S. Caterina e i laici nella Chiesa |
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Riportiamo il seguito dello scritto su S. Caterina da Siena del prof. Carlo Antonio Prestipino, a conclusione dell'articolo pubblicato in precedenza.
Si deve tener presente quella unione di Caterina con Cristo, fonte ed origine di tutto l'apostolato e - per dirla con papa Paolo VI - "quel potente anelito alla santità" che la Santa sentì fin da fanciulla e che seppe subito tradurre in "eroico esercizio delle virtù cristiane ed in feconda azione di apostolato".
Nella Chiesa molti sono i campi dell'apostolato in cui i laici possono incontrare S. Caterina come maestra e guida.
Uno dei più importanti è la famiglia, la prima, vitale cellula della società.
Proprio questa è la spirituale atmosfera, colma della presenza di Dio, che Caterina fanciulla e giovinetta seppe creare fra le pareti domestiche alla "fullonica".
Di una piccola cella aveva fatto il suo oratorio domestico dal quale riversava il suo premuroso affetto su tutti i mèmbri della sua numerosissima famiglia, non arrestandosi dinanzi a qualsiasi sacrificio e fatica.
Il B. Raimondo da Capua racconta che anche dopo lo sposalizio di Gesù -"lo ti sposo nella fede" - Caterina continuò a darsi "tutta umile ai servizi più bassi: a spazzare, a rigovernare la cucina, a fare di tutto; e averla veduta" - dice Fra Raimondo - "che brava serva! … Mirabile a dirsi, affaccendata com'era, non abbandonava un momento la delizia dello Sposo".
E quando la famiglia Benincasa fu colpita e decimata dalla peste, in quell'ora angosciosa e crudele, Caterina seppe essere l'angelo consolatore e benefico sia per i superstiti scampati al morbo inesorabile, sia per le vittime innocenti.
E con le sue stesse mani adagiò nel sepolcro, uno ad uno, ben otto dei suoi amatissimi nipotini, con la certezza nel cuore che per quelle anime senza colpa si erano dischiuse le soglie della vita eterna.
Ne furono solo i suoi familiari a sperimentare e beneficiare della sua ardente carità: tutta Siena, col contado, si accorse di questa sua carità; furono ben poche le persone che rimasero estranee alla sua azione caritativa nell'ospedale cittadino e anche nelle loro stesse abitazioni.
"I laici" - raccomanda il Concilio Vaticano II - "abbiano grande stima e sostengano, nella misura delle loro forze, le opere caritative e le iniziative di assistenza sociale, private e pubbliche, anche internazionali, con cui portare un aiuto efficace agli individui ed ai popoli che si trovano nel bisogno, cooperando con tutti gli uomini di buona volontà.
Facciamo sentire la nostra fraterna presenza là dove c'è chi manca del vestito, del cibo, della bevanda, della casa, delle medicine, del lavoro, dell'istruzione, dei mezzi che gli permettano di condurre una vita umana; là dove c'è chi è afflitto dalla tribolazione o da malferma salute, là dove c'è chi soffre l'esilio, il carcere, la solitudine". ( Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem 8 )
Di fronte a tutte queste umane sofferenze, S. Caterina è stata sempre pronta ed efficace operatrice e per noi maestra coi suoi luminosi insegnamenti.
Il suo caritativo amore era perfetto perché illuminato e sostenuto da una incommensurabile fede.
"E se mi dici: come posso avere questo amore," - sono sue parole - "dicoti che noi non possiamo avere, ne trarre altro che dalla fonte della prima verità.
Dico adunque che l'anima … ogni cosa vede nella fonte della bontà di Dio; e per Lui ama ciò che ama, e senza Lui nulla.- …
Crescendo il lume crescerà l'amore; e crescendo l'amore cresceranno le virtù e le opere fino alla morte".
Ed è proprio con questa crescita d'amore che Caterina assiste Teca, la lebbrosa, nonostante i maltrattamenti che da lei riceve in cambio della sua sollecitudine; e resta vicina, sempre amorosamente sollecita, alla cancerosa Andrea, che la ricambia con vergognose calunnie.
Ed ai rimbrotti di Monna Lapa, sconvolta da tanta ingratitudine, la Santa risponde: "Mamma mia dolce, credi tu che Nostro Signore sarà contento se lasciamo da un lato le opere di carità che ci comanda?"
Ma alla fine ella ha ragione dell'avversione, dell'ingratitudine di entrambe; la seconda dopo essersi convertita, di sua iniziativa la riabilita in pieno.
S. Caterina è stata anche sublime maestra nel modo di attuare i rapporti tra Chiesa discente e Chiesa docente.
È stata esempio dell'attività apostolica dei laici in seno alla Chiesa, nel rispetto dell'autorità e dell'ordine sacro; ed è stata anche esempio di come, chi riceve i carismi, chi è mosso dallo Spirito Santo, sottomette in umiltà i suoi carismi e la sua azione all'approvazione della gerarchia ecclesiastica.
A conclusione si ritiene utile ed importante accennare ad un problema, strettamente legato alla posizione di laici impegnati nella Chiesa: imitare, nei limiti delle possibilità dottrinali e spirituali di ciascuno di noi, S. Caterina nel suo glorioso, incomparabile cammino di fede verso la santità.
Una indicazione significativa si può intuire leggendo uno dei tanti episodi miracolosi della Santa ( per lei l'evento soprannaturale era, ogni giorno, naturale, e quello straordinario era ordinario ) narrato dal suo biografo-confessore, il B. Raimondo da Capua, descritto al n. 90 della sua "Vita di Caterina".
"Una volta, senza che io lo cercassi, ebbi un altro segno della perfezione di questa vergine; e lo voglio divulgare a suo onore, benché sia certo di farci una ben magra figura.
Caterina si trovava in letto ammalata nel predetto monastero e, desiderando di parlarmi di cose rivelate da Dio, mi fece chiamare di nascosto.
Ci andai e mi accostai al suo letto; e lei, secondo il suo modo di fare, cominciò a parlarmi di Dio ed a raccontarmi ciò che quel giorno le era stato rivelato.
All'udire cose tanto straordinarie, che non capitano a nessuno, dimentico ed ingrato della prima grazia già ricevuta, ebbi dei dubbi e dissi fra me: "Ma sarà vero tutto quello che dice?".
Mentre pensavo volsi lo sguardo verso di lei che parlava, e sull'istante la sua faccia si trasformò nella faccia di un uomo fiero il quale, fissandomi con occhi seri, mi mise addosso una gran paura.
Era una faccia ovale, di mezza età, ed aveva una barba corta del color del grano, e mostrava nell'aspetto una tale maestà, da dare a capire che fosse il Signore.
In quel momento, del resto, non potevo riconoscere altra faccia al l'in fuori di quella.
Spaventato ed atterrito, alzando le mani all'altezza delle spalle gridai "Chi è che mi guarda?".
La vergine rispose: "Colui che è!".
Con questa risposta quella faccia disparve ed io rividi distintamente il volto della vergine, che prima non potevo distinguere".
Prendiamo buona nota che il Beato Raimondo è stato sempre un uomo ponderato, non incline ai facili entusiasmi, qualità che fanno il biografo obiettivo e verace.
Questo episodio suggerisce il tema sopra accennato: "L'imitazione dei Santi", cioè "L'imitazione di Cristo nei suoi Santi".
Il Signore, mostrando il suo volto in Caterina, imparte al Beato Raimondo e a tutti noi un insegnamento che lo stesso Beato precisa poco più avanti con queste parole: "Venne infatti il Signore; e mostrandomi la sua faccia, mi si fece vedere dandomi un segno visibile che era Lui a parlare in lei ( Caterina )".
La trasformazione del volto di Caterina in quello del Signore ha questo significato: "Il Signore vive, opera, parla nei suoi Santi!".
"Chi ascolta voi, ascolta me". ( Lc 10,16 ), aveva detto Gesù ai settantadue discepoli inviati in missione apostolica.
La Parola di Dio è e rimane sempre la Sacra Scrittura, ma proprio la Sacra Scrittura ci propone l'imitazione dei Santi per bocca di S. Paolo quando dice: "Siate miei imitatori come io sono imitatore di Cristo".
Si può quindi cercare di approfondire la conoscenza di Dio anche imitando i suoi Santi, come quelli dell'Ordine Domenicano, in modo che diventi realtà di vita la preghiera: "O Dio Onnipotente, fa che gli esempi dei Santi del nostro Ordine ci spronino a migliorare la nostra vita, poiché coloro dei quali celebriamo la memoria, sono da imitare anche nelle azioni".
E fra questi la Santa Terziaria per eccellenza, Caterina da Siena, Patrona del Terz'Ordine e Patrona d'Italia.
A questo proposito rievochiamo le parole del Santo Padre Pio XII, che così disse ai Terziari in un suo discorso del 29.8.1958: "Non vi mancano esempi illustri per guidare i vostri passi e per sostenere il vostro slancio, contemplando la gloriosa Famiglia dei Santi e Beati dei tre ordini domenicani; e in particolare Santa Caterina da Siena, Patrona del Terz'Ordine".
Tutto il punto 50 della "Lumen Gentium" del Concilio Vaticano II ribadisce il dovere del buon cristiano d'imitare i santi.
Di quel documento si riporta qui una sola frase in quanto rappresenta il miglior commento al miracolo del volto di Cristo in S. Caterina, testimoniato dal B. Raimondo: "Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia più perfettamente trasformati nell'immagine di Cristo, Dio manifesta vividamente agli uomini la sua presenza e il suo volto.
In loro è Egli stesso che ci parla".
Non già che questa imitazione vada intesa in senso letterale: anche qui la lettera uccide mentre lo spirito vivifica.
Si tratta di amare le virtù di questi grandi privilegiati, vivere i loro esempi in spirito e praticarli anche concretamente, però con prudenza, nella misura consentita dalla nostra situazione personale, nel modo più conveniente al nostro stato sociale; non si tratta di reincarnarci in essi, di essere i loro sosia spirituali, di autorifabbricarci sui loro modelli; si deve semplicemente soltanto adattare alla nostra fisionomia le loro virtù e realizzare le loro opere, ma con le nostre mani.
Chopin è sempre Chopin, ma non ci sono due pianisti in tutto il mondo che riescano a suonarlo in modo identico.
Dio è sempre Dio, ma non ci sono due anime che riescano ad ospitarlo in modo eguale perché ogni anima è una realtà unica ed irripetibile.
Imitare i Santi, perciò, vuoi dire interpretarli adattando la loro santità alla nostra personalità.
Come conclusione si può manifestare la viva speranza che, sull'esempio e con gli insegnamenti di S. Caterina, sia sorto o si sia rinforzato in tutti il generoso proposito di rispondere con sempre maggiore fermezza ed entusiasmo alle chiamate che il Signore insistentemente, in ogni luogo ed in ogni tempo, rivolge a noi laici nella sua Santa Chiesa.