Riflessioni sul Logos dal Vangelo secondo Giovanni  

B351-A4

di mons. Giuseppe Pollano

Ottava serie, con esame dei versetti Gv 6,48-51:

« 48 Io sono il pane della vita.

49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto ma sono morti;

50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.

51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. »

"Io sono il pane vivo, disceso dal cielo"

Riassunti dal commento al Prologo e al suddetto testo.

1° ) Il Logos si è fatto uomo per glorificare il Padre e per attirarre a Sé

Ecco il culmine del bene che proviene a noi uomini dall'Incarnazione ( Gv 1,14 ): siamo tutti attratti in Dio, "che è amore" ( 1 Gv 4,8 ) per opera di Gesù, "primogenito fra molti fratelli" ( Rm 8,29 ).

Si tratta di una parentela vitale nell'ordine dell'essere divino, realissima anche se ( o quando ) noi non l'avvertiamo: invero noi siamo abituati a relazioni psicofisiche, cioè dei sensi e della mente, e non alla percezione diretta del divino in questa vita, cui invece perveniamo, di regola, attraverso ie fede.

E questa divina realtà ci è propria per la nostra condizione di enti creati, dato che esistiamo ma appartenendo a Dio ( così come il pensiero appartiene a chi pensa ).

2° ) Gesù rivela Sé come pane.

"Irruzione" del divino nell'umano.

Se tale rivelazione è risultata sconvolgente all'annunzio datone da Gesù ( cfr. Gv 6,67: "Volete andarvene anche voi?" rivolto ai discepoli ( dopo l'abbandono di molti al discorso eucaristico ), lo è altresì oggi per chi si accosti alla Eucarestia senza la piena consapevolezza di nutrirsi di Dio attraverso la divina umanità di Gesù.

Per facilitare la comprensione delle parole di Gesù: "Io sono il pane della vita" e seguenti, poniamo l'attenzione a tre principi del nostro rapporto di creature rispetto a Dio creatore: la "somiglianza", la "simbolicità" e la "comunione":

a ) somiglianza:

"Chi opera, realizza qualcosa di simile a sé",1

Gesù adotta la realtà del pane per mostrarci che la vita è possibile solo perché vi è un Nutriente, una realtà che discende dal Cielo ( in effetti pertanto è il pane a rassomigliare a Cristo, che si definisce "il pane dal cielo, quello vero" );

b ) simbolicità:

Gesù può riferire la realtà del pane a quella di Sé, quale vero Nutritore.

Invero il pane è anche segno di altro nutrimento di cui l'uomo necessita, quale le cause del suo esistere, la mèta e lo scopo della sua vita ( cfr Mt 5 e 6 );

c ) comunione:

Gesù realizza il passaggio di vita personale da Sé a noi, il che è possibile perché il suo essere è aperto all'altro, è capace di comunicarsi e renderlo vivo di Sé.

Quindi, essendo Egli il Logos creatore, in quanto uomo diviene il modello umano supremo".2

3° ) Attualità del discorso sulla realtà eucaristica di Gesù all'uomo d'oggi.

La difficoltà ad accogliere il discorso di Gesù da parte dei suoi contemporanei - pur con l'eloquente eccezione dei discepoli e della prima comunità, da cui è scaturita la Chiesa - si rinnova nella nostra cultura abituata a verificare la realtà attraverso i sensi, pertanto con una limitata area conoscitiva.

Però anche per il nostro tempo rimane invariata la vocazione profonda al pane, intesa come anelito alla natura divina, quale risveglio dell'interesse per i discorsi di Dio.

Semprechè da parte nostra non vi siano motivi personali di opposizione, come alcune egocentriche passioni gratificanti, al cui appagamento non intendiamo rinunciare, nel preteso timore di essere "danneggiati" da Dio ( accusa contro Dio: "Voi non morirete affatto … sareste come Dio"; cfr Gen 3,4 ).

Ma rimovendo tali ostacoli, noi perverremmo alla gioia della verità, seguendo la via eucaristica.


1 Cfr S. Tommaso, Summa Theologiae, parte 1°, q. 45, a. 6.
2 Tali principi di comunione e somiglianza mi paiono sulla linea della congettura del beato Rosmini sulla nostra anima separata dopo morte, che avrebbe nell'Eucarestia il suo termine reale ( il corpo ), prima della resurrezione della carne.