Cel. 30° Anniversario della morte di Fratel Teodoreto |
B232-A8
Anche quest'anno non vogliamo lasciare passare la data dell'anniversario del transito del nostro Servo di Dio Fratel Teodoreto senza riunirci, parlare di Lui, ricordarlo e pregare con Lui.
Quest'anno è il trentesimo anniversario della sua morte, avvenuta il 13 di maggio del 1954.
Sono passati trent'anni, ma il suo ricordo non solo non si è cancellato, ne attutito, ma è un ricordo che sempre di più si imprime nella nostra mente e nel nostro cuore.
Soprattutto chi è impegnato più da vicino nell'azione educativa dei giovani, sente l'importanza crescente di questa figura.
Qui vogliamo semplicemente ricavare alcuni pensieri che ci possano aiutare nel nostro cammino.
Certamente un primo pensiero che viene facilmente, pensando a Fratel Teodoreto, è quello del suo spirito di fede.
Fu effettivamente un uomo di fede, credette veramente fino in fondo.
La Sacra Scrittura, la Parola di Dio era davvero il riferimento costante per tutta la sua vita, sia nelle sue linee generali, sia per le scelte in particolare.
Non ricordo nulla che in qualche modo non fosse riconducibile ad un atteggiamento di fede.
Gli proponevamo tante cose, affaccendati come eravamo con la Casa di Carità, con l'apostolato nelle Parrocchie, tanti problemi anche di travaglio della società, problemi enormi, in cui eravamo tutti coinvolti, anche sul piano personale; ebbene, la sua calma, la sua serenità era motivata da una visione profonda di fede.
Lui leggeva tutto alla luce della fede, sceglieva le cose avendo sempre la mira a Dio, qualunque cosa dicesse, qualunque consiglio desse, qualunque scelta facesse: prendeva effettivamente dalle mani di Dio tutto ciò che capitava.
Ricordo un particolare: nel 1951 il bilancio della Casa di Carità era di 7 milioni e mezzo, tra corsi diurni, serali, preserali.
Allora c'erano anche i corsi festivi, ma tutti gratuiti.
Nel bilancio di 7 milioni e mezzo c'erano oltre tre milioni e mezzo di passivo.
Noi avevamo veramente l'idea che così non si poteva più andare avanti, una situazione di questo genere era insostenibile, e qualcuno di noi, durante una riunione a cui era presente anche Fratel Teodoreto, credendo di fare una cosa buona, avanzò l'idea di far pagare qualche cosa dagli allievi.
Fu subito osservato che, tra le altre cose il far pagare avrebbe ridotto ancora ulteriormente il numero degli allievi dei corsi diurni, che in quei tempi, era già esiguo anche perché la scuola non dava un diploma, ma semplicemente un attestato di qualifica ( allora c'era ancora il culto del pezzo di carta ).
Il Fratel Teodoreto, sentiti questi discorsi, concluse che non si sarebbe dovuto far pagare assolutamente nulla, in quanto la professione, un mestiere, doveva essere concepito come il livello conclusivo di una formazione organizzata, quindi era un diritto, una necessità, un'esigenza di tutti i giovani quella di potersi affacciare alla vita, con in mano qualcosa per poter andare a lavorare.
Quindi non era d'accordo sul fatto che si facesse pagare nemmeno poco.
Anzi ci consigliò addirittura di darci da fare per cercare dei soldi e poter pagare gli allievi perché potessero venire a scuola.
Questo è l'uomo di fede Fratel Teodoreto.
Fratel Teodoreto era entrato nell'Istituto dei Fratelli nel 1887, a sedici anni.
Il padre lo avrebbe voluto sacerdote, ma lui si era innamorato dell'ideale del Fratello delle Scuole Cristiane, proprio perché lui stesso aveva provato ed era nella condizione di capire come era importante imparare e far imparare a leggere e scrivere e a far di conto.
La scelta di diventare Fratello delle Scuole Cristiane fu una scelta rispetto alla quale non ebbe mai dubbi, né tentennamenti, né perplessità e fu Fratello fino in fondo, non fece altro che il Fratello per tutta la vita, anche se giunse a fondare Opere come l'Unione Catechisti, come la Casa di Carità Arti e Mestieri.
Nel 1906 il Fratel Teodoreto venne mandato a Lembecq-lez-Hall, nel Belgio, a fare il suo secondo Noviziato, un periodo di preparazione riservato ai religiosi destinati a ricevere poi delle incombenze maggiori, delle responsabilità nell'Istituto.
L'obbiettivo del Secondo Noviziato era la formazione dei Fratelli, dal punto di vista apostolico e tra l'altro affrontava il problema della perseveranza nel mondo e nella Chiesa dei giovani allievi ed ex allievi educati dalla scuola cristiana.
Il problema si presentava urgentemente, drammaticamente, proprio a seguito dei provvedimenti presi dalle leggi laiciste contro le scuole dei religiosi.
Fratel Teodoreto concluse con il proposito di formare « una associazione di giovani veramente buoni, per aiutarli a vivere una vita intensamente cristiana nel mondo e per animarli all'apostolato catechistico e sociale ».
Questa è l'idea del 1906, espressa in termini molto semplici, ma per lui molto efficace.
Egli non operò subito questa fondazione, ma riflette assai, perché voleva fondare tutto non su motivi e su attrattive umane, ma sul fondamento di Cristo Signore, un'opera suscitata veramente da Dio, basata su un dono dello Spirito Santo.
E questa Opera nacque su due basi fondamentali: la prima è l'attrattiva di Gesù e di Gesù Crocifisso.
Il fondamento di quest'Opera è l'amore, il culto, la devozione e lo zelo verso Gesù Crocifisso contemplato nelle sue Piaghe sanguinanti e gloriose.
Ed è per questo che lui accettò l'Adorazione a Gesù Crocifisso e la diede poi ai giovani perché la diffondessero.
L'altra base è il fatto di aver scelto la denominazione di Catechisti.
Se c'è una cosa commovente oggi nella Chiesa, che da fiducia e da speranza da parte dei laici, è il fatto che anche nelle Parrocchie, nelle Diocesi, si nota un risveglio catechistico notevole.
I catechisti non sono mai celebrati, non sono mai ricordati.
Eppure la gran parte della preparazione dei piccoli alla vita sacramentale e dopo i Sacramenti, gli incontri che si fanno, sono dovuti, la stragrande maggioranza, a catechisti.
E se si toglie questo, non so che cosa rimane in fatto di annuncio, di educazione cristiana dei piccoli, dei giovani.
Ora, l'avere individuato, benché fosse già nella tradizione dell'Istituto, questa fisionomia del catechista come riassumente in sé tutto quello che possa raggiungere la perseveranza operata dall'educazione cristiana, perciò dalla scuola cristiana, è stato notevole.
L'essere catechisti non è soltanto una cosa di qualche anno e di qualche ora, come è adesso normalmente, perché tutti questi catechisti normalmente danno alcune ore, ed è già una cosa estremamente importante.
E, rarissimo che ci sia qualcuno che perseveri nella funzione di catechista, nella vita adulta.
Invece l'azione del Fratello Teodoreto è stata proprio quello: l'azione dello Spirito Santo attraverso Fratel Teodoreto, se vogliamo essere più autentici e più realisti, è stata quella di attuare una fisionomia di catechista che fosse, nella sua natura, nel suo essere, nel suo modo di vita, catechista, e non soltanto per le poche ore, sia pure importanti, di insegnamento catechistico, ma fino ad arrivare a concepire uno stato di vita catechistico, un Istituto Secolare di Catechisti.
L'importanza di questa centralità della figura di catechista, concepita in questo modo, è veramente un'idea luminosa ed importante, soprattutto in un periodo, come l'attuale, di forte scristianizzazione della società, della mentalità, del costume e tenuto conto anche delle difficoltà che seguiranno ( almeno così si teme ), al Concordato, per quello che riguarda la presenza della educazione nella scuola, che può darsi non ci sia più, in quanto volontaria la scelta della religione.
Quindi richiamare il mondo della scuola cristiana ad assumere veramente come punto di riferimento, come traguardo ideale, il movimento catechistico da alimentare come segno evidente che si lavora davvero anche nel concreto per il bene della Chiesa e per il bene della società, in quanto si tratta di laici che vivono e devono animare catechisticamente anche l'assolvimento dei loro compiti secolari, dei loro compiti mondani, economici, sociali, politici, culturali, ecc., questo è una cosa veramente enorme, una cosa quanto mai provvidenziale se si riflette sulle necessità, sui bisogni del mondo di oggi.
Tutti sappiamo che dal Fratello Teodoreto è venuta anche la Casa di Carità Arti e Mestieri, realizzata dai Catechisti assieme con lui.
Il titolo « Casa di Carità Arti e Mestieri » è un programma, non è soltanto un'etichetta esteriore, indica una realtà.
Adesso cominciamo a vedere più chiaro che cosa significa Casa di Carità Arti e Mestieri, cosa potrebbe, dovrebbe significare nel mondo di oggi, nella società di oggi.
Se c'è un momento in cui torna a riapparire l'importanza di una valorizzazione delle risorse umane, dell'elemento umano per l'avvenire della società è proprio oggi.
In questo momento di grande trambusto, di grande trasformazione viene sempre più in chiaro che il capitale principale, l'elemento fondamentale è l'elemento umano.
La sua preparazione, la sua capacità, la sua inventività, la sua disponibilità, la sua solidarietà, perché sia costruttivo, viene sempre più in evidenza: mai come oggi si è parlato di professionalità; se ne parla a livello sindacale, a livello politico, e si continuerà a parlarne ancora in seguito.
Il grosso problema dei giovani che si affacciano alla vita è quello della professione, dell'attività lavorativa, non più solo concepita come sorgente di denaro per poter vivere, per ricavare le risorse, ma modo d'essere nel lavoro, nel settore economico, nella società: modo d'essere, modo di concorrere ad una crescita globale della società.
Chi l'avrebbe mai pensato, nel 1919, eppure Fratel Teodoreto è stato subito pronto a raccogliere il messaggio di N. S. e a farlo suo, perché Fratello fino in fondo: « Per salvare le anime, per formare le nuove generazioni, si devono aprire le Case di Carità per far apprendere ai giovani le Arti e Mestieri ».
L'aver voluto coraggiosamente che si facesse un'opera chiamata Casa di Carità Arti e Mestieri è stata un'altra cosa grande da parte del Fratel Teodoreto.
E un'indicazione preziosa che poi si riversa su tutto ciò che in qualche modo si fa nel campo educativo e nel campo scolastico.
Ci dice che sostanzialmente occorre, per educare, fondamentalmente, occorre, da un lato agganciare tutto quello che si fa ai reali problemi della vita e della società, che l'educazione fin dagli inizi sia rapporto con la vita, con il mondo del lavoro, con la società, con i problemi del mondo, e dall'altra parte che questa educazione sia amore, avvenga nell'amore, nella solidarietà, su quel modello di amore che è Gesù Cristo, perché quello è il modello, la manifestazione dell'amore.
Queste sono indicazioni preziose, che ricaviamo, sia pure rapidamente, proprio nell'occasione dell'anniversario della morte del Fratel Teodoreto.
Una vita modesta, umile, anche se apparentemente monotona, può essere una vita grande, se come Fratel Teodoreto, è vissuta secondo la fede, in unione a Gesù, in amore con Gesù, per Gesù che è morto per noi.
É vissuta per testimoniare il suo amore, nell'ambiente dove viviamo secondo le esigenze e le richieste dell'ambiente.
È possibile una grande vita, una epopea eroica per tutti, anche se dobbiamo occuparci di cose estremamente modeste.
Noi siamo fatti tutti per delle grandi cose: le grandi cose che vengono dall'amore divino messo nei nostri cuori, da un lato.
E dall'altro la fiducia che il fermento che cambierà il mondo è ancora sempre e solo il Vangelo.
La fiducia che la base concreta, reale su cui la vita dei popoli e degli uomini può rinnovarsi ed è chiamata a rinnovarsi è quella.
Quindi bisogna andare avanti con questa fiducia, con fede, con spirito di fede, con zelo.
Impegnandoci anche a pregare per la canonizzazione del Fr. Teodoreto.
Ci dicono che il Processo di Beatificazione va abbastanza avanti.
Attendiamo e speriamo per il prossimo anno, il Decreto sulla eroicità delle virtù.
Comunque, questo nostro amico, questo nostro Padre, questo nostro Fratello teniamolo presente per la nostra vita personale, ricorriamo a lui sia per ricavarne un esempio, un insegnamento, e sia per impetrarne un'intercessione.
Se il Signore ce l'ha dato così vicino da essere il fondatore delle Opere da cui tanto abbiamo ricavato, la sua influenza non s'è interrotta con la morte, anzi in qualche modo potenziata.
Quindi abbiamolo come intercessore per tutti i nostri problemi di vita cristiana, di vita familiare, di rapporti con la società, di significato della nostra vita, di sopportazione di momenti di tribolazione particolari.
E preghiamo nel medesimo tempo per la sua Beatificazione.
Ne abbiamo bisogno noi, perché con la sua Beatificazione l'avremo sicuramente indicato come protettore, guida, ed esempio da parte dell'Autorità della Chiesa.