Evangelizzazione e cultura della vita umana |
4. - Non è sempre facile capire e interpretare l'atteggiamento che comunemente viene oggi assunto nei confronti della vita.
Anche nel nostro Paese, nel quale il rispetto e l'amore verso la vita sono stati alla base di una cultura millenaria, la mentalità e il costume dominanti sono complessi, notevolmente diversificati e talvolta persino contraddittori.
Sembrano contrapporsi una cultura della vita e una cultura della morte o, più in profondità, una vera cultura della vita ed una presunta cultura della qualità della vita.
In larga parte dell'opinione pubblica viene oscurandosi o dissolvendosi quella "verità" sulla vita umana che Dio ha impresso fin "dal principio" nel cuore dell'uomo e della donna.
Tra gli stessi credenti e praticanti si sviluppa la tendenza a dissociare la fede cristiana dalla sue esigenze etiche nell'ambito della vita umana.
Ne derivano non solo sottolineature unilaterali e riduttive di alcuni aspetti della vita umana, che prescindono da una concezione integrale dell'uomo e della sua dignità personale, ma anche visioni distorte e comportamenti inaccettabili.
Vorremmo cogliere alcune tra le tensioni più rilevanti presenti nella nostra società e cultura, dalle quali sorgono alcuni fondamentali interrogativi che sollecitano una risposta chiara e convincente, come premessa necessaria per un'adeguata azione culturale e pastorale.
5. - Sono senza dubbio in crescita la stima per il valore della vita umana e la consapevolezza che la sua difesa e promozione esigono maggior impegno e solidarietà da parte di tutti e ad ogni livello.
Anche gli atteggiamenti culturali e pratici di segno contrario vengono sottoposti, non poche volte, ad un ripensamento più responsabile.
In molte persone è sempre vivo l'impegno a garantire tutela e aiuto alla vita umana, come attestano la preoccupazione per le diagnosi prenatali, la ricerca di cure adeguate a fronteggiare malattie gravi e non ancora vinte, la sollecitudine nei confronti degli anziani, dei malati inguaribili, delle persone non autosufficienti o portatrici di handicap.
In un orizzonte più ampio, è da registrarsi un diffuso e convinto impegno per la pace, per lo sviluppo solidale dei popoli, per l'ecologia.
6. - D'altra parte si ripresentano atteggiamenti ideologici e politici che denotano un clima in cui perdurano, o addirittura si acuiscono, molteplici forme di minaccia, di violenza, di rifiuto della vita, tanto più insidiose quanto più si nascondono dietro false apparenze di civiltà, a cominciare dal ripetuto appello alla "qualità della vita".
Continuano oggi a svilupparsi, tra le forme di violenza e di disprezzo della vita umana, fenomeni quali la droga, l'alcolismo, la pornografia, la violenza sessuale e la prostituzione, il maltrattamento minorile e in particolare dei bambini.
I suicidi, anche di adolescenti, sono indice drammatico di una stanchezza di vivere.
Lo stesso diffondersi dell'AIDS è un altro segnale preoccupante di irresponsabilità verso se stessi e verso gli altri.
La cultura dominante considera la "qualità della vita" come valore primo e assoluto e la interpreta prevalentemente o esclusivamente in termini di efficienza economica, di godibilità consumistica, di bellezza e vivibilità della vita fisica, separata dalle dimensioni relazionali, spirituali e religiose dell'esistenza.
Una simile cultura conduce, come a suo esito ultimo, alla eliminazione di tutte le vite umane che appaiono insopportabili, perché prive di quella pretesa qualità della vita.
Così, di fronte al rischio di dare alla luce una creatura malformata o malata, le diagnosi prenatali diventano una facile premessa per l'aborto.
Di qui anche i tentativi di emarginazione degli anziani, delle persone non autosufficienti, di malati gravi e di quelli terminali, sino alle forme più o meno larvate di eutanasia, per la quale non manca chi invoca una legittimazione giuridica, facendo leva sui cosidetti "casi pietosi" come già è accaduto per l'aborto.
Così si sopprime la vita perché la si pretende perfetta!
Anche la questione ambientale è spesso affrontata in una prospettiva distorta: ciò avviene quando la tutela della natura non trova il suo primo e più essenziale riferimento nel valore inviolabile della persona umana.
7. - Gli atteggiamenti e i fenomeni ora ricordati ripropongono in modo acuto e non eludibile profondi interrogativi circa il valore della vita umana, il fondamento della sua sacralità, il significato della sofferenza, della malattia e della morte, il vero contenuto della qualità della vita.
È necessario domandarsi se la vita umana è degna di essere vissuta per una sua presunta qualità, che consisterebbe nell'assenza di disagi, di povertà e di sofferenze, o non piuttosto per se stessa, in quanto vita della persona.
La riflessione deve obbligatoriamente spingersi sull'essere stesso della persona, colto alle sue radici: solo così trova risposta la questione della sua dignità, dei suoi diritti e doveri, del suo destino.
8. - Se consideriamo ora la vita umana alle sue sorgenti, dobbiamo registrare come di fronte al compito generativo molte coppie di sposi si trovano o succubi della paura o prigioniere della cosiddetta "cultura del desiderio": le prime hanno quasi terrore di avere un figlio, le seconde lo vogliono e lo pretendono ad ogni costo.
9. - Come per tanti uomini e donne del nostro tempo, « anche nella Chiesa - rilevava il Papa parlando alle Equipes Notre Dame - molte famiglie non sanno più che i 'bambini sono il dono più grande del matrimonio' ».4
Si può comprendere una certa paura del figlio a causa di non poche difficoltà che le coppie di sposi incontrano: difficoltà di ordine non solo economico-sociale, ma anche psicologico.
Quando però la paura diventa disistima, anzi rifiuto programmatico del figlio, sono altre le cause da ricercare e individuare: sono le cause culturali derivanti da una visione superficiale, egoistica e sbagliata della vita umana.
In realtà sono diversi i fenomeni e gli atteggiamenti che attestano la presenza nel nostro Paese e nella stessa comunità cristiana di una simile cultura.
Ci sono giovani coppie che tendono a procrastinare di molto la nascita del primo figlio, dopo aver provveduto a sistemare altre cose ritenute essenziali secondo i modelli oggi dominanti.
Tutto questo si congiunge con vissuti psicologici e scelte di vita nettamente contrari alla procreazione, sistematicamente evitata con la contraccezione.
L'uso dei diversi mezzi anticoncezionali manifesta e fa crescere una sempre più diffusa e radicata mentalità anti-vita.
Tale mentalità trova la sua massima espressione nell'aborto, spesso utilizzato come strumento di controllo delle nascite e largamente facilitato da una legge civile che contraddice ai fini da essa stessa dichiarati e che viene applicata non di rado arbitrariamente.
Si vanno, inoltre, sviluppando nuovi tentativi di rendere ancora più facile l'aborto, eliminandone - si dice - il trauma chirurgico con il semplice ricorso ad un farmaco, come ad esempio la Ru 486: ma di aborto si tratta, ossia di deliberata eliminazione della vita umana, per altro a scapito di ogni reclamata socializzazione e del superamento della clandestinità.
La stessa legittima regolazione della fertilità, alla quale sono responsabilmente tenuti gli sposi, riceve talvolta una interpretazione riduttiva e distorta, perché viene vissuta come forma di impedimento della fecondità.
In questo contesto è da collocare il fortissimo calo demografico, nel quale l'Italia è arrivata a conseguire un triste primato, carico di implicazioni negative per il futuro della nostra società.
10. - Un nuovo fenomeno caratterizza la mentalità e la cultura di oggi, in contrapposizione alla paura del figlio: è il desiderio del figlio voluto ad ogni costo, quasi se ne avesse il diritto.
Nuove prospettive, infatti, sono state aperte dalla scienza e dalla tecnica e diverse forme di fecondazione artificiale rendono possibile il concepimento al di fuori dell'unione sessuale dell'uomo e della donna.
Il dare la vita in questo modo si trasforma in un fatto solo tecnico, in un problema di mezzi, totalmente in balia dell'uomo, secondo la logica della fabbricazione di un prodotto.
11. La procreazione della vita umana, oggetto insieme di paura e di esasperato desiderio, pone alcuni importanti interrogativi.
Riguardano la famiglia, il senso della vita di coppia e dell'amore coniugale.
È necessario chiedersi se e a quali condizioni l'amore tra un uomo e una donna può essere sorgente e frutto di comunione, di amore e di vita, all'insegna di una reciproca e incondizionata donazione di sé.
Riguardano il senso umano della procreazione, non solo come fatto biologico soggetto alle leggi della natura e, quindi, della scienza e della tecnica, ma anche più profondamente come "mistero" nel quale Dio stesso è presente e operante e come "missione" da Lui affidata agli sposi.
Riguardano il modo di pensare i figli: se come dono e benedizione del Signore, o come "peso" e "minaccia" per il futuro, o come "oggetto" in proprietà dei genitori.
12. - Alle radici delle tensioni e della contraddizione che abbiamo descritto sta una nuova interpretazione della sessualità, del matrimonio e della famiglia.
Si registra una visione più ottimistica della sessualità, sempre più riconosciuta come « una componente fondamentale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l'amore umano ».5
Essa viene colta come una tipica forma di linguaggio con cui l'uomo e la donna, diversi e complementari, vivono la loro reciproca comunione e donazione o nel matrimonio o nella verginità, quali modi specifici di realizzare la vocazione all'amore, propria della persona umana.
Più diffuso è il riconoscimento della dignità della donna e dei suoi ruoli nella vita privata e familiare e in quella pubblica, anche se spesso tale riconoscimento viene ostacolato dagli stili concreti di vita e contraddetto dalla sua riduzione a oggetto di piacere e di possesso.
Più vive sono la coscienza della libertà e l'esigenza di rispettare la dignità di ogni persona, sia nei rapporti di coppia come in quelli familiari.
Di qui l'instaurarsi di nuove e più equilibrate forme di vita, attraverso anche una più chiara definizione dei ruoli di ogni membro della famiglia.
Sono cresciute l'attenzione e la consapevolezza delle responsabilità proprie del compito procreativo ed educativo dei genitori, come anche si è più chiaramente riscoperta la missione della famiglia in ordine alla edificazione della comunità ecclesiale e alla costruzione di una società più giusta e più umana.
13. - Nonostante questo permangono, quando non si aggravano, elementi e fenomeni di segno opposto, che sconvolgono l'ordinata convivenza tra uomo e donna, marito e moglie, genitori e figli.
Assistiamo alla privatizzazione ed enfatizzazione della sessualità, spesso ridotta solo alla sua dimensione genitale.
Si va dalla diffusione di rapporti sessuali prima e fuori del matrimonio, con una precocità sempre più frequente a partire dall'adolescenza, all'industria della pornografia che conosce anche episodi di sfruttamento dei minori e persino dei bambini, alla rivendicazione di una legittimità per qualsiasi tipo di attività sessuale, anche se vissuta in forme deviate.
Cresce il numero dei fallimenti coniugali nelle stesse giovani coppie, dovuti spesso a immaturità affettiva, a una non sempre sufficiente conoscenza reciproca e ad un'errata concezione dell'indipendenza dei coniugi tra loro.
L'idea stessa di comunità familiare viene spesso messa in discussione e svisata da parte di una cultura che, anche attraverso le proposte dei mass-media, non riconosce che il fondamento della famiglia sta nel matrimonio quale unione stabile di un uomo e di una donna, fondata sull'amore e pubblicamente manifestata e riconosciuta.
Di qui il diffondersi delle convivenze di fatto, per le quali talvolta si chiede una forma di riconoscimento legale.
Di qui anche il sorgere, in seguito alla fecondazione artificiale, di tentativi di legittimazione di modelli di coppia di genitori dove la differenza sessuale non risulta essenziale e necessaria.
Nell'ambito educativo, infine, si registra in alcuni genitori una precoce abdicazione alle proprie responsabilità o, viceversa, una possessività esasperata e soffocante nei confronti della libertà dei figli.
14. - In una simile situazione diventa sempre più urgente un'approfondita riflessione sul significato della sessualità umana, per chiedersi in che rapporto essa stia con l'amore coniugale e con l'accoglienza e la solidarietà verso la vita.
Essenziale è pure la riflessione sui fondamenti antropologici e teologici della condizione maschile e femminile, per cogliere il senso della differenza e reciprocità sessuale e per precisare l'identità e la dignità personale dell'uomo e della donna.
Si potrà così comprendere più adeguatamente il valore della coppia e della famiglia, nella loro fondamentale missione di « custodire, rivelare e comunicare l'amore ».6
15. - I diversi fenomeni e le contrapposte tensioni che abbiamo sinteticamente indicati sono il segno e il frutto di concezioni antropologiche diverse e talvolta contraddittorie.
Diffuse e sostenute dai mass-media, esse si trovano presenti a livello non sempre riflesso nella mentalità comune, sulla quale esercitano il loro potere di persuasione.
L'immagine di un uomo, di cui si affermano la dignità, la libertà e responsabilità, la capacità di dominio e di trasformazione della realtà e anche di se stesso, è ormai comunemente diffusa.
Ma in questa stessa immagine si ritrovano elementi che, ad una lettura critica, risultano problematici, equivoci e talvolta inaccettabili.
Viene affermata in modo esasperato e quasi assoluto la soggettività dell'individuo, quale criterio unico ed esclusivo per le scelte da operare in vista della realizzazione di sé e della propria felicità.
L'individuo non è considerato nel contesto unitario di tutta la sua storia, ma nell'attimo presente che sta vivendo.
Quanto viene percepito e sperimentato in un frammento isolato dell'esistenza diventa criterio di valutazione, di decisione e di azione.
Ne derivano, oltre al facile smarrimento del senso della storia e del futuro, la riduzione della libertà a forza autonoma di affermazione, e l'identificazione del bene con la gratificazione immediata.
Si possono così comprendere tutte le conseguenze pratiche nell'ambito della fedeltà coniugale, della procreazione, dell'aborto, dell'eutanasia, degli atteggiamenti in genere di fronte alla sofferenza.
Dominante si è fatta la mentalità naturalistica, in connessione con l'ampio sviluppo della tecnica e con una certa assolutizzazione del sapere scientifico-sperimentale, che induce a considerare moralmente lecito tutto ciò che è tecnicamente fattibile.
La persona, così, rischia di perdere il senso del mistero e della sua diversità originaria e irriducibile e l'uomo diventa una delle tante realtà esistenti, totalmente immerso nel mondo delle cose.
Di qui la rivendicazione del diritto assoluto alla ricerca e alla sperimentazione, anche manipolando la persona, come pure la tendenza a rifiutare la vita umana quando è inguaribile o troppo gravosa per la famiglia o per la società.
Con questa mentalità naturalistica diventa molto più difficile riconoscere dei valori morali superiori e antecedenti al singolo episodio o alla singola situazione della persona.
Si tende pertanto a fondare la bontà di un comportamento sul semplice calcolo delle sue conseguenze: un gesto è giudicato buono semplicemente perché produce conseguenze vantaggiose per sé o per gli altri.
Di qui la relativizzazione del comandamento del "non uccidere" e la giustificazione di alcuni casi di aborto e di eutanasia.
È l'esito in definitiva di una forma di assolutizzazione dell'uomo, che lo rende prigioniero della sua immanenza e lo priva di qualsiasi riferimento all'assoluto e a Dio.
16. - Alcuni elementi della concezione antropologica oggi dominante - e i comportamenti che ne derivano - si rivelano dunque incompatibili con la visione cristiana dell'uomo e della vita e con la morale che ne scaturisce.
È pertanto sempre più necessario che i cristiani si lascino interpellare dalla cultura del nostro tempo, dalle contraddizioni, dagli interrogativi e dalle attese che porta con sé, e sappiano rileggere le attuali antropologie alla luce del disegno di Dio.
Si potrà così valorizzare ogni aspetto positivo, smascherare e denunciare ciò che è negativo, portare a compimento ogni germe di verità e di bene, offrire a tutti la sorprendente novità della rivelazione e della vita divina.
È questa la via per edificare quell'autentica cultura della vita che siamo chiamati a promuovere e a servire.
Indice |
4 | Giovanni Paolo II, Discorso ai Foyers Netre Dame,
23 settembre 1982; cfr Gaudium et spes, n. 50. |
5 | Congr. Educazione Cattolica, Orientamenti educativi sull'amore umano. Lineamenti di educazione sessuale, n. 4, 10 dicembre 1983. |
6 | Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 17. |