Il messaggio spirituale di fra Leopoldo |
B263-A4
Continuiamo la pubblicazione delle conferenze celebrative del 70° anniversario della morte del Servo di Dio fra Leopoldo Maria Musso, tenute alla Casa di Carità Arti e Mestieri per il personale, da parte del dott. Conti, presidente generale dell'Unione Catechisti.
La presente conferenza, che è la seconda del ciclo, ha avuto luogo il 15 dicembre 1992.
Quella precedente è stata pubblicata sul bollettino n. 1 del 1993.
Le fonti a cui mi riferisco, per poter cogliere più da vicino il messaggio spirituale di fra Leopoldo, sono essenzialmente ricavate dal diario, che fra Leopoldo ci ha lasciato in un insieme di quaderni, e dal libro che ha scritto fratel Teodoreto nel 1944, intitolato: « Nella intimità del Crocifisso », che a sua volta è costituito da due parti: una che riguarda il processo canonico relativo alle testimonianze e alla pratica delle virtù di fra Leopoldo, e l'altra ricavata appunto dal suo diario.
Come mai un frate di modesta cultura tiene un diario?
Fra Leopoldo stesso ci risponde all'inizio del primo quaderno: « Gloria a Dio Padre, gloria al Figlio e gloria allo Spirito Santo.
A maggior gloria di Dio e della sua santissima Madre, Maria Vergine.
A noi poveri mortali, solo di passaggio su questa terra, per guadagnare eterni gaudi nel ciclo, non ci può essere cosa più utile, né più consolante che cominciare quaggiù quell'unione felice, la quale dovrà poi compiersi perfettamente in Paradiso, con una vita veramente cristiana, e così rendere tutti i momenti della nostra giornata feconda di frutti per l'eternità, invocando a tal fine continuamente la bontà, la misericordia di Dio che ci concede giorni pieni di meriti e di virtù, vivendo così per Dio e con Dio Gesù Crocifisso.
Spinto dal vivissimo desiderio del reverendo signor teologo, poi canonico, Ermanno Bracco, di fra Giovanni Campare dei Sacramentini, e consigliato dai medesimi a voler scrivere qualche memoria intorno a ciò che si leggerà più avanti, per dare sempre maggiore gloria a Dio Gesù Crocifisso, mi fu di pena ascoltare i loro consigli, perché troppo meschino è il mio sapere, ma poi mi arresi e diedi ascolto ai loro saggi suggerimenti.
E prima di pormi a scrivere, sapendo che ben miseramente riesco a farmi intendere, mi prostrai ginocchioni per terra recitando il « Veni Sancte Spiritus », affinché la divina bontà dello Spirito Santo mi venisse in aiuto ».
Scopriamo, quindi, che la ragione fondamentale del diario è quella di rendere testimonianza a quanto il Signore veniva operando in lui.
É un catechismo, un messaggio espresso con un linguaggio povero sulla misericordia di Dio: una ulteriore conferma che Dio è misericordioso, è amore.
Possiamo misurare la povertà espressiva del linguaggio da un lato e l'elevatezza e la profonda coerenza evangelica di questo insegnamento dall'altro, valutarne la grandezza e l'efficacia.
Occorrerebbe un notevole approfondimento critico, ma è già importante leggere questo messaggio come un « catechismo della misericordia », altissima rivelazione di Dio, base del rapporto che Dio vuole stabilire con l'uomo.
Alla luce di questo fine, un « catechismo della misericordia » vuole essere una scuola di vita cristiana.
Il diario di fra Leopoldo lo si può definire una scuola autentica, una serie di trattenimenti quotidiani, per arrivare, partendo da una certa situazione, ad un rapporto d'amore, vissuto con semplicità, così come dovrebbe svolgersi la nostra vita.
Basandoci su questo diario, possiamo ripercorrere i tratti salienti di una vita cristiana vissuta fino in fondo, senza riserve; possiamo cogliere aiuti importanti per poter sempre più approfondire come vivere cristianamente.
La prima considerazione è che l'iniziativa è di Dio, tutto inizia da lui e tutto finisce in lui.
É un'iniziativa d'amore: il vero motivo del rapporto d'amore con il mondo voluto da Dio fino dalla sua creazione.
E la stessa parola di Dio che ci suggerisce questo criterio di lettura nella prima lettera di Giovanni: « Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui.
In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati » ( 1 Gv 4,8-10 ).
In quest'ultimo versetto ci è chiaramente enunciata l'iniziativa di Dio.
Per poter cogliere il significato profondo del diario di fra Leopoldo dobbiamo, quindi, metterci in questo atteggiamento di ascolto per comprendere l'iniziativa di Dio che si traduce in proposta d'amore.
I colloqui straordinari contenuti nel diario vengono da noi riportati per storicità, rimettendoci sin d'ora alla valutazione che ne farà la Chiesa.
Il diario comincia con una straordinaria comunicazione della Madonna.
Siamo nel novembre del 1887.
Una lunga serie di comunicazione, di « detti », sono riportati a partire da questo momento.
Il primo detto è riferibile proprio alla rilevata iniziativa di Dio: « Ricordati di ciò che ha sofferto mio Figlio ».
Il punto di partenza per renderci conto che Dio è amore, e che ci ama sempre fino in fondo, è dato dalla testimonianza dell'offerta dei patimenti di Cristo che è vita.
Fra Leopoldo, abituato ad avere un rapporto di tenerezza particolare con la Madonna, dolcemente fu invitato a cogliere ciò che Paolo indica come il cibo solido, cioè l'amore oblativo di Cristo sino alla vita.
Di questo cibo solido ne parla anche Pietro alle prime comunità cristiane.
A questo detto ne segue un altro che tutto è un programma: « Fra me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità ».
In Cristo Crocifisso c'è il cuore di questo rapporto, la partenza e il punto di arrivo di questa iniziativa d'amore.
Che il nostro destino sia la comunione con Dio, lo leggiamo in Gv 17,21: « Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola … ».
Il discorso fondamentale di Gesù è di rimanere in lui.
L'itinerario di questa scuola di vita del Crocifisso e della Vergine, è tutto orientato a realizzare questa intimità.
Cerchiamo di cogliere alcuni aspetti importanti.
La dimensione oblativa dell'intimità è essere uno per l'altro.
Il Signore si manifesta donandosi tutto all'uomo e chiede all'uomo che sia tutto per lui.
La dimensione esistenziale dell'intimità è essere uno con l'altro.
É il programma di Dio essere con l'uomo, perché l'uomo viva accanto a Dio.
La dimensione unitiva dell'intimità è essere uno con l'altro.
La Chiesa insegnerà nel corso dei secoli che la vita cristiana è fondamentalmente una vita per Cristo, con Cristo e in Cristo.
Questa è la proclamazione durante la liturgia eucaristica.
Sono le espressioni fondamentali dell'amore, della comunicazione, della compenetrazione.
Come non ricordare di nuovo l'insegnamento di Gesù riportato in Gv 15,4: « Rimanete in me e io in voi ».
É un discorso insistente.
E ancora in Gv 14,23: « Se uno mi ama e osserverà la mia parola, il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui ».
Ecco l'intimità propria della famiglia, l'intimità in questo incontro con Cristo e con Dio.
Che questa intimità comporti la reciprocità, è riscontrato in un detto in cui Gesù la insegna a fra Leopoldo, invitandolo ad esprimerla con una giaculatoria: « Tu ami me, io amo te ».
Gesù vi insiste per alimentarla.
E tale reciprocità diventa il respiro della vita di fra Leopoldo, ciò che la anima, la rende grande.
La certezza di sentirsi situati in questo amore, diventa il punto fondamentale della vita cristiana.
Alla luce dei detti di fra Leopoldo non è tanto importante pensare alla nostra miseria e ingenerosità, ma solo all'amore di Dio, alla sua azione dentro di noi.
La vita cristiana inizia e si sviluppa di qui.
Questa reciprocità comporta un consenso vicendevole: un sì dell'uomo a Dio perché c'è il sì di Dio all'uomo.
Per essere intimi deve esserci la confidenza.
E nei detti non c'è soltanto il fidarsi dell'uomo nei rapporti con Dio: in essi si coglie anche il fidarsi di Dio nei confronti dell'uomo.
Gesù a fra Leopoldo fa tante confidenze, promette grandi cose, perciò lo vuole segretario e lo invita a scrivere.
Oltre a fidarsi c'è anche l'affidarsi: come Dio si è messo nelle mani dell'uomo, così deve fare l'uomo.
Ma l'uomo può addirittura, in qualche modo, programmare la morte di Dio, rifiutandolo con il suo peccato: mistero profondo che però è realtà.
Fra Leopoldo ha come termine l'intimità, ma per raggiungerla, per approfondirla e consolidarla, traccia una scuola di vita.
I detti trascrivono gli insegnamenti del Signore che indicano un cammino.
Questa realtà suscita l'interesse a leggere e rileggere i detti.
Innanzitutto c'è il vivere « per » Cristo, perché Cristo è vissuto per noi.
C'è il vivere « con » Cristo, perché Cristo vuoi vivere con noi: « Io vado a preparare un posto … ritornerò e vi prenderò con me » ( Gv 14,2s ).
C'è il vivere « in » Cristo, perché Gesù ha detto: « Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore … » ( Gv 15,10 ).
Vivere del suo pensiero, della sua volontà, del suo amore, della sua forza sono gli aspetti fondamentali di questa vita cristiana che vengono insegnati nello sviluppo del diario di fra Leopoldo.
Ogni cosa viene utilizzata e valorizzata in positività: il dolore, la sofferenza, il peccato, il pentimento.
A proposito del pentimento, un giorno fra Leopoldo si permise di dire: « Signore, io mi salverò? »
Si sentì rimproverare energicamente e fu sollecitato a credere nel valore salvifico della sua Croce.
Fra Leopoldo pur essendo in convento non dimentica i suoi fratelli che vivono nel mondo, e per essi ha grandi pensieri.
Prega per Torino, per la nazione, per la pace nel mondo; prega perché tutti si salvino.
Non prega soltanto, li riceve con il sorriso, con attenzione ai loro problemi, e ad essi comunica con amore.
E l'esempio di una ascesi che ha ben presente gli altri.
Non si deve dimenticare che fra Leopoldo era in adorazione fin dalle 4 del mattino.
Alle ore 6 partecipava alla santa messa, e dopo la colazione il ringraziamento si protraeva fino alle 10.
Nel pomeriggio riceveva le persone diffondendo la « divozione-adorazione ».
Mangiava poco. Si intratteneva lo stretto necessario con i propri confratelli per poi tornare in adorazione davanti al Santissimo.
Dinanzi al tabernacolo fra Leopoldo si augura vivamente che il mondo sia motivato a provare e a gustare che cosa avviene nell'adorazione.
É tutto un programma di ascesi nell'amore di Dio e nel dominio di sé.
Qual'è lo scopo? Quello di dare una risposta a una chiamata d'amore e, per conseguenza, di realizzare una radicale conversione.
Nella risposta, quindi, inserisce anche le cose più piccole.
Non si tratta soltanto di compiere azioni buone e virtuose, ma soprattutto di alimentare l'intimità con atti di fede, di speranza, di carità.
Fra Leopoldo nella preghiera fa emergere l'amore per la Chiesa e, come punto di riferimento, il Papa.
Prega perché il Santo Pontefice sappia contrastare tutto ciò che possa ostacolare l'avvento del regno di Dio ( in quegli anni un ostacolo particolare era costituito dal « modernismo » ).
Spesso le adorazioni a Cristo Crocifisso le faceva davanti all'Eucaristia, per il senso vivo del memoriale della morte del Signore.
La sua adorazione era come un'eco dell'inno a Colui che, immolato per la salvezza del mondo, porta i segni del supplizio ( Ap 5,6 ), a colui che è il vincitore della morte ( Ap 1,18 ) ed è unito a Dio come capo dell'umanità.
Il respiro è ampio e l'intimità esprime un appello i cui frutti non sono di alienazione, né di isolamento, ma un sentire i palpiti del mondo e tenerli presenti nella preghiera.
Nella sua orazione emerge una costante importante: il ravvedimento dei peccatori.
La sua preghiera è un intrattenersi con Dio, per accettare e riferire, per fidarsi e affidarsi all'iniziativa di Lui.
Gesù ripeturamente chiede: « Voglio la preghiera, la preghiera continua ».
Fra Leopoldo è sollecitato a chiamare altri che gli facciano compagnia nella preghiera.
Gesù più volte invita fra Leopoldo a stare con lui e consolarlo.
E rimanendo in Lui, Servo di Jahvé, cresce sempre più la sua disponibilità a Dio, e a riparare la non corrispondenza di molti.
L'amore di fra Leopoldo è per l'Amore che non è amato, a imitazione di san Francesco.
Quest'ottica della riparazione richiama la nostra attenzione.
Fra Leopoldo è invitato a purificarsi con la più soave e dolce giocondità.
Gesù vuole la sua compagnia, perché la desidera in modo specialissimo.
Gesù gli sottolinea la beatitudine di questa comunione, perché vuole dargli la sua gioia, la gioia stessa di Dio, per rendere piena quella di fra Leopoldo.
Anche quando si soffre, non può mancare questa componente di pace, perché è la risonanza della vita piena.
In fra Leopoldo il Crocifisso appare sempre come l'interlocutore, il principio e il punto di riferimento, la massima manifestazione della sapienza e potenza di Dio, il più grande modello di amore dateci da Dio per contemplarlo e imitarlo.
In tale ascesi spirituale si inserisce una domanda insistente di Gesù: « Leopoldo sei contento di me? ».
Lui si schernisce sbalordito e tenta di rovesciare la domanda, ma Gesù gliela ripete perché vuole una risposta.
Domandiamoci se noi siamo contenti di Dio, di Gesù, di ciò che quotidianamente ci offre come nostro bene.
In una valutazione di fede, siamo contenti di ciò che Egli ha fatto per noi, di ciò che vuole fare di noi?
Questa scuola di vita cristiana si pone tale domanda come la più grande, come la domanda che nessun uomo saprebbe immaginare.
È proprio questa la domanda che da valore a tutto ciò che Gesù ha detto a fra Leopoldo.
Domenico Conti
Ritratto di fra Leopoldo, da un recente disegno del prof. Caffaro-Rore ( 1993 ).