23 giugno 1966
Venerati Fratelli!
Salutiamo l'Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, che per la prima volta, dopo la celebrazione del Concilio Ecumenico, si riunisce per trattare le sue grandi questioni, e si raccoglie, a conclusione dei suoi lavori, d'intorno a Noi; la salutiamo con profonda riverenza, con particolare compiacenza, con viva, paterna e fraterna cordialità.
Salutiamo e ringraziamo il Signor Cardinale Urbani, Patriarca di Venezia, che ha accettato di assumere il grave ufficio di Presidente della Conferenza; così salutiamo e ringraziamo il Signor Cardinale Siri, Arcivescovo di Genova, il quale ha rivestito tale incarico per non pochi anni; oggi egli è assente per la grave malattia del padre: vanno a lui i Nostri voti.
E salutiamo e ringraziamo quanti di voi, venerati Fratelli, accettate di dare alla Conferenza Episcopale stessa l'opera vostra per l'efficienza delle Commissioni, dei Comitati e d'ogni altro organismo previsto nei nuovi piani di lavoro.
E poi a tutti ed a ciascuno dei Vescovi e degli Ordinari, che compongono questa numerosa e diletta ed eletta schiera di Fratelli preposti alla Chiesa in Italia, il Nostro devoto e affettuoso saluto.
Non è senza commozione e senza riflessione, che accogliamo questa vostra visita.
Se sempre l'incontro con i Pastori del Popolo di Dio Ci è motivo di ammirazione, di venerazione, di affezione, questo, che voi oggi Ci procurate, solleva nel Nostro spirito molti sentimenti, e siamo quasi anche Noi « come gente che pensa a suo cammino, che va col cuore e col corpo dimora » ( Purgatorio 2,11- 12 ).
Vi sarebbero moltissime cose da dire.
Basterebbe considerare come codesta Conferenza, alla quale è dato nuovo Statuto, s'innesta nella trama della storia della Chiesa in Italia;
come essa si riunisca per dare applicazione alle prescrizioni conciliari;
come essa trovi davanti a sé un cumulo di problemi nuovi ed immensi, eccetera, per dare tema a interminabili commenti.
Buon per Noi che il Concilio Ci ha allenato ai grandi pensieri, e che il Cardinale Presidente, nella sua lunga e ordinata relazione, e con lui quanti hanno parlato durante le vostre riunioni hanno prospettato molti e gravi problemi, che Noi Ci compiacciamo di sapere trattati con coraggio, con competenza, con praticità pastorale.
Aggiungiamo il Nostro plauso e il Nostro incoraggiamento.
Esprimiamo il voto che i nuovi organi della Conferenza Episcopale siano funzionali; e che i programmi stabiliti abbiano effettiva esecuzione.
Non gia per ripetere ciò ch'è stato detto molto bene, né per offrire un quadro organico e meditato della missione pastorale, che vi aspetta, ma solo per darvi prova della Nostra partecipazione alla vostra attività, accenniamo brevemente ad alcuni punti, ad essa relativi, i quali a Noi sembrano importanti.
Il primo è il carattere inaugurale della vostra riunione.
Come ha ben ricordato il Cardinale Urbani, la Conferenza Episcopale Italiana esisteva già da circa un ventennio.
Sorta dopo la guerra, così indicando anche il fatto e il proposito d'una novità, d'un rinnovamento, che la Chiesa in Italia registrava per la prima volta.
Ma occorreva il collaudo dell'esperienza per giungere alla costituzione stabile e precisa di questa comunità episcopale.
Il Concilio ha dato origine definitiva alle Conferenze Episcopali nazionali o regionali; è questa una conclusione molto importante nel diritto canonico, e lo sarà certamente nella vita di tutta la Chiesa.
Nasce ora, col nuovo Statuto, la nuova Conferenza Episcopale Italiana.
Venerati Fratelli; se i fatti salienti della Chiesa hanno origine e significato e valore e merito nella misteriosa assistenza dello Spirito Santo, noi dobbiamo avvertire che un'intenzione divina si svolge nelle nostre presenti vicende.
Questo ci induce a pregare, a meditare, a procurare che non sfugga alla nostra attenzione il profondo significato spirituale di questo avvenimento e non resti inoperoso l'impulso di carità, che nasce da questo fatto organizzativo nella Chiesa di Dio.
Ubi caritas et amor, Deus ibi est.
Congregavit nos in unum Christi amor.
Qualche cosa d'importante nasce nella Chiesa italiana.
E prima cosa a Noi sembra proprio l'unità, che si forma, mediante la Conferenza Episcopale, nella Chiesa italiana.
Forse abbiamo altra volta ricordato ciò che diceva a questo riguardo il grande Cardinale Giovanni Mercati, di venerata memoria: non essersi mai verificato, in tutta la serie dei secoli, a partire da San Pietro a noi, che i Vescovi dell'Italia abbiano, prima dei nostri giorni, costituito un unico corpo ecclesiastico, divisa come fu questa terra geografica in distinti e spesso avversi settori politici, ostacoli tutti a fare d'una Nazione, che pure professava la medesima fede cattolica, una sola circoscrizione canonica.
I Vescovi italiani, tutti, si trovano finalmente riuniti in una sola, omogenea e concorde, espressione ecclesiastica.
Non è cosa da poco.
Contiene un tesoro di doni spirituali.
Contiene una sorgente di energia morale e anche di forza pratica.
Nell'ambito della compagine nazionale nessun'altra corporazione ( a prescindere dall'organizzazione statale ) eguaglia la vostra per estensione, per compattezza, per uniformità.
Il che vuol dire che codesta unità costituisce un vanto per il nostro popolo, e si qualifica come forza generatrice del suo sentimento religioso, e custode delle sue tradizioni spirituali, culturali e morali.
E ciò diventa tanto più evidente ed efficiente, se la vostra unità non è una semplice somma numerica, ma diventa organica, guidata da un'autorità operante, assistita da gruppi specializzati in determinate e molteplici attività cospiranti ad un risultato comune.
Perciò sarà proposito di ciascuno e di tutti di alimentare codesta magnifica unità, che affonda le radici in ciò che vi è di più vivo e di più congeniale nella Chiesa cattolica, la nostra inserzione in Cristo; e che fiorisce nella molteplicità ordinatamente ramificata delle opere proprie del ministero pastorale e della vita cristiana.
Unità!
Un secondo carattere della Conferenza episcopale è la responsabilità, ch'essa assume, sia nei riguardi della Santa Sede, sia in quelli della comunità cattolica italiana.
È noto a voi tutti che molte delle funzioni, finora principalmente riservate alla Santa Sede, sono ora affidate alle Conferenze episcopali.
Noi siamo lieti di questo equilibrato decentramento, e Ci piace considerarlo come un segno di vitalità della Chiesa e un proposito di più feconda collaborazione al suo generale incremento, non che un possibile coefficiente di più cattolica unità.
Così siamo pronti a favorire lo sviluppo organico della Conferenza Episcopale Italiana, sull'esempio delle altre Conferenze Episcopali nazionali, fiduciosi che siano in questo modo più largamente distribuiti i compiti direttivi, reclamati dai bisogni della vita religiosa in Italia, e che rimangano sempre validi e reciprocamente operanti i rapporti comuni e particolari, che l'Episcopato d'Italia deve avere col Vescovo di Roma, col Primate d'Italia e col successore di San Pietro, « onde Cristo è Romano ».
Nessuno, Noi pensiamo, dubita di ciò.
I temi trattati in codesta riunione e l'istituzione delle varie Commissioni già dicono quali grandi questioni sono demandate al vostro giudizio e alla vostra fatica.
Toccherà a voi, venerati Fratelli, prendere in mano l'Azione Cattolica e le questioni relative all'apostolato dei Laici;
a voi i problemi dell'educazione del Clero,
della vita pastorale,
della Scuola cattolica,
della Stampa cattolica,
della beneficenza e dell'assistenza,
dell'emigrazione e del turismo; e così via.
Non vi mancherà il Nostro consiglio e il Nostro appoggio e, dove è richiesta, la Nostra direzione; ma spetterà a voi, almeno in prima istanza, l'onere e l'onore e il merito di dare a questi e a tanti altri problemi analoghi la soluzione conveniente.
Sarà a tutti evidente che codesta nuova funzionalità dell'Episcopato d'Italia deriva dallo spirito e dalla legislazione del Concilio ecumenico.
Ci sia consentito dire anche in questa sede una parola sopra questo grande avvenimento.
Una parola circa il giudizio che noi dobbiamo avere e professare sul Concilio, perché sarà bene che tale giudizio sia chiaro, univoco, positivo ed efficiente.
Quando si pone mano alla costruzione d'un grande edificio, l'opera appare piena di difficoltà e di incertezze, sia nella idea che nell'esecuzione, anzi carica di deficienze e di fatiche; le strutture nascenti non lasciano ancora intravedere le linee definitive.
A lavori terminati, rimosse le impalcature, il disegno architettonico, che ha presieduto ai lavori, si rivela nella sua bellezza e nel suo equilibrio.
Così è stato del Concilio Ecumenico.
Esso è un avvenimento di importanza secolare.
Non può essere considerato un episodio conchiuso e finito.
Il Concilio consegna alla Chiesa un « tomo », un volume di dottrine e di decreti, che possono segnare la sua nuova primavera.
Non è l'inerzia, né la critica, né la revisione, né è rifiuto nei confronti dell'opera conciliare, che possano giovare alla Chiesa.
È la conoscenza, lo studio, l'applicazione dell'eredità del Concilio, che devono impegnare da un lato lo studio teologico, dall'altro il governo pastorale, affinché questo nuovo patrimonio s'inserisca nel « deposito », nell'ampio quadro delle verità già acquisite dalla Chiesa.
Dobbiamo guardare al Concilio con riconoscenza a Dio e con fiducia per l'avvenire della Chiesa; esso sarà il grande catechismo dei tempi nuovi.
Esso non autorizza certamente, anzi contiene e corregge gli arbitri dottrinali e disciplinari, che qualche spirito inquieto ne vorrebbe derivare; ma ci esorta ad approfondire la nostra meditazione sul mistero di verità, che la Chiesa porta con sé, e ad osare con fiducia lo sforzo apostolico nuovo perché tale mistero diventi sempre più la luce del mondo.
A questo proposito Noi vogliamo ancora esprimere il voto per una saggia, concorde, efficace applicazione della riforma liturgica.
Sappiamo bene che l'Episcopato d'Italia ha già dato tante opportune disposizioni e ha già intrapreso tante buone iniziative, affinché questa grande novità conciliare segni per il popolo italiano una vera rinascita di sentimento religioso,
un opportuno richiamo alle forme religiose autentiche,
un principio nuovo di educazione spirituale,
un processo migliore di formazione comunitaria cattolica,
un impulso vivificante all'indispensabile e sempre urgente sforzo per l'istruzione religiosa delle vostre popolazioni.
Non spendiamo altre parole, ma esprimiamo la Nostra compiacenza per il lavoro incominciato e il Nostro incoraggiamento per il molto che ancora rimane da compiere.
Vogliamo ancora Noi pure accennare ad un tema che è oggetto della Nostra più viva preoccupazione pastorale e che sappiamo esserlo anche delle vostre: quello delle vocazioni sacerdotali.
Ben conoscete con quanta sollecitudine il Concilio Ecumenico ha ripetutamente sottolineato la preminenza e l'urgenza di tale problema, che è di vitale importanza per la chiesa ( cfr. Decreto « Presbyterorum ordinis », c. II, n. 11, e Decreto « Optatam totius », c. II, n. 2 ).
L'argomento interessa tutta la comunità ecclesiale, dal Vescovo ai Sacerdoti ai semplici fedeli.
Le condizioni della vita moderna, la corsa non sempre ordinata verso un maggiore benessere materiale, il modificato ambiente delle famiglie hanno portato in qualche regione, come di riflesso, ad una diminuzione degli aspiranti al sacerdozio.
È forse il Signore che chiama di meno o la sua voce è diventata meno efficace? No di certo.
Si tratta, invece, di creare le condizioni, sempre con grande rispetto alla libertà delle anime, perché la chiamata divina possa essere ascoltata e seguita.
Occorre porre ogni cura ed ogni diligenza nel lavoro di ricerca e di educazione delle vocazioni.
È un lavoro che deve impegnare tutti, sacerdoti, religiosi e laici, in una stretta collaborazione, per offrire alla Chiesa ciò di cui essa ha maggiormente bisogno: anime ardenti che si consacrino a Dio per rinnovare e moltiplicare la presenza salvifica di Cristo sulla terra.
È un lavoro che impegna i Pastori di anime, ed anche i buoni genitori ad un'opera educativa, esplorativa, assai bella e delicata, che richiede pazienza, grandezza di animo, cure assidue, dedizione, amore; ma questo lavoro darà, a Dio piacendo, i suoi frutti.
Ai giovani, generosi e forti per natura, conviene presentare l'ideale della vita sacerdotale in tutta la sua completezza: non nascondendone le rinunce e l'abnegazione che esso comporta, ma illustrandone altresì il significato ed il valore.
Possa la diletta Italia, con il moltiplicarsi delle vocazioni ecclesiastiche e religiose, provvedere non soltanto alle sue necessità, ma rispondere altresì, nel solco delle sue luminose tradizioni missionarie, alla chiamata di operai evangelici da terre lontane.
Non possiamo tacere un ultimo accenno al grave tema della revisione delle diocesi.
Il Concilio Ecumenico, com'è noto, ha affrontato, tra gli altri, un problema che in Italia è particolarmente attuale: quello della delimitazione delle diocesi ( Decreto sull'ufficio pastorale dei Vescovi, nn. 22-24 ).
Voi tutti ne avete ben presenti le sapienti norme direttive.
Già i Nostri Predecessori, e specialmente Papa Giovanni XXIII, di v. m., avevano avvertito la necessità di un nuovo ordinamento delle diocesi italiane; il che, oltre ad essere previsto dal Concordato con l'Italia, è anche stato auspicato da molti Vescovi, nei voti fatti pervenire durante la fase anti-preparatoria del Concilio.
Da parte Nostra, rilevando l'importanza del problema, disponemmo, fin dall'inizio del Nostro Pontificato, che esso fosse seriamente e maturamente esaminato, affidandone l'incarico alla S. Congregazione Concistoriale, la quale ha compiuto un lavoro molto accurato, paziente e prezioso; e poi a sua volta ha richiesto un primo studio alla Conferenza Episcopale Italiana, in conformità ai voti figuranti negli schemi conciliari; studio che la Conferenza stessa ha condotto lodevolmente, consultando anche le Conferenze Episcopali Regionali.
A questo punto che cosa si fa?
In ossequio alle prescrizioni conciliari Noi pensiamo, d'accordo con la S. Congregazione Concistoriale, di rimettere a voi, cioè alla Commissione, che la Conferenza Episcopale vorrà designare, la documentazione preparata; e poi vorremmo che essa procedesse, opportunamente collegata con gli uffici competenti della Santa Sede, a nuovo studio, e, al momento opportuno, si vedrà come provvedere alla promulgazione del nuovo ordinamento.
Esso parte da un bisogno di dare alla Diocesi una dimensione demografica e ecclesiastica sufficiente per adempiere pienamente le funzioni, che le sono assegnate dal Diritto canonico e che sono richieste dai bisogni pastorali moderni.
Molte Diocesi oggi non posseggono tale dimensione.
Inoltre il nuovo ordinamento deve tener conto delle circoscrizioni civili, facendo coincidere, ove possibile, i confini diocesani con quelli delle Province dello Stato italiano.
Sarà quindi necessario ritoccare i confini di alcune Diocesi; ma più che altro si dovrà procedere alla fusione di non poche Diocesi, in modo che la circoscrizione risultante abbia un'estensione territoriale, una consistenza demografica, una dotazione di Clero e di opere, idonee a sostenere un'organizzazione diocesana veramente funzionale, e a sviluppare una attività pastorale efficace ed unitaria.
L'operazione è certamente difficile; ma non dovrebbe suscitare il panico e l'opposizione delle piccole Diocesi, perché si cercherà di tenere presenti le tradizioni storiche ed i servizi morali e spirituali resi alla Chiesa anche da questi minori centri diocesani, dove la presenza stessa del Vescovo è titolo di legittimo onore e sorgente di fervore religioso.
Ma l'interesse di queste medesime Diocesi esige un loro effettivo collegamento in un'organizzazione canonica più vasta, che rispettando, per quanto sarà logico e possibile, le prerogative onorifiche locali, unifichi la giurisdizione episcopale, consenta una semplificazione di opere e di servizi, permetta una migliore distribuzione e circolazione del Clero, e metta anche in valore, in piani bene concepiti e coordinati, le sedi vescovili stesse, a cui il nuovo ordinamento dovrà applicarsi.
E lo esige soprattutto il bene della Chiesa e la salute spirituale del Popolo Italiano.
E lo vuole il Concilio.
Difatti questo nuovo ordinamento sarà predisposto in conformità ai criteri fissati dal Concilio ecumenico.
La sua attuazione, di cui si procurerà di studiare i criteri migliori, costerà qualche sacrificio alla sensibilità di alcuni Sacerdoti e forse ancor più di qualche parte della popolazione.
Ma confidiamo nella comprensione dei doveri superiori, dei bisogni nuovi e degli interessi generali della vita religiosa in Italia.
Voi tutti Ci aiuterete!
Avrete, a suo tempo, ogni opportuna istruzione.
Venerati Confratelli!
Avremmo cento altre cose da dirvi; molto liete alcune, come
l'esito consolante del Giubileo,
la magnifica rispondenza della vostra carità e di quella dei vostri Fedeli al Nostro invito in favore degli affamati nell'India,
il fervore del nostro Laicato cattolico per le nuove mete a lui segnate dal Concilio,
la fecondità della produzione libraria sul Concilio e il risveglio della cultura cattolica,
l'eco delle Nostre parole per la pace nel mondo,
certi felici e sintomatici avvenimenti ecumenici, che voi conoscete, e così via.
E non liete altre, che riempiono il Nostro cuore di trepidazione - certi orientamenti ideologici e pratici fra il Clero e i Religiosi, in modo speciale -;
di amarezza per la persistenza nel mondo di sistemi oppressivi della libertà religiosa;
di dolore a causa di conflitti contrari alla pace e alla prosperità di Popoli interi;
di apprensioni gravi per l'insorgenza di fenomeni sociali, razziali e politici, che non concorrono alla fratellanza e alla giustizia fra gli uomini …
Il dramma delle rivalità e delle resistenze al messaggio di Cristo, Ci stringe il cuore, ogni giorno; ma non Ci toglie la fiducia.
Ed è questa fiducia:
nella parola, in Noi vivente, del Signore;
nella promessa ch'Egli Ci ha fatto d'essere ogni giorno al Nostro fianco;
nella risoluzione d'ogni Nostra cosa, anche se oscura e penosa, in un bene prefisso a coloro che sono oggetto del mistero d'amore scaturiente dal Cuore divino;
nella materna protezione di Maria Santissima e dei nostri Santi;
è questa fiducia, diciamo, che Noi a voi, venerati Fratelli, vogliamo infondere, mentre voi stessi sentite quale ora grande e per certi versi decisiva sta attraversando la Chiesa.
Fiducia nel vostro ministero, fiducia nella vostra gente, fiducia nel vostro Clero, fiducia nel merito del dolore e dell'amore, offerti a Cristo Signore; Che, ora, per le Nostre umili labbra, vi ripete: Nolite timere; e mediante il Nostro gesto apostolico tutti vi benedice.