Riflessioni di fr. Teodoreto sulla sofferenza |
B298-A5
- Vito Moccia -
Continuiamo a riportare le riflessioni di fr. Teodoreto sulle virtù da praticare quando si è ammalati, a seguito di quanto già pubblicato nel precedente bollettino,1 facendone frutto spirituale, come offerta a Dio in unione alle sofferenze di Gesù Crocifisso, per le vocazioni sacerdotali, religiose e secolari.
« Un terzo difetto che nuoce molto ai malati e diventa, per quelli che sono con loro, una sorgente di cattivo esempio, sono le conversazioni, quando sono inutili, e che si aggirano su cose vane e frivole.
Per dissiparsi, e qualche volta per un falso rispetto umano, essi parlano di tutt'altra cosa che di ciò che dovrebbe unicamente occuparli; s'informano delle notizie del momento, mentre non dovrebbero pensare che a quelle dell'eternità.
« Tutto ciò indica un cuore vuoto di Dio e pieno delle cose della terra.
Tali discorsi mettono le anime pie che le sentono nella costernazione, e portano i mondani a confermarsi nelle loro false idee sulla religione e su quelli che ne fanno una professione particolare.
È dunque molto importante in ogni tempo, ma soprattutto nel tempo della malattia, di trattenersi di cose pie e di farlo in modo edificante, che faccia conoscere la nostra sommissione e la nostra intiera rassegnazione agii ordini del nostro divin Maestro.
« Dobbiamo fare in modo che tutti quelli che ci avvicinano quando siamo malati, conoscano la stima che noi facciamo delle malattie e che noi le riteniamo come un dono di Dio.
E come, infatti, non ne saremmo2 intimamente convinti?
Esse sono della scelta di Dio, che ce le manda nella sua grande misericordia; esse ci mostrano, meglio di qualsiasi altra sofferenza, la debolezza, la miseria, il nulla della nostra natura e di tutte le cose della terra; esse ci fanno sospirare il Paradiso; esse sono un mezzo necessario di salvezza per un gran numero di persone che una sanità continuata avrebbe perduto;3 esse sono per i più perfetti una sorgente inesauribile di meriti, e finiscono di purificarli delle macchie che hanno potuto contrarre nel commercio del mondo,4 perché siano introdotti più prontamente al possesso della felicita eterna. »
Le riflessioni sopra riportate sono di alta spiritualità e di forte incentivazione a progredire nelle virtù proprio in circostanze in cui sembra che tutto debba declinare e portare all'indebolimento, come nel tempo della malattia.
Ma fr. Teodoreto, trasparente discepolo di Gesù Crocifisso, ci ripropone l'insegnamento e l'esempio del Maestro, che proprio nel supremo olocausto délia croce ci ha redenti e si è posto come sommo modello di virtù.
Dai pensieri di fr. Teodoreto siamo esortati ad essere di edificazione anche se ammalati e sofferenti, intrattenendo chi ci è vicino, o ci visita, con discorsi, o anche solo con parole ispirate alla fede e alla carità, testimoniando in tal modo quanto sia viva la nostra speranza per l'unione perfetta con Gesù.
Questo atteggiamento non esclude certamente il desiderio di miglioramento fisico e di guarigione: è opera di misericordia alleviare le sofferenze e contribuire a ridonare la salute, e lo stesso sacramento dell'Unzione degli infermi "consente talvolta, se Dio lo vuole, anche il recupero della salute fisica".5
Non temere e vedrai quanto è potente la mano del Signore. ( Es 14,31; Sal 3,4; Sal 11,1 )
Ma l'esortazione di cui sopra di fr. Teodoreto è essenzialmente rivolta a farci "sospirare il Paradiso", ad avere coscienza che il nostro destino è la felicita eterna con Gesù, che ci ha preparato un posto nella casa del Padre ( Gv 14,2 ).
Avere radicato in se questo pensiero e questa certezza è conforto, anzi salvaguardia di serenità anche tra le prove e i dolori.
E allora comprendiamo l'altra folgorante affermazione, di considerare le malattie come "dono di Dio".
E se sono dono, dobbiamo renderne partecipi gli altri, oltre che con l'esempio, con la nostra offerta permanente per le loro necessita: in particolare, secondo la finalità specifica di questa nostra solidarietà spirituale denominata appunto "Coraggio della sofferenza", unendo le nostre sofferenze a quelle di Gesù crocifisso, per le vocazioni sacerdotali, religiose e secolari, pregando il Padre perché mandi operai alla messe, che è molta, mentre questi sono pochi ( Mt 9,37-38 ).
Nelle presenti circostanze lo sperimentiamo direttamente quanto siano pochi gli operai rispetto all'abbondanza della messe.
Ebbene, invece di cedere alla tentazione dello scoramento e del pessimismo, diamo il nostro operoso contributo mettendo in pratica l'esortazione del Maestro, con la preghiera, in particolare con l'Adorazione alle sue sacre piaghe, sanguinanti e gloriose - il che ci farà sentire più forte la nostra partecipazione al suo sacrificio di amore - e con l'offerta delle nostre sofferenze, perché il Padre gratifichi il "Popolo di Dio", cioè la sua Chiesa, di zelanti ministri, di fedeli desiderosi della perfezione evangelica, di catechisti testimoni del Vangelo con la parola e con l'esempio, di sposi che attestino nel matrimonio le mistiche nozze di Gesù con la Chiesa.
Siamo grati allo Spirito Santi per la ricchezza di doni che ci elargisce, siamo solleciti ad assecondare le sue ispirazioni, consentendoci di operare per il Regno di Dio anche se, in termini umani, inattivi, o magari se costretti a letto.
1 Cfr. n. 290, del marzo scorso, pag. 75. Quanto ora riportato è l'ultimo tratto delle Riflessioni sulla malattia, di cui alle pagg. 346 - 348, del 4° quaderno per la formazione dei Catechisti.
2 Nel testo autografo è scritto "saremo ", ma mi pare che il senso del discorso deponga per il condizionale.
3 Nel testo autografo: "che una sanità continuata le avrebbe perdute".
4 Ossia, nel contatto col mondo.
5 Cfr. art. 319 del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica