30 settembre 1967
Diamo grazie a Dio Padre Onnipotente, per Gesù Cristo suo Figlio Signore nostro, nello Spirito Paraclito, che ci concede di celebrare questa prima riunione del Synodus Episcoporum, a gloria del suo santissimo Nome, a profitto della Santa Chiesa Cattolica ed a conforto della sua missione salutifera nel mondo.
Sia a voi, venerati Fratelli, ripetuto il Nostro saluto, e sia a comune sostegno ripetuto il voto che questa nuova istituzione, cioè il Sinodus Episcoporum, valga a confermare e a rinsaldare i vincoli di fede, di carità, di azione pastorale fra il Nostro apostolico ufficio e quello dell'intero Episcopato cattolico, come quelli altresì dei Vescovi e delle Famiglie religiose fra di loro.
Un intento di unità e di solidarietà in seno alla Gerarchia cattolica dà la prima ragione della fondazione di questo nuovo organo del governo pastorale della Chiesa.
Altro suo scopo è l'aiuto, il consiglio, il suffragio che Noi speriamo d'avere maggiore da parte dell'Episcopato nell'esercizio del Nostro ministero; e se ciò viene a vantaggio dell'ufficio primaziale, che a beneficio ed a servizio della Chiesa universale Cristo ha assegnato all'Apostolo Pietro, e dopo di lui ai suoi legittimi Successori in questa Sede romana, torna non meno ad onore del Collegio episcopale, che è così associato, in certa misura, al Pontefice Romano nella cura della Chiesa universale.
Così che, se il Synodus Episcoporum non si può considerare quasi un Concilio Ecumenico, mancando della composizione, dell'autorità e degli scopi propri d'un tale Concilio, ne ritrae in qualche maniera l'immagine, ne riflette lo spirito ed il metodo, e, Dio voglia, ne impetra i carismi suoi propri di sapienza e di carità.
Perché voi, venerati Fratelli, godete d'una molteplice rappresentanza: quella delle rispettive Chiese, delle quali siete il principio e il fondamento di unità, come Noi lo siamo, per volere di Dio, di questa Chiesa di Roma, e della Chiesa universale, come dell'intero Episcopato e della moltitudine dei fedeli ( cf. Lumen gentium, n. 23); e come « angeli » ( cf. Ap 2 et ss. ) delle vostre Chiese, Noi vi accogliamo e vi salutiamo.
Siete poi ( nella maggior parte ) rappresentanti delle Conferenze Episcopali, che vi hanno eletti a membri di questo Synodus;
e in quanto tali voi qua apportate la presenza canonica delle Conferenze stesse, l'eco delle loro aspirazioni e la voce delle loro esperienze;
la vostra rappresentanza riveste la dignità e l'autorità di questi organismi ecclesiastici, cioè delle Conferenze Episcopali,
a cui il Concilio Ecumenico ha dato promozione e funzione in modo altrettanto idoneo ad un relativo e pratico decentramento giuridico e ad un certo pluralismo di espressioni ecclesiali confacenti alla tradizione e all'indole della Chiesa locale, quanto al rafforzamento organico della compagine unitaria propria della Chiesa cattolica.
Perciò Noi terremo conto delle sentenze proprie delle vostre Conferenze Episcopali, delle quali voi siete tenuti a rendervi interpreti, senza che ciò, com'è ovvio, pregiudichi al superiore e comune dovere di attenervi sempre all'autorità della Sacra Scrittura, della tradizione genuina della Chiesa e del suo autentico magistero; ovvero Ci impedisca di valutare nelle discussioni di questo Synodus le opinioni e le ragioni che vi fossero addotte.
E voi siete finalmente rappresentanti dell'intero Corpo gerarchico della Chiesa cattolica, il quale a sua volta rappresenta Cristo Signore, unico, sommo Capo invisibile della Santa Chiesa, dal quale ogni grazia ci è largita ed ogni potestà a noi proviene.
Ed in certo senso voi rappresentate, come sapete, il popolo cristiano, non quasi da lui derivi l'investitura del vostro mandato, ma perché voi, rappresentanti di Cristo presso il popolo stesso, ne conoscete i bisogni ed i desideri, e ne procurate il bene spirituale e la salvezza cristiana.
Perciò, venerati Fratelli, se consultivo è normalmente il vostro ufficio in questo Synodus Episcoporum ( cf. art. 11 del Motu proprio Apostolica sollicitudo), è tuttavia assai autorevole, per Noi stessi che alla presente consultazione vi abbiamo chiamati, e che, in casi particolari, daremo valore deliberativo alla vostra sentenza; e lo è per la Chiesa intera, che riconosce in voi maestri e testimoni e pastori del Popolo di Dio, in un momento qualificato e speciale del loro altissimo ministero.
Converrà che a queste semplici considerazioni noi tutti ci atteniamo, mentre diamo inizio ai lavori del Synodus Episcoporum, senza soffermarci a volerne precisare e perfezionare la definizione, oltre quanto essa ci è descritta nello Statuto ormai noto.
Vi sono infatti non pochi studiosi e pubblicisti che ardirebbero applicare la loro analisi agli aspetti giuridici dl questa istituzione per darvi a loro talento forma e funzione, conforme a certi concetti nuovi del diritto costituzionale della Chiesa.
A Noi ora basti rilevare come questo nuovo organo posto al centro della Chiesa stessa sia in armonia con quello spirito di unione e di collaborazione fra la Sede Apostolica e l'Episcopato cattolico e i Superiori maggiori delle Famiglie religiose, che il Concilio ha sperimentato ed ha promosso,
e come questo medesimo Synodus intenda favorire la circolazione delle conoscenze e delle esperienze riguardanti la vita della Chiesa, offrendo ai Capi dei Dicasteri della Curia Romana ed ai Rappresentanti delle varie circoscrizioni ecclesiastiche occasione di incontrarsi e di discutere su determinati temi d'interesse generale;
e come esso produca in tal modo in quanti hanno responsabilità di magistero e di governo pastorale nella Chiesa di Dio uno stato di vigilanza e di operosità, qual è richiesto dalle condizioni del tempo presente.
Noi potremmo, a questo punto, dare senz'altro inizio ai lavori del Synodus, se alcune altre osservazioni non Ci sembrasse doveroso premettere.
Cordiale saluto agli assenti.
riguarda l'assenza di alcuni membri del Synodus, dei quali qualcuno per causa d'infermità, qualche altro perché impedito d'intervenire non avendo ottenuto il regolare permesso dalle civili Autorità.
Mandiamo ai primi il Nostro beneaugurante e memore saluto; mandiamo agli altri, e specialmente al Card. Wyszynski, Arcivescovo di Varsavia, e con lui al Card. Wojtyla, Arcivescovo di Cracovia, e ai Vescovi Polacchi, che per solidarietà non hanno voluto recarsi a Roma senza il loro Primate, mandiamo parimente un cordiale e speciale saluto, non senza esprimere il Nostro vivo rammarico per l'impedimento opposto a viaggio così innocente, come pure per le ingiuste condizioni imposte alla Chiesa in vari Paesi, dove tuttora le è negata la legittima libertà, dove la Chiesa è oggetto di sospetti ingiustificati, di pressioni morali e legali e di sempre fiere opposizioni anti-religiose.
Voi sapete, venerati Fratelli, quanto in alcune Nazioni la vita cattolica sia compressa nelle sue vitali necessità organizzative e funzionali, e quanto sia studiatamente ridotta allo stento e al pericolo di graduale estinzione.
L'ora della prova, una prova lunga e pesante, pesa sopra non poche comunità cristiane, e dice al mondo come lo statuto di giustizia e di libertà, proprio della moderna civiltà, non abbia ancora sincera applicazione in certe Nazioni, dove forme di statalismo autoritario, e sovente totalitario, e praticamente ostile alla religione, hanno il sopravvento.
Tanto di più noi dobbiamo apprezzare quelle società, dove la presenza e l'opera della Chiesa possono liberamente e onestamente affermarsi; così dobbiamo tanto di più sentirci solidali con quei nostri fratelli, che non possono liberamente professare la loro fede, e che tuttavia con silenziosa pazienza e cristiana fortezza talora eroica, perseverano nell'adesione a Cristo e alla sua Chiesa.
Non li dimenticheremo nelle nostre orazioni; e intanto vada a questi Fratelli il ricordo ed il voto della presente Assemblea.
osservazione rivolge il suo sguardo ai Fratelli cristiani tuttora da noi separati.
Il carattere canonico e quasi interno del Synodus Episcoporum, ch'è riunione per metodo e per oggetto rivolta a questioni interne della Chiesa cattolica, non ha consentito, come durante il Concilio Ecumenico, di invitarli ad assistere alle adunanze del Synodus Episcoporum.
Ma diciamo subito due cose.
La prima: che la considerazione dei riflessi di queste imminenti nostre riunioni sopra quei medesimi Fratelli cristiani non è e non dovrà mai essere assente durante lo svolgimento dei nostri lavori.
Infatti la convocazione del Synodus ha per se stessa una grande importanza ecumenica nella misura con cui nella linea del Concilio, esso testimonia che è attiva nella vita della Chiesa cattolica l'antica istituzione sinodale che è stata così ben valorizzata dalla tradizione orientale e che assicurerà, in maniera nuova adatta per la nostra epoca, il legame tra la Chiesa di Roma « che presiede alla carità » ( S. Ignazio d'Antiochia ) e le diverse Chiese locali.
Inoltre, alcune Chiese cristiane e Comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con noi, ci guardano con interesse e sperano che le deliberazioni di questo Sinodo, la maniera con cui si svolgeranno, le conclusioni a cui arriveranno, apriranno nuove possibilità per ulteriori progressi nel dialogo ecumenico che è già cominciato.
Noi siamo sicuri, venerabili Fratelli, che, restando fedeli alla « fede trasmessa ai santi una volta per tutte » ( Gd 3 ) e attingendo dai suoi tesori cose nuove e antiche ( Mt 13,52 ), voi corrisponderete a questa aspettativa.
Per questo motivo, il Sinodo si renderà conto che ciascuno degli argomenti iscritti nell'ordine del giorno è importante non soltanto per la vita interna della Chiesa cattolica, ma anche per la santa causa dell'unità cristiana.
La seconda: è l'augurio, sempre rispettoso, sempre cordiale, sempre cristiano, che Noi indirizziamo, all'apertura di questo Synodus Episcoporum, a tutte le Chiese cristiane e a tutte le Comunità cristiane, con cui ancora non ci lega una perfetta ed auspicata comunione, ma tanti vincoli di grande valore spiritualmente e sostanzialmente ci uniscono, l'augurio, diciamo, di poter camminare reciprocamente verso la piena unità, nella fede e nella carità, come nostro Signor Gesù Cristo ci predicò.
Questo cammino è bene avviato.
È stata recentemente pubblicata, come sapete, la prima parte del nostro Direttorio Ecumenico; sono in corso dialoghi ecumenici qualificati fra esponenti designati di varie denominazioni cristiane con esponenti da Noi designati; abbiamo con grande commozione e grande speranza compiuto, nello scorso luglio, un viaggio a Istanbul per incontrarci con Sua Santità il Patriarca ortodosso Atenagora …
Anzi, Noi siamo in grado di comunicarvi che quel venerabile Patriarca Ci ha annunciato la restituzione della visita, che è prevista per la fine del prossimo mese di ottobre: voi, venerati Fratelli, potrete far corona al nuovo incontro, che riempie la Chiesa d'Oriente e la Chiesa d'Occidente di esultanza e di speranza ineffabili.
Infine un'ultima osservazione: la pace nel mondo.
Non può sfuggire all'attenzione, all'interesse, alla preghiera di questo convegno, e formare quasi suo primo e superiore pensiero, tema di così grande e generale importanza: la pace nel mondo.
Questa pace, noi non possiamo dimenticare, neppure durante le nostre tranquille sedute sinodali, come sia gravemente ferita e pericolosamente insidiata:
è sempre in atto un funesto e deplorevole conflitto bellico nel Sud-Est Asiatico,
è appena contenuto da fragile tregua quello nel Medio Oriente,
dissidi tuttora non regolati e guerriglie osserviamo in varie parti del mondo;
e nonostante tanti sforzi lodevolissimi sembra diffuso nel mondo uno stato d'insicurezza generale, che porta inevitabilmente ad altri tristi presagi.
Non è questo il momento di addentrarCi maggiormente ad analizzare cause e rimedi di questo stato presente.
Ma Noi vogliamo riaffermare non solo che la pace è un bene necessario, è un interesse comune, ma che essa è un dovere, che in varia misura incombe su tutti.
Noi richiamiamo a tale dovere in primo luogo i seguaci di Cristo, apportatore della fratellanza universale, fondata sulla paternità divina, e perciò Principe della pace;
li esortiamo ancora a pregare per la pace, a servire la causa della pace, a educare le coscienze individuali e collettive alla vera pace.
La Nostra azione concreta per la pace non si contenterà di proclamazioni verbali o di dimostrazioni esteriori; ma si impegnerà per quanto è possibile nell'affermazione e nella promozione della pace, non mai disgiunta dalla giustizia dei pubblici ordinamenti e dalla libertà dei cittadini e dei popoli.
Noi osiamo chiedere, anche da questa sede, ancora una volta a coloro che decidono delle sorti delle Nazioni
di voler avere sempre vigile comprensione dei dolori e delle rovine che l'uso delle armi porta con sé;
di voler intraprendere con sempre nuovo coraggio le vie dei negoziati equi e leali;
nessuno voglia respingere tentativi di discussione e d'intesa, e voglia ciascuno ambire al merito di pacifiche e conclusive trattative.
Pronti Noi stessi a sostenere ogni valida e sincera iniziativa di pace, esprimiamo il Nostro incoraggiamento a quanti compiono sforzi di saggia e positiva mediazione per la concordia e per la solidarietà dei Popoli, per il felice affermarsi della pace civile ed umana nel mondo.
Noi siamo sicuri, venerati Fratelli, che voi siete come Noi convinti di questi ideali e che con Noi condividete nel fedele ricordo della carità di Cristo questa alta, questa insonne, questa amorosa aspirazione alla pace fra tutti gli uomini.
Ma è ormai venuto il momento che Noi dichiariamo aperto, in nome di nostro Signor Gesù Cristo, questo primo Synodus Episcoporum; e che diamo inizio ai suoi lavori, pregando il Signor Cardinale Eugenio Tisserant, Decano del Sacro Collegio, di voler prendere la parola.