Padri, madri e figli alla Casa di Carità |
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Riflessioni sulla parabola del Padre misericordioso ( Lc 15,11-32 ) in occasione del pellegrinaggío alla tomba di fra Leopoldo del 28/1/99
Nella parabola che abbiamo sentito c'é un figlio che dice al padre: « Posso fare a meno di te », e sceglie di andarsene lontano dal padre.
Gli esiti sono disastrosi: lontano dal padre, superato il momento di apparente liberta, questo giovane incontra miseria, desolazione, umiliazione.
Soltanto giunto al fondo della sua disperazione decide di fare ritorno da colui che lo aveva lasciato partire con la morte nel cuore.
É un ritorno faticoso.
Rembrandt, che dipinge in modo così suggestivo il ritorno del figliol prodigo, tratteggia questo figlio con i vestiti laceri, i piedi sporchi, i calzari dispersi nella polvere … lontano dal padre questo figlio ne ha combinate di tutti i colori …
Il Padre misericordioso ( da un quadro di Rembrandt )
Quante volte siamo come il figlio lontano dal Padre …
Ironici o sprezzanti di fronte ad alcune sollecitazioni che la Casa di Carità, fedele al suo carisma, continua a proporre, siamo portati a pensare che insomma si può anche fare a meno di Dio.
Non é questa la sede e non sono certo io capace di descrivere questi esiti disastrosi: ci pensa la parabola a tratteggiare con poche pesantissime parole la perdita di dignità a cui va incontro l'uomo quando pensa di fare a meno di Dio: « Andò nei campi a pascolare i porci ».
Nella parabola che abbiamo sentito c'é un figlio che dice al padre, protestando: « lo sono sempre rimasto in casa! ».
Ma si può vivere in una casa come in un albergo, senza intrecciare legami, senza coinvolgersi nella vita di famiglia, senza gioire e patire delle gioie e dei patimenti dei membri della stessa famiglia.
E si può vivere come « coinquilini » di Dio, ma senza voler bene a Dio.
Il figlio maggiore viveva il suo stare nella casa del padre come un qualcosa di scontato, banale, dovuto …
Quante volte siamo come il figlio maggiore: passiamo 40 ore alla settimana alla Casa di Carità con la possibilità di formarci, imparare un mestiere, avviare amicizie sane e robuste, imparare ad amare il Signore … e non ce ne accorgiamo.
Come se fosse scontato e banale passare gli anni della adolescenza in un Centro di Formazione piuttosto che sulla strada, come se fosse dovuto avere una comunità civile e una equipe di adulti che si fa carico di noi, piuttosto che essere abbandonati a noi stessi.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo conoscere Dio … milioni di ragazzi della vostra età non conoscono il Dio che noi chiamiamo Padre.
Nella parabola, infine c'é un padre: é l'immagine di Dio, che Gesù non a caso ci ha insegnato a chiamare Padre.
Ha visto con la morte nel cuore partire il suo figlio.
Lo ha atteso per anni.
Ora questo figlio é tornato: il padre lo accoglie, dimentica tutto, non vede in lui uno sciagurato che ha finalmente subito ciò che si meritava, ma un figlio disperato che ha bisogno di riscoprire l'amore autentico.
Nel quadro di Rembrandt, questo padre, immagine di Dio Padre, é praticamente cieco.
É vero che l'amore é cieco: l'amore di Dio é cieco, perché non guarda ai tanti motivi di rancore e di vendetta, che pure ci sarebbero, ma al poco o tanto di speranza e di possibilità di riscatto che c'é sempre nel cuore di ognuno di noi.
Questo padre abbraccia il figlio finalmente ritornato, e il suo abbraccio é forte e tenero allo stesso momento, é un abbraccio paterno e materno, e il pittore arditamente dipinge le mani del padre: una mano é maschile, perché Dio é Padre che rinvigorisce, da sicurezza, energia, forza; l'altra mano é femminile, perché Dio é Madre, tenera e appassionata, dolce e consolatrice.
Oggi siamo in pellegrinaggio alla tomba di un uomo, un frate, che ha sperimentato questo amore.
Fra Leopoldo ha scoperto il volto materno e paterno di Dio: ha percepito nella preghiera che Dio si fidava di lui, anche se era il più ignorante di tutti i frati del convento; si fidava, gli dava credito, gli voleva bene, come fa una madre nei confronti del suo figliolo.
Ha percepito nella preghiera che il suo Dio era un Dio esigente, che non lo lasciava tranquillo, che lo stimolava continuamente a fare di più e meglio, nonostante le sue debolezze: Fra Leopoldo ha sperimentato la dimensione paterna di Dio.
E non può che essere così: la preghiera autentica ci fa scoprire il vero volto di Dio, che é Padre e Madre, tenerezza e autorevolezza, dolcezza e pungolo.
L'esperienza di Fra Leopoldo é all'origine della Casa di Carità.
Se ci pensate bene, alla Casa di Carità, incontrate adulti, insegnanti, direttori, bidelli, segretarie, che sono allo stesso tempo paterni e materni, esigenti e comprensivi.
Non sarete promossi se fate i lavativi, non chiedetelo nemmeno ai vostri insegnanti; se i vostri insegnanti non vi stimolassero continuamente, chiedendovi sempre qualcosa in più, uno sforzo in più, non farebbero bene la loro parte, che é quella di essere padri, esigenti e che non permettono di dormire sugli allori.
Un giorno, fuori dalla Casa di Carità, riconoscerete che questo é un bene.
Ma trovate negli adulti presenti alla Casa di Carità anche gente capace di ascolto vero, di affetto vero, di amicizia vera, gente che dà la vita per gli allievi della Casa di Carità, che qui mette in gioco tutta la sua professionalità e le sue capacità, senza riserve e spesso senza orari, perché la Carità non ha orari.
É la mano materna di Dio, e della Casa di Carità.
Tra pochi mesi o tra qualche anno uscirete dalla Casa di Carità, proiettati nel mondo del lavoro: sentirete gente che parla male di Dio, dei preti, dei frati e soprattutto incontrerete gente che vive come se Dio non esistesse … voi non fatelo, non sarebbe giusto: voi avete incontrato la Casa di Carità, la mano paterna e materna di Dio.
Don Filippo Raimondi