Riflessioni sul Logos dal Vangelo secondo Giovanni  

B353-A4

Undicesima serie, con esame dei versetti Gv 6,54-57:

« Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. ( v. 54 )

Perchè la mia carne è vero cibo e vera bevanda. ( v. 55 )

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. ( v. 56 )

Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. » ( v. 56 )

Mangiare la carne e bere il sangue di Gesù è dimorare in lui e lui in noi.

Riassunti dal commento al Prologo e al suddetto testo.

1°) Insistenza di Gesù sul cibo eucaristico che dà la vita eterna e la risurrezione

Gesù enuncia un nuovo "statuto antropologico", cioè norma di vita, basato sulla "dimora" nostra in lui, e sua in noi, come permanenza immutabile, attraverso il cibo eucaristico.

La risurrezione va riferita in primo luogo a Gesù stesso, il cui "ultimo giorno" è stato quello della croce, per la redenzione dell'uomo nuovo; e dal suo risorgere si va al nostro, alla fine dei tempi, per proiezione storica.

Il "vivere per Gesù", come esito del cibo eucaristico, esprime la finalità piena del nostro esistere, oltre al riconoscerne in lui l'autore.

Lo stesso vale per Gesù nei confronti del Padre ( che lo ha mandato e di Cui Gesù vive )

I suddetti versetti, specie il 56 e il 57, sono il cuore del cristianesimo vissuto, poiché affermano gli effetti del nutrimento eucaristico, che è il passaggio dell'essere divino nell'essere umano, che ne rimane vivificato.

Ciò comporta una "avidità spirituale" che supera la nostra condizione terrena, sia nella serenità che nel dolore.

Per la Chiesa e per ogni fedele la pienezza della vita cristiana è connessa alla reale adesione eucarestica.

2°) Effetti della dimora di Gesù nel fedele: interiorità e metamorfosi

La nostra fede esprime la dimora reciproca di Gesù nel credente, grazie al nutrimento eucaristico, anche se non possiamo intenderne il modo.

Né ci asseconda a sufficienza il confronto con quanto sappiamo sulle relazioni psichiche tra persona e persona.

Peraltro, essendo Gesù il Logos, noi Gli apparteniamo come "esistenti", il che è consono con la "dimora", benchè sia ancora più arcano.

Occorre pertanto riferirsi alla nostra esperienza vissuta, ossia all' "effetto interiorità", e all' "effetto metamorfosi":

a) effetto interiorità.

Il concetto di interiorità è "tra i più familiari ai maestri di spirito", sebbene oggi sia quasi scomparso l'interesse culturale per l'esperienza religiosa, soprattutto per la svolta psicologistica sulla coscienza, propria della psicanalisi.

Ma l'uomo interiore continua ad esistere nella Chiesa, poichè trae se stesso dalla "reciprocità" con Dio, costituita in fede e amicizia, da cui il discernimento tra "Dio e mondo", "orazione e attività", "silenzio e parola", "pace e angoscia" ecc.

b) effetto metamorfosi.

È l'attuazione sul piano umano del disegno divino: "conformazione alla immagine del Figlio" ( a href="../../../../../Testi/Bibbia/NuovoTest/LPaolo/LRomani/LRom08.htm#V29" target="CIT2" onclick="Vedi(ff2)">Rm 8,29 ), ed è giungere ad "avere il pensiero di Cristo" ( 1 Cor 2,16 ), e "i suoi stessi sentimenti" ( Fil 2,5 ), accostandoci alla stessa Eucarestia con mentalità, costumi e civiltà caritatevoli, nell'amarci gli uni gli altri, perché Gesù sia "tutto in tutti" ( Col 3,11 ).

3°) Lo Spirito di Gesù convince la coscienza della necessità assoluta di Dio, per sé e per tutti

La presenza "trascinante" di Gesù e del suo Spirito in noi comporta l'insufficienza dei desideri prettamente mondani.

La nostra natura di creature "capaci di Dio" sollecita una "vigilanza" tendente a Dio come il fine voluto dell'esistenza, con la caduta di ogni senso apparente dell'esistere senza di Lui.

Tutte le revisioni di vita divengono possibili, perché l'impulso interiore di Dio sorpassa tutti gli obiettivi esistenziali: ma non li annulla perché si dispongono in un sistema nuovo, giustificato dal "sia fatta la tua volontà" ( Mt 6,10 ).

Dove "volontà" non dice solo un singolo accadimento, ma il progetto paterno di Dio.

Per il credente essere di Cristo diviene l'unico senso dell'esistere.

Questa è la "maturazione eucaristica" alla quale tutti stiamo tendendo, mentre esistiamo: dagli uomini e donne che siamo, procediamo verso il dimorare in Dio fatto Gesù e cibo per noi, in perenne riconoscenza: "Signore, Tu hai parole di vita eterna" ( Gv 6,68 ).

mons. Giuseppe Pollano