Il giorno del Signore  

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Conclusione

39. - Perché la domenica torni ad essere tutto ciò che si è detto, saranno necessari molto tempo e molto lavoro.

Le trasformazioni culturali non sono facilmente reversibili.

Non è realistico ipotizzare un ritorno al passato.

La nostra domenica è molto diversa da quella dei nostri nonni, e quella del duemila sarà diversa ancora dalla nostra.

Ma attraverso tutte le pur necessarie trasformazioni sociali e culturali, non potranno mai venire meno, nella domenica del cristiano, quei caratteri e quello spirito che hanno fatto di questo giorno « il signore dei giorni ».

40. - Perché questo avvenga, dovremo essere capaci di restituirgli il suo carattere più vero, più proprio: il volto gioioso della vera festa.

Probabilmente non basterà curare meglio la celebrazione eucaristica; nemmeno punteggiare la giornata di momenti di preghiera e nemmeno fare visite ai conoscenti, ai malati, al cimitero.

Tutto ciò è necessario, ma non basterà.

È necessario tornare a « far festa ».

E festa » è letizia, volontà di stare insieme, gioia di parlarsi e di prolungare l'incontro, è convivialità, è condivisione, è riposo, è anche sano divertimento.

Tutto ciò è autentico quando si radica nella gioia cristiana; nessuna festa è vera, se non si esprime nella letizia che viene dalla comunione con Dio, che edifica e sorregge la comunità ecclesiale, che è segno di speranza da dare al mondo.

41. - Non è compito di questa Nota dire come questo può tradursi nella pratica domenicale delle nostre comunità.

Era nostro dovere però indicare la strada.

Alle parrocchie, alle comunità, alle famiglie, ai gruppi e movimenti ecclesiali, tutti ugualmente sorretti ed animati dalla carità e dallo Spirito di Cristo, al loro entusiasmo, al loro coraggio e alla loro fantasia creatrice è affidato il compito, grave ed urgente, di restituire al giorno del Signore tutta la sua pienezza di cristiana umanità.

Roma, 15 luglio 1984, XV domenica del Tempo Ordinario.

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