La Chiesa e gli affamati |
B281-A11
Vito Moccia
Profondo dispiacere mi ha procurato la chiusa dell'articolo "La carne del diavolo" di Massimo Gramellini, comparso su La Stampa di giovedì 9 novembre u.sc., che così recita:
"Ed è di questi ( cioè gli affamati ) che la Chiesa dovrebbe occuparsi, evitando di moltiplicare le bocche con politiche demografiche dissennate".
Che io sappia, l'insegnamento morale in campo demografico della Chiesa ( non le politiche, poiché la Chiesa non fa pianificazioni di questo genere ), è quello della paternità responsabile.
Ora mi pare che ciò che è responsabile sia l'opposto di dissennato.
Oppure si ritiene che tale dissennatezza sia la conseguenza della concezione cattolica della sessualità, considerata e apprezzata dal Magistero ecclesiale come uno dei beni più preziosi della natura umana, in cui più traluce il riflesso della vita trinitaria, e l'onnipotenza creatrice di Dio.
Tali sono gli elementi della sessualità, per il carattere gioiosamente unitivo e per la scintilla generativa in essa riposti.
Se fosse così, si dovrebbe piuttosto essere riconoscenti alla Chiesa, poiché salvaguarda la dignità della sessualità dalle banalizzazioni che la riducono a strumento epidermico di consumo edonistico, con esiti talora di disprezzo ( che è poi l' ultimo stadio della pornografia ), talaltra di attentato alla vita nascente.
Circa l'esortazione alla Chiesa di occuparsi dei "molti che non mangiano affatto", penso che non ci si debba dare pensiero, poiché sin dal suo primo configurarsi la Chiesa ha riposto nella carità la sua nota specifica ed effettuale.
La stessa Casa di Carità Arti e Mestieri ha la sua ragione d'essere nell'annunciare e nel portare la carità del Vangelo a chi non mangerebbe affatto - da noi e nel terzo mondo - se non avesse un mestiere, il che da decenni ci preoccupiamo di far apprendere gratuitamente.
Il dialogo con il mondo così detto laico è senza dubbio proficuo e arricchente, purché da parte di questa si abbandoni l'ironia o il sarcasmo.