Dichiarazione |
La nuova evangelizzazione costituisce una sfida non solo per i singoli cristiani e le comunità ecclesiali, ma anche per la costruzione di una società più umana.
La Chiesa, infatti, ha la missione di dischiudere il mistero rivelato in Gesù Cristo per la salvezza del mondo e che riguarda tutti gli aspetti della vita umana.
Per questo, mentre annuncia e vive il Vangelo, la Chiesa si fa allo stesso tempo serva degli uomini.29
Benché questa missione riguardi tutti i fedeli, i laici - sia uomini che donne, sia adulti che giovani - e le loro varie associazioni possiedono in questo campo, in virtù della loro « indole secolare », una missione del tutto particolare.
L'Esortazione apostolica Christifideles laici ha descritto in modo accurato questa missione, a cui proprio i laici devono essere specialmente formati.
Per il contributo dei laici alla costruzione della nuova Europa hanno principalmente valore
la promozione della dignità umana,
il rispetto inviolabile della vita,
il diritto alla libertà di coscienza e di religione,
il matrimonio e la famiglia come campi primari per l'impegno sociale
e l'« umanizzazione » della società,
il servizio della carità e le opere di misericordia,
l'impegno per il bene comune e quello nella vita politica,
la responsabilità nella vita economica,
l'impegno per la salvaguardia del creato,
l'evangelizzazione nel campo della cultura,
dell'istruzione e dell'educazione,
così come in quello dei mezzi di comunicazione sociale.30
La Chiesa non può dunque rinunciare a svolgere la propria missione pubblica.
Nello stesso tempo deve guardarsi dal ritornare, nell'adempimento della sua missione, a forme del passato, che oggi potrebbero essere dannose per la Chiesa stessa.
Sotto l'impulso della rivelazione cristiana e attraverso lunghe vicissitudini storiche, la civiltà europea ha raggiunto quella distinzione senza separazione dell'ordine religioso e dell'ordine politico, che tanto contribuisce al progresso dell'umanità.
Benché favorisca decisamente la democrazia, rettamente intesa,31 la Chiesa non è legata a un determinato sistema politico.32
Ha però una propria responsabilità riguardo alla formazione della società umana, a cui non può rinunciare e che adempie anzitutto per mezzo della sua dottrina sociale, che appartiene al compito della nuova evangelizzazione.33
Il principio della dignità della persona umana - con i diritti fondamentali che le appartengono antecedentemente ad ogni statuizione sociale, e che pertanto non possono venirle negati o sottratti neppure attraverso una decisione della maggioranza -,
il principio della sussidiarietà - che concerne i diritti e le competenze di tutte le comunità -
e quello della solidarietà - che postula l'equilibrio tra i più deboli e i più forti -,
possono costituire, in verità, come le colonne della nuova società che dev'essere edificata in Europa.
Perciò la conoscenza della dottrina sociale è necessaria per tutti coloro che in spirito cristiano sono impegnati nella costruzione della nuova Europa.
Il piano degli studi nelle scuole teologiche deve quindi contemplare la formazione alla dottrina sociale e alla promozione della diaconia della carità.34
Il riconoscimento della positività dell'economia di mercato e della libera impresa e la promozione del loro sviluppo anche nei paesi dell'Europa centro_orientale devono essere perseguiti con lucida consapevolezza.
È necessario orientarli al bene comune e sostenere i legittimi sforzi dei lavoratori per conseguire il pieno rispetto della loro dignità e spazi maggiori di partecipazione nella vita delle aziende in cui prestano la loro opera.35
L'inizio del « Mercato Unico Europeo » ci interpella e ci provoca: è urgente soprattutto una cultura della solidarietà che sappia individuare le vie di una giusta soluzione per le antiche e nuove povertà.
Nell'attuale società europea è di grande importanza la questione della donna.36
Solo una cultura della reciprocità tra uomo e donna potrà incanalare nella giusta direzione le legittime aspirazioni delle donne, spingendo le nostre società civili e politiche a passare dal doveroso riconoscimento formale della parità dei diritti al loro pieno esercizio, così che l'inserimento delle donne nelle strutture e nelle istituzioni possa svilupparsi non in alternativa, ma in organico rapporto con la loro specifica missione nella famiglia e nella trasmissione della vita.
A queste condizioni le donne potranno dare tutto il loro contributo all'elaborazione di una cultura e di un assetto sociale meglio corrispondenti alla verità integrale, personale e comunitaria, dell'essere umano.
Poiché il diritto alla vita in molte nazioni dell'Europa odierna, sia all'Ovest che all'Est, è gravemente conculcato, soprattutto nel caso dell'aborto e dell'eutanasia, il nostro Sinodo raccomanda alle singole Chiese e in particolare alle Conferenze episcopali la celebrazione annuale in tutte le comunità e le parrocchie di una « giornata o settimana della vita » che, col tempo, potrà essere anche fissata di comune accordo per lo stesso giorno o la stessa settimana.
Dev'essere pienamente difeso il diritto alla salvaguardia della salute e, per quanto possibile, al suo ristabilimento; la sollecitudine di tutta la società e la cura pastorale della Chiesa devono esercitarsi nei confronti di tutti coloro che sono colpiti da malattia, e in modo particolare dalle malattie tipiche del nostro tempo.
Tutti gli operatori sanitari devono essere formati anche nel campo della morale e in quello della bioetica.
La Chiesa stima grandemente il valore perenne della famiglia, fondata nel matrimonio, perché è istituita dal Creatore e costituisce una pietra fondamentale per l'edificazione della Chiesa e della società.
Chiede pertanto a tutti, specialmente a coloro che hanno una responsabilità nella società, sia in ambito politico e legislativo, sia in ambito amministrativo, sociale ed economico, che difendano la famiglia e la promuovano nei suoi diritti.
L'Assemblea sinodale propone perciò nuovamente all'attenzione dei governi la Carta dei diritti della famiglia preparata dalla Santa Sede ( 1983 ), anche in relazione al futuro Anno mondiale della famiglia ( 1994 ).
Le politiche sociali dirette ai settori più deboli delle popolazioni devono essere unificate e rafforzate, anche attraverso l'attiva e responsabile partecipazione delle stesse famiglie e delle loro associazioni.
In effetti, hanno grande importanza in Europa le organizzazioni e le associazioni laicali per la famiglia.
Chi si impegna per proteggere e favorire l'istituto matrimoniale e la famiglia acquisisce grandissimi meriti per la sorte futura dell'Europa.
Attraverso l'azione comune e coordinata con l'intervento dell'autorità pubblica, occorre tendere all'eliminazione di tutto ciò che è contrario alla dignità umana e realmente dannoso, come la pornografia, il commercio e l'uso della droga e la criminalità organizzata.
Il processo di unificazione in Europa e in modo particolare le Istituzioni Europee e la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa implicano una grande responsabilità per le Chiese.
La casa comune europea si può costruire su fondamenta sicure se nasce non soltanto per motivi economici.
Anzi, la nuova Europa presuppone sempre nella sua edificazione il consenso e il riconoscimento dei valori fondamentali e richiede una genuina ispirazione ideale.
Sotto questo profilo, il contributo della Chiesa per la nuova Europa non rappresenta certo un elemento secondario e deve accompagnare l'impegno dei fedeli laici operanti in campo sociale e politico.
Mentre progredisce il cammino verso l'unità europea, si pone ora di nuovo in modo acuto, in molte parti d'Europa, il problema delle relazioni tra le nazioni.
Esse rappresentano delle vitali realizzazioni culturali, che esprimono le ricchezze dell'Europa.
Le differenze nazionali pertanto non devono scomparire, ma piuttosto essere mantenute e coltivate come il fondamento, storicamente sviluppatosi, della solidarietà europea.
Tuttavia, dopo il crollo del regime marxista, che era collegato a una forzata uniformità dei popoli e all'oppressione delle piccole nazioni, non di rado insorge il pericolo che i popoli dell'Europa dell'Est e dell'Ovest ritornino a suggestioni nazionalistiche.
In realtà, la stessa identità nazionale non si realizza se non nell'apertura verso gli altri popoli e attraverso la solidarietà con essi.
I conflitti devono essere risolti mediante le trattative e i negoziati e non attraverso l'uso della violenza, in qualsiasi forma, finalizzata ad ottenere la sottomissione degli altri: violenza che anche durante il Sinodo, come hanno testimoniato i vescovi della Croazia, non cessa di distruggere la loro patria.
Non bisogna dimenticare i diritti delle minoranze, ma piuttosto conservare e favorire le tradizioni di ogni popolo.
La Chiesa cattolica - che riconosce e afferma il valore positivo dell'identità nazionale - in quanto comunità che si compone di molti popoli trascende allo stesso tempo tutti i particolarismi.
La stretta comunione con la Chiesa universale - con Pietro e sotto di lui - ha spesso preservato in modo straordinario le Chiese particolari dall'essere assorbite dai diversi sistemi politici nazionali.
Anche per la situazione odierna, questo principio della cattolicità deve conservare tutta la sua efficacia.
L'Europa ha trasmesso a tutto il mondo molte conquiste culturali e tecniche che oggi costituiscono un patrimonio della civiltà universale.
Tuttavia la storia dell'Europa conosce anche molti lati oscuri, tra i quali bisogna annoverare l'imperialismo e l'oppressione di molti popoli con lo sfruttamento sistematico dei loro beni.
Dobbiamo perciò respingere un certo spirito eurocentrico, di cui possiamo oggi riconoscere tutte le conseguenze.
Ai nostri giorni, grazie al superamento del conflitto tra Est e Ovest, il futuro dell'Europa è aperto come non lo era da lungo tempo.
Benché la ricostruzione della società in molte regioni dell'Europa orientale si presenti assai più impegnativa di quanto si attendesse, e richieda la mobilitazione di tutte le forze, per l'Europa è un'urgente necessità saper guardare al di là dei propri confini e del proprio interesse.
Il grido del Cristo sofferente giunge oggi a noi con drammatica intensità dal Sud del mondo, dove popoli ridotti alla miseria attendono una solidarietà coraggiosa ed efficace contro la fame, le molteplici sofferenze e le ingiustizie che li affliggono.
A questo grido occorre rispondere con concrete scelte concernenti, ad esempio,
l'abolizione del commercio delle armi,
l'apertura dei nostri mercati,
una gestione più equa del debito internazionale,
il sostegno a tutto ciò che può favorire in queste regioni lo sviluppo della cultura e dell'economia
insieme con la promozione di governi democratici.
Del resto, l'Europa stessa può attingere molte ricchezze dai tesori degli altri popoli e delle altre culture.
Tali situazioni di necessità non si manifestano soltanto nelle regioni più povere, ma, con il crescere delle migrazioni, toccano anche sempre più da vicino i confini dell'Europa.
La giustizia e la carità esigono che un così gran numero di persone possa trovare nei propri paesi pane, lavoro e rispetto della propria dignità, e che perciò non debba fuggire dalla propria patria verso un luogo sconosciuto di esilio.
Va anche ricordato, però, che esiste un dovere di accoglienza e che va promossa una cultura idonea ad esercitarlo, insieme a misure concrete e tempestive che attenuino le difficoltà e consentano piuttosto l'integrazione - nel rispetto della propria legittima identità - di coloro che vengono nei nostri paesi a causa di questi movimenti migratori.
Non si può tacere del resto che spesso gli stessi paesi che accolgono gli immigrati hanno bisogno di loro per il proprio progresso.
Le molte forme di indigenza e le grandi sofferenze del mondo ci ricordano le promesse escatologiche di Dio, che non possono trovare piena realizzazione su questa terra.
Attraverso l'impegno di solidarietà e di carità possiamo però, nel cuore di un'umanità divisa e lacerata, lanciare degli impulsi e coltivare dei semi per il futuro compimento della perfezione eterna.
Indice |
29 | Gaudium et spes, 40 e
n. 42; Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, 36. |
30 | Cfr. Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, 37-44. |
31 | Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46-47. |
32 | Cfr. Gaudium et spes, 76. |
33 | Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5. |
34 | Congregazione per l'Educazione Cattolica, La dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale. Orientamenti per lo studio e l'insegnamento. |
35 | Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 42-43. |
36 | Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem |