Un progetto educativo per la vita |
B233-A3
( seguito dal precedente numero: n, 3/1984 )
Ma in questa rassegna non può mancare la lezione di religione.
Non si consideri strano il ricordarla a questo proposito, dal momento che essa è intrinsecamente connessa ad un progetto di vita.
Il problema è che la religione, a mio avviso, deve essere nella scuola effettivamente incardinata nel piano di studi e nel progetto educativo per costituirne il coronamento.
Essa va quindi collegata ai principi fondamentali di ogni programma e delle singole materie.
La lezione di religione per geometri dovrebbe avere un taglio diverso da quella per i licei o per gli istituti tecnici, certo non per discriminare o per differenziare, quanto piuttosto per cogliere nella pienezza le specializzazioni dal punto di vista cristiano.
Ma è tempo di passare dalle considerazioni sul piano intellettivo, a quelle sul piano morale, sempre avendo riguardo alla formazione scolastica.
Il punto di partenza, anche qui, è sempre il medesimo testo di S. Giovanni: « Nel Verbo è la vita e la vita è la luce degli uomini », tenendo presente che in esso l'evangelista, pur riferendosi al principio ideale di verità, da cui abbiamo tratto le riflessioni esposte, va indubbiamente oltre, indicando la stessa vita divina.
Quindi se il discorso relativo ad un'idea è solo dell'ordine naturale, ancorché collegato alla vita, il discorso pieno, concernente la vita del Verbo in sé, appartiene all'ordine soprannaturale.
Anzi, alla vita per sé amata, che è lo Spirito Santo da cui viene la vita morale per il cristiano.
Dunque S. Giovanni parla di una luce compiuta, che santifica l'uomo e gli da la sua ultima perfezione soprannaturale.
Aggiungiamo che il Verbo incarnato.
Gesù Cristo, si dichiara la Vita, oltre che la Verità e la Via.
Non solo, ma Crocifisso ha dato la sua vita al Padre per noi, in offerta di amore, nel massimo miracolo da Lui compiuto, dato che, essendo la Vita, l'ha deposta nella natura umana, per poi risorgere.
E continua a donare la vita nell'Eucaristia, oltre che negli altri Sacramenti.
È alla pienezza della vita, che è Cristo Crocifisso e Risorto, che la scuola cattolica si deve ricollegare, nell'obiettivo teso non solo alla formazione intellettuale, ma anche a quella morale dell'allievo.
Una scuola per la vita non può non avere riguardo alla educazione morale del ragazzo, anche in questo ordine procedendo in primo luogo da ciò che essa scuola ha di specifico, cioè la formazione culturale e professionale.
Una cultura e una professionalità che procedano da un progetto educativo di vita, occorre a loro volta che conducano ad un'apertura alla vita.
La scuola cattolica pertanto deve proporre una cultura e una professionalità che siano apertura sulla totalità, e come tali espressione della persona e della sua socialità.
In particolare, la socialità è riferita alla professionalità perché il lavoro dell'uomo va visto in relazione al tutto e si riafferma il tutto operando e costruendo ogni cosa.
La professionalità è quindi lo strumento per svolgere nella vita il ruolo che si è chiamati da Dio, acquisendo in tal modo maggiore coscienza della propria dignità umana, e impegnandosi conseguentemente nella vita in un atteggiamento di servizio verso gli altri.
Vi è il superamento, anzi l'inversione di un itinerario per l'avvenire rivolto solo alla ricerca di un'occupazione redditizia.
Una visuale aperta alla vita forma il giovane a scoprire, anche nella professionalità, l'elemento dell'alterità, riferito sia a Dio che al prossimo, e pertanto dell'offerta di sé mediante la cultura e il lavoro, nella luce e nella vita che scaturiscono dal supremo offerente.
Gesù Crocifisso e Risorto.
Il giovane dotato di un abito morale aperto agli altri sin dalla sua professionalità, si atteggia a identica apertura anche di fronte al concepito, non solo, ma anche verso l'ospite inatteso, o il ragazzo traviato e, più in generale, verso la difficoltà e il dolore.
Ecco il ruolo veramente fondamentale che la scuola cattolica è chiamata a svolgere, per la formazione dei giovani e la riforma della società, perseverando nel servizio che le è proprio.
E tutto ciò è servizio alla vita, purché vi sia il riferimento al modello che è Cristo medesimo, e al codice di comportamento, che sono le beatitudini evangeliche, come ci ricorda il documento della Congregazione per l'educazione cattolica.
Per porre l'allievo nella possibilità di avere i diretti riferimenti a Cristo e al suo Vangelo, occorre che la scuola cattolica offra nel suo stesso ambito l'occasione di vivere il cristianesimo nella sua pienezza.
Il cristianesimo è vivere in Cristo, incorporandosi in Lui.
È quindi in primo luogo una realtà morale, che abbraccia tutto l'uomo, segnatamente la sua volontà.
È altresì una dottrina, che riguarda l'intelligenza e richiede conoscenza e studio.
La scuola cattolica deve quindi porsi come realtà di annuncio di Cristo, di sua presenza vitalizzante, di sua catechesi.
L'annuncio di Cristo deve avvenire, secondo l'orientamento costantemente dichiarato, non tralasciando collegamenti alla scuola e al piano di studi.
Gesù quindi va presentato come l'unico Maestro, come la Verità, come la Via, il cammino da percorrere per raggiungere la meta, e non solo finale, cioè Dio, ma ogni meta, tenendo presente quanto Gesù stesso ha affermato: Senza di me non potete fare nulla.
E anche questo itinerario ci riporta a Gesù Vita.
Perché viva in Cristo, il giovane deve avere la consapevolezza che in noi è Cristo che opera e il fedele con Lui, e ciò anche nelle azioni di tutti i giorni, purché da parte nostra non si oppongano le nostre inclinazioni al male, ma per contro ci si innesti gioiosamente e consapevolmente nella sua azione.
Questo è vita cristiana, e quindi vale anche per i ragazzi, che sono privilegiati nel Regno messianico.
Il germe di questa vita in Cristo è il suo carattere impresso nell'anima, ma lo sviluppo è la grazia santificante, alimentata attraverso la vita sacramentale.
Ecco quindi la necessità di un'espressa proposta di vita sacramentale, specialmente eucaristica, nella scuola.
Al riguardo non mi resta che fare rinvio a quanto già è stato proficuamente sviluppato nello scorso convegno, nella tematica su « Eucaristia e Maria, centro dinamico e modello nella scuola cattolica » specialmente nella relazione in cui era evidenziato come l'Eucaristia consenta che la scuola cattolica, pur restando una realtà di elaborazione della cultura, diventi sempre più una realtà educativa dell'uomo e del cristiano.
Una scuola cattolica perché sia viva educativamente deve dispensare il Pane di vita, che è Cristo.
Altrimenti da chi e dove si attingerà la vita?
Potrà risultare difficile oggi una proposta di vita eucaristica ai giovani.
Tale proposta non è forse stata per lo meno altrettanto difficile sin dal primo annuncio eucaristico, e da parte di Gesù stesso?
Lui però non ha disarmato a fronte delle defezioni degli astanti.
Ma il cristianesimo, come dicevamo, è anche dottrina, e lo sviluppo di tale dottrina nella scuola deve essere adeguato alle caratteristiche di questa, che è luogo di cultura.
Nella scuola cattolica, perché pulsi la vita, occorre che si svolga una catechesi, e una catechesi impegnata.
Una catechesi organica ed approfondita dovrebbe consentire il superamento delle difficoltà che travagliano tale settore, e che sovente pongono in crisi la lezione di religione.
Da un lato un insegnamento attento alle attese del giovane di oggi, un insegnamento incarnato, come si dice, dovrebbe attirare l'attenzione.
Dall'altro, una catechesi specializzata per il fatto di scaturire dalla scuola, e non solo di essere svolta in essa, dovrebbe fugare interferenze con altri luoghi di catechesi, pure necessari, come la parrocchia o i gruppi giovanili.
Circa le caratteristiche di questa catechesi, dovremmo ripercorrere il cammino tra i piani di studio e le materie, prima compiuto con riguardo agli aspetti intellettivi.
Mi limito a qualche accenno e in forma di immagine, per non appesantire troppo l'esposizione.
Un liceo si ponga come ideale ultimo di riferimento sul piano sapienziale, non Platone, o Virgilio, o Dante, ma, come già detto, l'unico Maestro, che è Cristo.
Un istituto tecnico dovrebbe ispirarsi nella sua ricerca e nella formazione scientifica, al Verbo di Dio, in cui il Padre ha contemplato e da cui ha astratto l'Esemplare del mondo.
Il Verbo di Dio, che nella sua vita terrena ha poi operato in un'arte meccanica, come fabbro.
La fisica, a sua volta, come scienza che aiuti a capire le prove « a posteriori », attraverso la natura e l'esperienza.
L'economia dovrebbe essere il luogo di transito di un itinerario che, trattando delle ricchezze terrene come doni di Dio, le sa considerare altresì con il distacco evangelico, che non è intessuto di odio, se mai di apprensione per quanto vi è di peccaminoso nell'uso smodato, distacco proprio di chi pone l'autentica ricchezza in Cristo.
Questo non significa disarmare l'economia, anzi se mai considerarla con uno zelo ben maggiore, perché motivato dal subordinarla non al tornaconto, ma al procacciamento di mezzi per il servizio dei fratelli, per risolvere gli urgenti problemi della fame, delle malattie, della disoccupazione.
Ed anche questa è una prospettiva eminentemente di vita.
L'insegnamento delle lingue, per riprendere gli esempi sopra esposti, dovrebbe far leva non già sulla divisione conseguente alla torre di Babele, ma sull'ecumenismo dell'annuncio evangelico o, se vogliamo, sul dono delle lingue per l'effusione dello Spirito Santo.
Possiamo trovare come sintesi in questo itinerario, quale modello supremo e quale fonte inesauribile di vita. Gesù Crocifisso e perciò Risorto, in cui, secondo l'espressione di San Paolo, « è riposta ogni sapienza ».
E sempre secondo la dichiarazione dell'Apostolo, dovrebbe essere vanto di ogni cristiano non conoscere altro che Lui, poiché questa conoscenza è onnicomprensiva e vitalizzante.
San Giovanni Bosco, interpellato sul libro da lui preferito, rispose senza esitazione: il Crocifisso.
La scuola cattolica deve tenere sempre aperto questo libro, poiché riguardandolo si riconosce l'Essere supremo, Dio, non solo, ma si è attratti da Lui, si ha l'attestazione della sua Resurrezione, poiché si ostenta un vivente glorificato, non un morto, e si approda definitivamente alla sponda della vita.
Alla luce di questa sapienza di vita, la dignità dell'uomo è elevata ad una nuova dimensione: non solo quella di creatura di Dio, non solo quella di avere impresso il principio della verità; ma soprattutto di essere riscattati dal sangue di Cristo, e pertanto di essere figli di Dio, innestati in Cristo, nella effusione del suo Spirito.
Il prezzo di ogni uomo è il sangue di Cristo.
Pertanto anche il concepito non nato ha il valore che deriva da tale prezzo, quindi ha un valore infinito.
E se la dignità dell'uomo è così elevata, e il vincolo che ci affratella è così nobile e divino, l'apertura che la scuola cattolica prospetterà verso l'esterno non sarà solo la socialità, ma la stessa carità, cioè l'amore di Dio che è anche motivazione dell'amore del prossimo.
Riguardando Gesù Crocifisso e Risorto, perveniamo a queste conclusioni, e la scuola cattolica deve assecondare tali valutazioni.
Per attuare un piano integrale per la vita, occorre che la scuola cattolica, oltre a farne riferimento nel programma scolastico, inserisca collateralmente interventi specializzati a scopo formativo, come l'educazione all'amore, la lotta alla droga, considerando che la specialità degli argomenti richiede uno spazio autonomo ed adeguato, che non sempre può essere compiutamente svolto nel programma scolastico.
Tra questi interventi ricordiamo, per la diretta attinenza con il tema all'esame, l'educazione sessuale.
So che molte scuole si sono massicciamente impegnate al riguardo.
Altre meno. Qualcuna ha praticamente tralasciato l'argomento.
Giova richiamare la particolare sollecitudine prestata dal Magistero in materia.
Non si è ancora spenta l'eco del documento C.E.I., specifico sull'argomento, sulla educazione sessuale nella scuola, che ne è seguito un altro lo scorso autunno, a cura della Congregazione per l'educazione cattolica, sugli orientamenti educativi dell'amore umano.
Desidero solo precisare che questi interventi non implicano necessariamente corsi scientifici di natura fisiologica, specialmente per i bambini e i ragazzi: sovente si tratta di formazione dei sentimenti nell'atteggiamento da tenere verso sé stessi e verso i compagni e le compagne, oppure di operare interessando i genitori.
Ma un'espressa opera educativa è necessaria, soprattutto considerando l'atmosfera di pansessualismo di cui è impregnata a sproposito la nostra epoca, nelle varie manifestazioni di costume, attraverso la stampa, la televisione, e i films, e non ultimo attraverso la legislazione e il costume abortista.
Mi permetto altresì di raccomandare una scelta oculata prima di designare gli esperti che devono operare.
Occorre accertare che essi si adeguino al Magistero, e che il loro fondo culturale sia di tutto riposo, non ispirato, poniamo ad un freudismo esasperato.
Le idee instillate nella scuola, in questi interventi specializzati, possono avere una risonanza incalcolabile.
È anche per questo che l'educazione sessuale va concordata con i genitori, anche per coordinare gli interventi scolastici con l'opera fondamentale della famiglia.
Una concezione cristianamente valida, e perciò dignitosa, della sessualità conduce ad un profondo rispetto della vita, della propria e dell'altrui persona, è una solida base per l'assunzione delle proprie responsabilità, con il conseguente superamento, anzi con la fuga da soluzioni accomodanti e di disimpegno, di cui l'aborto è certo una delle più eloquenti e più gravi.
L'educazione sessuale è una parte della più ampia educazione all'amore, certo più impellente per le deviazioni del mondo contemporaneo e più urgente per le suggestioni dell'età dei nostri ragazzi e dei nostri giovani.
Ma l'educazione del cuore, l'educazione dei sentimenti verso le persone dell'altro sesso e, più in generale, verso la formazione ad amare, in tutte le gradazioni dell'amore, da quello platonico a quello oblativo di benevolenza e di carità, è ad un tempo il quadro ed il coronamento dell'opera, senza cui quella sessuale sarebbe scarna e incomprensibile.
Ed è questo l'ultimo sbocco cui deve condurre l'opera formatrice di cui parliamo.
In questa prospettiva va inquadrato il discorso sulla promiscuità, sempre più introdotta nelle nostre scuole.
Senza pretendere di addentrarmi in una questione così specifica e così delicata, mi limito ad osservare come le nostre scuole non dovrebbero adeguarvisi puramente e semplicemente, ma come è osservato nel documento della C.E.I. sulla scuola cattolica, la sua eventuale adozione dovrebbe essere il punto di arrivo di una riflessione sugli aspetti positivi che essa presenta, nonché sulla predisposizione dei mezzi intesi a superare le possibili difficoltà, quali, ad esempio, la previsione di momenti educativi differenziati ( come quelli su aspetti di educazione sessuale ) e, più in generale, l'attenzione ai diversi ritmi di sviluppo psico-fisico.
( Continua )
V. Moccia