione per restare accanto ai genitori a cui è legatissimo.

Con essi compie un primo viaggio in Italia da cui torna con l'animo colmo di gioia per l'udienza privata di papa Gregario XVI e con la mente ricca di memorie storiche, letterarie, artistiche che tanto lo appassionano.

Il 30 aprile 1834, a 23 anni, discute brillantemente le due tesi in diritto romano e in diritto francese: finalmente è avvocato!

Ma il suo animo è sempre teso allo studio della letteratura.

Torna a Lione ed inizia l'attività forense con lusinghieri risultati.

Nell'aprile del 1837 ritorna a Parigi: vuoi prepararsi al dottorato in lettere.

Ma gli giunge la triste notizia che il padre è morto tragicamente a causa di una caduta: parte subito ma non lo vede più!

Si butta anima e corpo alla tesi in lettere: « Dante e la filosofia cattolica del XIII secolo » che discute nell'autunno del 1838.

« Più che un successo è stata una rivelazione » commentò Padre Lacordaire.

Gli giungono varie notevoli proposte: per restare accanto alla mamma sofferente sceglie la cattedra di Diritto a Lione.

Il 4 ottobre 1838 anche la mamma si spegne serenamente.

Così si sfoga: « Vi sono dei momenti in cui la fede pare se ne vada con colei che ne fu per me l'interprete e che io dimori solo nel mio niente.

Chiedete al Signore che mi invii come ai suoi discepoli orfani lo spirito che consola, il Paraclito! ».

È stordito, smarrito, brancola nel buio: « Mi dibatto in una dolorosa incertezza, non so più che cosa fare … » e improvvisamente gli si presenta il problema della scelta del suo futuro: in un chiostro o nel mondo?

« Tra i Domenicani … » gli suggerisce velatamente Padre Lacordaire nelle sue lettere.

Ma Federico attende e vive nel ricordo e nella presenza della madre « che accompagna la sua preghiera, specie la sera, ai piedi del Crocifisso ».

Il 16 dicembre 1839 il Professar Federico Ozanam inaugura il corso di Diritto commerciale all'Università di Lione.

Ma dopo un anno gli si presenta una nuova prospettiva: la cattedra di lettere straniere alla Sorbona: vi è invitato dal Rettore e dal Ministro dell'istruzione.

Partecipa al concorso e ne esce vittorioso.

È sorto frattanto nel suo animo un delicato sentimento per una fanciulla di gran talento e di rara sensibilità, Amelia Soulacroix.

Così ne da notizia all'amico Lallier: « Caro amico, la crudele questione della mia vocazione, così incerta per lungo tempo si è di colpo decisa.

Dopo sei settimane colme di grandi avvenimenti devo tornare a Parigi per debuttare sulla pericolosa scena della Sorbona.

Ma nello stesso tempo la Provvidenza sembra volermi donare un angelo custode per consolare la mia solitudine. Ricorro alle tue preghiere ».

Nel gennaio del 1841 sale la cattedra della Sorbona e il 22 giugno nella chiesa di St. Nizier a Lione sposa Maria Amelia Soulacroix di 21 anni: celebra il fratello, l'abate Alfonso Ozanam.

Il viaggio di nozze li porta a Roma dove papa Gregario XVI li riceve in cordiale udienza privata, poi tornano a Parigi in Rue de Fleurus.

Del suo lavoro di docente rimangono varie pubblicazioni: « Preparava le lezioni come un benedettino, le « pronunciava come un oratore » così scrisse il figlio di Ampère.

Tratta gli allievi da uomini, riponendo in essi la massima fiducia, ed è sempre disponibile.

La sua influenza sulla vita spirituale degli allievi è in gran parte indiretta, ma non per questo meno efficace: la competenza, l'aperta professione di fede, la testimonianza di vita ne sono i mezzi.

Un suo allievo diventato illustre, Ernest Renan, disse di lui: « Non esco mai dalla sua lezione senza sentirmi più forte, più deciso a grandi cose, più coraggioso e più agile, più pronto alla conquista dell'avvenire ».

Mantiene il suo indomito spirito battagliero: la aperta lealtà e la vasta sicura cultura se sono sostegno a chi pur convinto è più vacillante, sono valida testimonianza per chi gli è contrario: « Ho la fortuna di essere cristiano e di credere, e ho anche l'ambizione di mettere la mia anima, il mio cuore e tutte le mie forze a servizio della verità » così dichiara apertamente dalla cattedra.

Ha una intensa attività: lezioni alla Sorbona, al Collegio Stanislao, pubblica articoli e libri, mantiene una fitta corrispondenza, si dedica al Circolo Cattolico e alle Conferenze di S. Vincenzo, fa visite ai poveri e tiene ritiri preparatori alla Comunione per giovani.

Il 4 maggio 1845 è fatto Cavaliere della Legion d'Onore, la massima onorificenza francese.

Ma gioia ben maggiore giunge il 7 agosto dello stesso anno: nasce Maria, così chiamata « dal dolce nome di mia madre e anche per un omaggio alla celeste Patrona alla quale attribuiamo il merito di questa nascita felice » così scrive ad un amico.

Per ragioni di studio ritorna in Italia, con la moglie e la figlia: si ferma per 5 mesi: si interessa delle Conferenze di S. Vincenzo che sorgono numerose e di esse parla con il neo-eletto Pontefice Pio IX che lo riceve in udienza privata: ne riceve parole di apprezzamento e di incoraggiamento.

Tornato a Parigi è coinvolto nell'azione politica in un paese in cui, rovesciato il Re, si instaura la seconda Repubblica ed entra nella Guardia Nazionale.

Nella lotta sulle barricate lo stesso Arcivescovo di Parigi Mons. Affre che vi si è recato per una azione di pace, cade colpito a morte.

In questo clima di lotta civile e di estrema miseria a cui si aggiunge un'epidemia di colera, la Conferenza di S. Vincenzo è mobilitata per soccorrere miserie, per placare violenze, per recare conforto spirituale.

Federico vi si dedica e continua anche nell'azione di pace attraverso le pagine del giornale L'Ere Nouvelle da lui fondato con alcuni amici.

L'eccessivo lavoro incide su una salute già minata: si alternano periodi di ripresa, dopo cure e riposo, a periodi di estrema debolezza.

La diagnosi è purtroppo certa: tubercolosi.

Ancora un viaggio a Londra e in Italia per studio e per le Conferenze ormai sorte numerose.

Riceve la nomina a membro dell'Accademia della Crusca ed entra come terziario nell'Ordine Francescano.

Il 23 aprile 1853 è a Pisa: compie 40 anni e scrive: « So che ho compiuto oggi il mio quarantesimo anno, più della metà del cammino della mia vita.

So che ho una donna giovane amata, una deliziosa bambina, degli eccellenti fratelli, una seconda madre, molti amici, un'onorevole carriera, dei lavori giunti al punto preciso da poter servire come fondamento a un'opera lungamente sognata.

Ed ecco un male grave, caparbio e pericoloso mi ha preso …

Se voi mi chiamate, Signore, non ho il diritto di lagnarmi.

Voi mi avete dato quarant'anni di vita.

Che i miei cari non si dolgano se non volete compiere oggi un miracolo per guarirmi … » e scrive quel giorno il suo testamento spirituale.

Trascorre un breve periodo al mare in Francia e poi ad Antignano presso Livorno.

Sentendosi venir meno, il 31 agosto 1853 parte per Marsiglia, ospite in casa di parenti e non si alza più.

L'8 settembre, festa della Natività di Maria è un giorno tranquillo.

Verso sera comincia a respirare con fatica.

A un tratto apre gli occhi, solleva le broccia, grida: « Mio Dio! Mio Dio! Abbiate pietà di me! ».

Alle otto meno dieci trae un lungo sospiro: è la fine.

Viene sepolto nella cripta della storica chiesa dei Carmelitani a Parigi in rue de Vaugirard.

Il 12 gennaio 1954 il Card. Cicognani firma a Roma il Decreto per la Causa di Beatificazione del Servo di Dio Federico Ozanam, laico.

Testimone del Vangelo nel mondo con la parola, gli scritti, ma soprattutto con la vita e le opere, ha realizzato nella sua vita di laico, sposo e padre, quanto è scritto sulla lapide del suo sepolcro: « Fu conquistatore di giovani per la milizia di Cristo, fu protagonista nella costituzione della Società di S. Vincenzo de Paoli ».

Nel breve arco di 40 anni, vissuti intensamente, ha messo le sue eccezionali doti di intelligenza e di cuore a servizio della verità e della carità, teso ad un unico ideale: « cercare le occasioni per annunziare Cristo sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli ed indurii ad una vita più fervente … vivificare la propria vita con la carità ed esprimerla con le opere » ( A.A. 6-16 ).

Questo l'impegno affidato dal Concilio Vaticano II ai laici: Federico Ozanam l'ha realizzato cento anni prima.

Fr. Gustavo Luigi.