Il Volto |
B306-A11
Antonio De Salvia
Nella sua diafana immobilità - il corpo rigido, composto, tormentato, lacero scuote l'anima, muove il cuore, sconvolge del sapiente le certezze, mostra della perfida follia la protervia, della ragione superba l'inganno.
Quel volto emerge solenne - labile, fragile, sorpreso, inerte - ti fa vibrare, e ti interroga: "Ho dato all'uomo la fiducia: tradita; al mio corpo egli ha dato oltraggio, sofferenza alla mia anima, delusione allo spirito, alla mia vita morte in croce, la violenza dell'ingratitudine e l'insolenza dell'irrisione.
Il mio volto e il mio corpo - nella debolezza dell'essere - esangui, percossi, trafitti.
Io - vittima dell'incoerenza umana - per testimonianza sono uomo e per dono d'amore, per far in te scoprire le tracce del divino e del Padre creatore."
Quei lineamenti di volto si imprimono nell'uomo e, se umile e innocente, si ricompone la dignità del dialogo: "Sento la tua voce che mi chiama, sei debole mentre soffri, sei uomo mentre sei deriso, sei fratello mentre io ti ignoro, aspetti l'uomo che fugge, cerchi chi si nasconde, offri rifugio al figlio prodigo, e conforto all'anima smarrita, ti fai vittima dei tuoi figli, sei l'ultimo e subisci l'insulto più vile per offrire la ragione di vita che esalta l'uomo e lo immerge nell'infinito"
Nella sua attesa lunga e silenziosa, nell'immobilità solenne quel volto è sempre: - passato, presente, futuro - rinnova la ragione del tempo, della vita, dell'essere.
… e finalmente l'intelletto si apre, il cuore riprende il ritmo dell'armonia, l'anima sente l'incanto del perdono, l'uomo si riflette in quel volto, si riconosce nella propria colpa e trova della propria inquietudine la pace.
Aprile 2010
In occasione dell'ostensione della Sindone