Crociata della sofferenza |
B248-A12
« Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito ». ( Gv 3,16 )
Fratelli,
in questo incontro che ancora abbiamo nell'Anno Mariano, vogliamo fermarci a pensare al termine a cui si ispira il nostro movimento di preghiere e di offerta di sofferenze.
Ma nel percorrere assieme il nostro cammino di riflessione vogliamo che ci accompagni la Madre, Maria Santissima.
Essa ha camminato per questa via prima di noi e continua il suo cammino con noi, dopo essere discesa dal Calvario, dove Gesù ci ha affidati a Lei e ha affidato Lei a noi.
Ora, come allora, essa vive nella nostra casa, come visse con Giovanni.
La sofferenza sembra essere, ed è, quasi inseparabile dall'esistenza terrena dell'uomo e rimane un mistero che trova una spiegazione solo nella fede.
Per questo rivolgiamo lo sguardo a Maria, a colei che ha creduto e ha avuto fiducia nel Signore: la Vergine fedele.
Nella nostra vita, a grandi linee, possiamo distinguere una sofferenza fisica e una sofferenza morale: la sofferenza fisica si verifica quando in qualsiasi modo « duole » il corpo", mentre la sofferenza morale è « dolore dell'anima ».
Si tratta, infatti, del dolore di natura « spirituale » e non solo della dimensione psichica del dolore che accompagna sia la sofferenza morale che quella fisica.
All'interno di ogni sofferenza provata dall'uomo e alla luce dell'intero un interrogativo circa la causa, la ragione ed insieme un interrogativo circa lo scopo e in definitiva, circa il senso della sofferenza.
L'uomo non pone questo interrogativo a sé o al mondo, benché tante volte la sofferenza provenga da esso, ma lo pone a Dio come il Creatore e il Signore del mondo. ( Salvifici doloris )
Dio, dalla creazione e dalla caduta dell'uomo, aspetta la domanda e l'ascolta.
La Sacra Scrittura in molti episodi, in molti avvenimenti, con varie espressioni ci presenta questo colloquio di Dio con gli uomini: l'uomo che chiede: « Perché mio Dio »: Dio che in vario modo risponde.
Esempio conosciuto è quello di Giobbe di cui è riportato il dialogo con Dio, quando si trova nella sofferenza morale e fisica.
Nell'Antico Testamento tuttavia, la risposta definitiva pare sempre rimandata ad un avvenimento che darà una convincente e completa risposta: questa risposta è data da Dio all'uomo con la venuta di Gesù e con la sua Passione e morte sulla Croce.
Da quel momento ci sarà una sola ragione che potrà convincere il cuore dell'uomo nella sofferenza, perché quell'ultima parola è una parola di Amore: « Dio ha tanto amato gli uomini che ha dato il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna ». ( Gv 3,16 )
Allora la sofferenza acquista il suo vero significato nella vita dell'uomo perché rischiarata dalla luce della sofferenza di Dio fatto uomo.
Da quel momento la nostra risposta alla sofferenza potrà essere varia secondo le disposizioni del nostro animo e secondo la luce sotto cui vedremo la sofferenza.
Un cantiere: è in costruzione una grande cattedrale.
Muratori e manovali lavorano sentendo tutto il peso della fatica, e l'edificio cresce: domani sarà luogo di preghiera, attirerà le folle, risuonerà di canti e di suppliche, sarà sfolgorante di luce … ma ora è solo luogo di fatica e di sofferenza.
Ad un giovane muratore sudato e stanco viene chiesto: « Che cosa fai? ».
Risponde: « Sudo terribilmente e mi stanco! ».
Un altro risponde: « Tutta questa fatica per guadagnarmi un pezzo di pane! ».
Un terzo: « lo? Ma costruisco una cattedrale!! ».
Tre punti di vista diversi ad un interrogativo che si pone sulla fatica, il lavoro, la sofferenza umana.
Tutti e tre sono veri, spontanei, reali.
I primi due si fermano, con lo sguardo a terra, a considerare quanto è duro quel lavoro, anche se finalizzato ad uno scopo di sussistenza.
Il terzo alza lo sguardo nello spazio e nel tempo: la cattedrale sorgerà alta nel cielo, la cattedrale sarà segno di vita, di lode a Dio e nel suo crescere ci sarà anche il frutto della mia fatica e il sudore della mia fronte.
Ho provato a rivolgere a me stesso questa domanda e la rivolgo a te, fratello e sorella, nei momenti più duri di una sofferenza fisica o morale: « Che cosa fai? Perché soffri? ».
Ho ritrovato dentro di me quanto sia facile che le due prime risposte affiorino subito alla mente: « Soffro molto, sono triste e la mia vita non ha scopo! »
« La sofferenza è una triste sorte e una inseparabile compagna della mia vita di uomo! ».
Ma qui non c'era speranza non c'era amore!
Quando nel mio intimo si è aperta la luce vera ad illuminare la mia sofferenza, allora ho capito che la mia fatica, il mio dolore costruivano qualcosa di grande, in cui la parola « amore », il grido di lode sarebbero risuonati e qualche cosa di me avrebbe contribuito a questa creazione.
Così Maria ha risposto alla chiamata di Dio ad una collaborazione sofferta per realizzare il Regno di Dio, per costruirgli una dimora fra di noi, con il canto del Magnificat: è la terza risposta, quella giusta, quella vera, quella illuminata dalla speranza, riscaldata dal fuoco dell'Amore: « Grande è il Signore: lo voglio lodare.
Dio è mio salvatore: sono piena di gioia.
Ha guardato a me, alla sua povera serva: tutti, d'ora in poi, mi diranno beata.
Dio è potente: ha fatto in me grandi cose santo è il suo nome.
La sua misericordia resta per sempre con tutti quelli che lo servono.
… ha rialzato da terra gli oppressi … ha ricolmato di beni i poveri … ha sollevato il suo popolo così aveva promesso. » ( Lc 1,46.55 )
Ispirata dallo Spirito, Maria riassume la risposta di Dio nella promessa fatta ai nostri padri e realizzata da Lui, nel suo Figlio.
Ogni sofferenza trova qui la sua espressione.
Ci sono gli oppressi: le vittime della violenza, gli incompresi, i disperati, gli ultimi, quelli che non contano e non hanno voce nella società.
Quale carica di sofferenza morale tra questi ultimi!
Ne fai parte anche tu? Nella tua vita c'è l'incomprensione?
La solitudine ti tormenta? La tua voce non ha eco perché nessuno ti ascolta?
La tua dedizione non ha risposta perché l'egoismo tutto esige e nulla ti dona?
Sono tristi le tue giornate perché attorno a tè c'è il deserto e dentro di tè c'è il vuoto?
Nella tua vita c'è la povertà di beni e non solo materiali?
Accanto a te c'è chi si afferma per le sue ricchezze, per le sue doti, per il suo potere: c'è chi è ricco.
Nella tua povertà di beni, di doti, di autorità ti pare di essere inutile.
Cerchi di dare la tua ricchezza interiore a chi incontri sul tuo cammino: non è accolta, è ignorata, non è compresa.
E ti ripieghi su tè stesso, nella tua sofferenza.
Nella tua vita c'è stato e continua il fallimento.
Quante volte ti dici: « Sono a terra! ».
È il tuo corpo malato che ti impedisce il cammino, è il tuo spirito angustiato che non trova pace, è forse anche la tua anima demolita dalla colpa che non trova la forza per sollevarsi.
Coraggio! Maria, la Madre buona, ha cantato a Dio il suo inno di lode perché, e lo dice anche a te, Dio è potente, ha fatto in me e in te grandi cose; Dio è misericordia che resta per sempre.
Maria guarda in alto, a Colui che unisce misericordia e potenza, amore e azione.
Può rialzare da terra, perché ti comprende, vive in tè e con tè, ascolta il grido del suo povero, vede ogni piccolo tuo dono e lo accoglie riconoscente.
Può colmarti di beni: perché l'amore che tutto può fare, tutto può anche donare.
Può sollevarti: rendere agile il tuo cammino bloccato dal male fisico, dando ali al tuo spirito, riportare la serenità nella tua anima angosciata, cancellare ogni tua colpa, creare in te un cuore nuovo.
Con Gesù che costruisce il Regno, c'è Maria e anche noi siamo chiamati a portare il nostro piccolo o grande mattone per la costruzione di questo Regno.
È un'offerta di preghiera e di sacrificio: un'offerta serena, gioiosa perché sappiamo di concorrere al compimento dell'opera della Redenzione.
Ed è tanto più significativo nell'intenzione per cui offriamo: le vocazioni sacerdotali e religiose, le vocazioni tutte scaturite dalla chiamata battesimale.
Alziamo con Maria, lo sguardo a Gesù; anche se velato di lacrime, se offuscato dal sudore della fatica è uno sguardo di amore, di speranza, di serenità perché anche noi lavoriamo con Gesù e con Maria a innalzare verso il cielo la cattedrale in cui risuonano inni di lode e di ringraziamento; così con Maria canteremo il nostro Magnificat.
Nel nostro canto quotidiano del Magnificat uniamoci alla Vergine Madre per chiedere a Dio la forza di rispondere generosamente alla sua chiamata al nostro contributo per la costruzione del Regno.
Ricordiamo nelle nostre preghiere e nelle nostre offerte di sofferenze le seguenti intenzioni che ci sono state raccomandate:
- le vocazioni all'apostolato tra i giovani e i sofferenti
- le vocazioni dell'Unione Catechisti
- apostolato dei laici battezzati
- le intenzioni degli iscritti alla Crociata della Sofferenza: F.L., C.A., B.R., C.G. ( Torino ); S.M. ( Catania - Tremestieri Etneo ); O.T. ( Vercelli ); G.S. e D'A.G. ( Catania ); E.G.E. ( Vibo Valentia ); C.G. ( Vibo Valentia ); C.P. ( Milano ) per ammalati; G.G. ( Villa Cella ) per la guarigione della nuora Anna; S.F. ( Milano ) e tutte le altre intenzioni degli iscritti alla Crociata della Sofferenza.
Le anime buone di Rapetti Teresa, del Fratello Alberto Bosco, dei defunti della famiglia di L.L. ( Torino ); del figlio di O.T. ( Vercelli ); di Gregorio Natale ( Vibo Valentia ); di Anna Bassi ( Mantova ) e tutti i defunti della Crociata della Sofferenza.
La Vergine Immacolata ci guidi a Gesù Crocifisso e Gesù viva sempre nei nostri cuori!