Chiesa italiana e Mezzogiorno |
La Chiesa non ha solo il diritto-dovere di "dare il suo giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò è richiesto dai diritti fondamentali della persona",14 ma, in positivo, deve predicare la giustizia ed impegnarsi per la sua realizzazione, perché la missione di predicare il Vangelo richiede ai nostri giorni che noi già ora ci impegniamo per la liberazione dell'uomo mentre egli vive in questo mondo.15
Il giudizio etico sulla "questione meridionale"investe molteplici aspetti e responsabilità.
Occorre anzitutto prendere coscienza che la situazione del Mezzogiorno non è il frutto di una fatalità storica, ma di precise causalità.
C'è stata e continua a sussistere una dipendenza economica del Mezzogiorno da logiche di tipo capitalistico e produttivistico di grandi apparati industriali e finanziari, italiani ed europei, che hanno finito per condizionare le stesse scelte di politica economica.
Attualmente il "mercato" appare e viene esaltato come "realtà vincente" sull'uomo e sulla solidarietà tra gli uomini e tende a porsi come egemone anche nei confronti dello Stato, al quale invece compete la salvaguardia e la promozione di quel valore superiore e fondante che è il bene comune.
I fenomeni dell'individualismo e del soggettivismo esasperato hanno qui una loro causa non secondaria.
Pur riconoscendo la necessità e la validità di un corretto mercato, non scisso da valori e vincoli etici, non possiamo non esprimere una valutazione critica.
C'è bisogno di ritrovarsi nella "verità", per armonizzare l'ordine dell'uomo e l'ordine delle cose, l'ordine del lavoro e l'ordine del denaro.
Occorre che la solidarietà prevalga sull'individualismo, il lavoro abbia il primato sulla proprietà.
Tutto ciò potrà realizzarsi se verrà riconosciuto l'ordine della creazione, senza lasciarsi fuorviare da una pretesa "libertà", alienata, spesso, dall'idolo del denaro.
Il Concilio Vaticano II a proposito dello sviluppo economico offre alcuni giudizi che bisogna ripensare ed attuare, anche nella situazione italiana: "Il fine ultimo e fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni produttivi né nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensì nel servizio dell'uomo integralmente considerato".16
Il controllo dello sviluppo economico spetta all'uomo: non bisogna lasciarlo in mano di pochi, né di un processo quasi meccanico dell'attività economica.17
Ed ancora, lo sviluppo economico deve tendere ad eliminare le disuguaglianze economico-sociali e non ad accrescerle ancora.18
Le due grandi Encicliche sullo sviluppo, "Populorum progressio" e "Sollicitudo rei socialis", hanno ripreso, ampliato e approfondito questi insegnamenti, mostrando che lo sviluppo stesso è "vocazione" e processo di popolo ed è, quindi, da suscitare in ogni uomo ed in ogni comunità, e che esso non è soltanto di natura economica.
Nella linea del Magistero pontificio e conciliare, la Chiesa italiana fa proprie le ragioni delle popolazioni del Sud ad avere un loro specifico ed autonomo processo di sviluppo, che non sia copia di "modelli lontani" e che si caratterizzi come evoluzione complessiva vissuta da tutta la società meridionale.
È decisiva e chiarificatrice l'affermazione di Giovanni Paolo II, che riprende una intuizione di Paolo VI: "Non c'è autentico sviluppo se non è di tutto l'uomo e di tutti gli uomini".19
Lo sviluppo, dunque, è tale quando "ogni" uomo ne trae beneficio.
Ma questo non basta.
Lo sviluppo deve investire "tutto l'uomo": non può, cioè, essere solo di ordine economico, ma deve essere anche di ordine culturale, spirituale, morale e religioso.
L'"esseren prevale e deve necessariamente prevalere sull"'avere"; l'avere deve servire l'essere.
Senza dubbio, le persone umane hanno bisogno "dei beni creati e dei prodotti dell'industria, arricchita di continuo dal progresso scientifico e tecnologico".20
Il fatto che una sempre maggiore quantità di beni e di risorse venga messa a nostra disposizione è motivo di apprezzamento e di soddisfazione.
Anzi, in ciò "dobbiamo vedere un dono di Dio ed una risposta alla vocazione dell'uomo che si realizza pienamente in Cristo".21
Ma la mentalità consumistica, che il benessere materiale ha contribuito a diffondere, può rendere schiavi del possesso e del godimento immediato, "senza altro orizzonte che la moltiplicazione o la continua sostituzione delle cose, che già si posseggono, con altre ancora più perfette".22
È dunque necessaria una vera, coerente politica meridionalistica.
Si tratta, cioè, di elaborare una politica economica nazionale che veda nel superamento della questione meridionale il riferimento più sicuro per una unificazione economica e sociale del Paese, nel quadro dell'avvenuta unificazione politica.
Una politica economica nazionale, quindi, che faccia del superamento del divario Nord-Sud un obiettivo primario, da perseguire con coerenza ad ogni livello.
Il Mezzogiorno - già notavamo - in questi quarant'anni è certamente cambiato.
Ora, per il modo stesso in cui è cambiato, si tratta di ricuperare un ritardo che non è tanto di mero reddito, ma di produttività e di occupazione.
Bisogna quindi perseguire una politica produttiva per il risanamento del divario tra Sud e Nord del Paese, con l'individuazione di nuovi strumenti di intervento, e soprattutto porre in atto un impegno straordinario per l'occupazione nel Sud, con una politica coraggiosa che guardi al futuro e ad interventi la cui efficacia economica sia di lungo periodo, anche se non misurabile immediatamente in termini di profitto.
Ci rivolgiamo perciò alle forze politiche, imprenditoriali, sindacali, sociali e culturali perché si impegnino a perseguire con scelte coerenti l'obiettivo del superamento del divario Nord-Sud, a partire dal grave problema della disoccupazione.
La politica economica per sostenere ed allargare la base produttiva del Mezzogiorno deve essere mirata al territorio e diretta a realizzare un tessuto capillare di sviluppo.
Innervando il territorio di strutture, di infrastrutture e di servizi, si favorirà la nascita e la crescita di realtà produttive locali, soprattutto di medie e piccole imprese, in sinergia con le grandi risorse già presenti nel Mezzogiorno e suscettibili di forti sviluppi, come l'agricoltura, il turismo e l'artigianato.
Appare importante, in particolare, lo sviluppo di centri di ricerca teorica ed applicata, come supporto per le aziende che producono avanzata tecnologia.
Essi possono costituire, nello stesso tempo, una via di superamento della disoccupazione intellettuale ed un freno alla "fuga dei cervelli" del Sud.
Lo sviluppo della stessa agricoltura meridionale deve trovare un punto di forza nel rinnovamento tecnologico ed organizzativo della produzione, trasformazione e distribuzione dei prodotti, a livello locale, nazionale ed internazionale.
Riguardo al turismo, le potenzialità del Mezzogiorno d'Italia appaiono immense, non solo sotto il profilo della bellezza della natura, ma per i monumenti e le memorie di una storia e di un intreccio di culture che consentono lo sviluppo di un turismo orientato alla promozione integrale dell'uomo.
Tutto questo, però, non potrà pienamente realizzarsi senza un forte e rigoroso impegno per il rispetto della natura e la salvaguardia dall'inquinamento atmosferico e industriale, per il Mezzogiorno come per il resto del Paese.
Per il superamento del divario tra Nord e Sud è comunque essenziale un diverso protagonismo della società civile meridionale, con un più equilibrato rapporto tra questa e le istituzioni dello Stato.
Una organizzazione forte ed autonoma della società civile costituisce un fattore decisivo ed indispensabile per lo sviluppo del Mezzogiorno.
La formazione di soggetti capaci di gestire la trasformazione della società appare quindi il compito e l'obiettivo a cui dedicare le migliori risorse.
Anche il ricupero del senso dello Stato passa attraverso un più forte senso del "sociale".
Tutti gli agenti educativi devono sentirsi impegnati a far ritrovare fiducia nella convivenza civile, aiutando a superare i rischi dell'individualismo e della massificazione.23
Bisogna diffondere luoghi, spazi, occasioni di incontro riguardo ai nodi fondamentali dell'organizzazione sociale, per la formazione di una coscienza personale e collettiva consapevole dei diritti e dei doveri dei cittadini e dei meccanismi politici ed amministrativi che ne tutelano e regolano l'esercizio.
Bisogna rilanciare una cultura politica che ridefinisca lo spazio della politica stessa.
Preme, poi, un risanamento delle procedure per la raccolta del consenso, che instauri un corretto rapporto con il cittadino elettore e protagonista della vita della società civile.
E di primaria importanza una gestione dell'apparato amministrativo che sia veramente al servizio dei diritti umani e sociali delle persone e delle famiglie, in particolare nel campo della sanità e della scuola.
Non è comunque realizzabile alcun valido progetto se non vi sarà un grande ricupero di moralità sociale, di "coscienza sociale" e di legalità.
Bisogna ricuperare la fiducia nelle istituzioni ed educare al rispetto della legge.
È vero che la legge non è tutto, ma è pure vero che la legge e la legalità sono indispensabili al vivere civile.
La ripresa del Sud è, così, chiamata ad essere globale.
In caso diverso non sarà una vera ripresa.
Deve essere politica, economica, culturale, ma soprattutto etica.
Concludiamo questo capitolo, e introduciamo quello seguente dedicato all'individuazione di alcune linee di impegno pastorale, richiamando la prospettiva illuminante della Sollici tudo rei socialis, che orienta ed unifica quanto finora si è detto. Giovanni Paolo II, partendo dalla parola di Dio a cui direttamente o indirettamente approda ogni riflessione sull'autentico sviluppo umano, fa rilevare che la nozione stessa di sviluppo non è soltanto "laica", o "profana".
"Uno sviluppo non soltanto economico si misura e si orienta secondo questa realtà e vocazione dell'uomo visto nella sua globalità, ossia secondo un suo parametro interiore", il parametro della persona creata a immagine e somiglianza di Dio.24
Indice |
14 | Gaudium et spes, n. 76. |
15 | Cfr Sinodo dei Vescovi 1971, La giustizia nel mondo, n. 11. |
16 | Gaudium ef spes, n. 64. |
17 | Ivi, n. 65. |
18 | Ivi, n. 66. |
19 | Giovanni Paolo II, Lettera enciclica, Sollicitudo rei socialis, n. 30. |
20 | Ivi, n. 29. |
21 | Ivi, n. 29. |
22 | Ivi, n. 28. |
23 | Cfr Gaudiurn et spes, nn. 25-26. |
24 | Giovanni Paolo II, Lettera enciclica, Sollicitudo rei socialis, nn. 29-30. |