Catechesi

B276-A1

Il discorso con Dio1

Riflessioni sul brano evangelico di Matteo 6,7-15

« Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole.

Non siate dunque come loro perché il Padre rostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate: Voi dunque pregate così:

Padre nostro che sei nei cieli

sia santificalo il tuo nome;

venga il tuo regno;

sia fatta la tua volontà,

come in cielo cosi in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

e rimetti a noi i nostri debiti

come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

e non ci indurre in tentazione,

ma liberaci dal male.

Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre rostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre rostro perdonerà le vostre colpe ».

Il grande manifesto della divina paternità irrompe finalmente nelle nostre filosofie, che possono ben definirsi chiamata angosciosa all'essere che non da mai risposta.

Ce lo proclama Gesù, che é semplicemente il Figlio.

Dobbiamo incessantemente riabituarci a questa verità nota, anzi notissima.

Gesù é il Figlio « prima che il mondo fosse »; Gesù é il Figlio « unigénito », che non significa « unico » alla maniera umana della fecondità ingenerosa, ma « totale » e perciò irripetibile e assoluto.

Egli sa che cosa significhi esserlo.

Noi, infinitamente di meno.

Questo « essere dal Padre » che diviene subito l'« essere per il Padre » e contiene in sé tutte le risorse della piccolezza ma anche della dignità, della fedeltà ma anche della libertà creativa.

Sono tali risorse che la semplice-densissima formula del « Padre nostro » ci consegna.

Qui la categoria fondamentale, quella che non deve sfuggirci, é la familiarità.

Non ci si rivolge a Dio chiamandolo con quel nome, se non per annullare distanze come solo l'amore é in grado di fare: « Quale grande amore ci ha dato il Padre, per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! ».

Pertanto Gesù qui intende far scomparire l'idea del Dio Innominabile, sostituendola radicalmente con quella del Dio più nominabile di ogni altra realtà: il Dio che é Padre e lo é da sempre.

La paternità-divinità, mistero soave e sovrano.

Nella categoria della familiarità alcune cose divengono evidenti.

La prima é che non esiste solitudine; non dico quella che serve a ciascuno di noi per « ricuperare noi stessi » e non perdersi nelle dissipazioni, ma quella, diceva Flaubert, che ci fa sentire d'essere « formica nel deserto, e sperduta, sperduta ».

La solitudine dall'essere.

« lo non sono mai solo -, affermò di sé Gesù una volta -, il Padre é con me ».

La seconda é che trattandosi qui di familiarità con un Padre, l'esistente vi trova ciò che va cercando in mille modi, e spesso perfino con l'apparenza della più decisa emancipazione: uno che « protegge, esige, dirige » e dunque conclude in una ragionevolezza superiore alla sua, e ora per ora, la vita che vive.

La terza é che, essendo il Padre Dio, la familiarità ci libera da ogni dipendenza interiore, da ogni ipotesi di schiavitù: « Le opere che io compio nel nome del Padre mio - ha affermato Gesù -, queste mi danno testimonianza »; e ancora: « lo faccio sempre le cose che gli sono gradite ».

Un uomo che agisca in tal modo é completamente sciolto da timori e servilismi umani; egli non dirà a nessuno sulla terra « padre », egli sarà emancipato da qualsiasi padrone, egli potrà morire obbedendo, ma obbedendo a Dio.

Tutta la vita si immacolatizza quando si é « il Figlio ».

« Gesù Cristo, il Figlio di Dio - ha notato Pannenberg -, diventa il compimento prototipico dell'uomo fatto a immagine e somiglianza, e tutti gli altri uomini dovranno portare la sua figura ».

E anche nostra l'immacolatezza del Figlio, e siamo infatti chiamati a « diventare santi e immacolati nell'amore » davanti al Padre.

Tutto questo é vero ogni volta che, consapevolmente, ripetiamo in umile verità: « Padre! ».

Signore Gesù, esalta in noi la tua eterna natura di Figlio, raccoglici nel sospiro della divina familiarità.

É finito il tempo orfano, tu inauguri ogni giorno la festa dell'essere che é Padre.

Rendici degni della tua rivelazione, e per questo rivelaci ogni giorno di più la nostra dignità.

Amen.

Giuseppe Pollano


1 Dal libro "Il giorno e la parola", ed. ElleDiCi, per gentile concessione dell'autore