10 dicembre 1982
Cari fratelli nell'Episcopato.
1. È per me una grande gioia poter alla fine ricevervi!
Le vostre diocesi del Centro-Est hanno ciascuna la loro caratteristica, le loro ricchezze culturali e spirituali, il loro passato cristiano prestigioso.
Ho anche notato nei vostri rapporti, diversi problemi umani e spirituali.
Conosco il dinamismo e la speranza che vi animano, voi e i vostri diocesani, per mettere in opera le coraggiose iniziative e le metodiche necessarie, nei campi della missione interna ed esterna, dell'azione sociale, della catechesi, della teologia, dell'apostolato dei laici, dell'ecumenismo.
Vi parlerò solo di due preoccupazioni tra quelle che voi avete sottolineato come prioritarie e di cui ho parlato ancora molto poco con i vostri confratelli delle altre regioni:
la formazione ministeriale al presbiterato nei Seminari,
e l'apostolato nel mondo operaio.
2. Nella maggior parte dei miei incontri con i Vescovi francesi, ho percepito la gravità del problema che pone la considerevole diminuzione del numero dei seminaristi e dei sacerdoti da trent'anni a questa parte.
Qui è là, recentemente, sembra confermarsi una certa ripresa, e io voglio condividere la vostra speranza.
Ma il problema rimane.
La conseguenza più visibile è la chiusura o la riconversione di molte case e il loro raggruppamento in Seminari interdiocesani, a condizione, per ciascuno dei Vescovi interessati, di vegliare, con coerenza e autorità, sul funzionamento di queste istituzioni.
Difficilmente potreste fare altrimenti.
Un minimo di personale è infatti necessario se si vuole offrire ai candidati la possibilità di una buona formazione, e innanzitutto un numero sufficiente di professori e di animatori stabili e qualificati, scelti con cura.
E i Seminari interdiocesani, ben organizzati, favoriscono all'inizio il superamento di particolarismi, l'ampliamento culturale, l'apertura missionaria.
Ma gli inconvenienti di questa necessaria riforma vi sono apparsi sempre più nettamente.
Innanzitutto, nelle diocesi private del loro Seminario, la mancanza di questa istituzione ha avuto spesso effetti negativi per il risveglio e l'accoglienza delle vocazioni sacerdotali.
E più ampiamente, talvolta è tutta la formazione teologica permanente che ne ha risentito.
Avete constatato anche che, in molte case interdiocesane, la vita comunitaria e spirituale rischiava di perdere a poco a poco la sua consistenza.
Ora, è importante che i Seminari siano dei luoghi di vera fraternità cristiana, di vera "koinonia", che si esprime e si afferma nella condivisione amichevole, l'ascolto vicendevole, l'attenzione comune alla Parola di Dio, la preghiera liturgica, l'ufficio e soprattutto la celebrazione dell'Eucaristia, sorgente e culmine di tutta la vita del Seminario come di tutta la vita apostolica.
Molti giovani candidati al ministero presbiterale risentono e attendono che sia tenuto sempre più conto di questo bisogno di fraternità e di preghiera.
3. È ugualmente necessario che le decisioni che avete preso adottando la Ratio Studiorum nel 1978 siano ben applicate ovunque, sia nella loro lettera così come nel loro spirito.
I programmi di studio, la loro durata, la ripartizione delle materie, il metodo d'insegnamento devono favorire una formazione intellettuale che sia insieme solida e viva, di cui i sacerdoti hanno bisogno oggi più che mai.
Io qui non parlo in particolare di altri elementi o di esperienze che, svolte giudiziosamente e sotto il controllo dell'équipe di formazione, devono aiutare la maturazione umana autentica, e in particolare la preparazione pastorale al ministero sacerdotale.
Voi ne siete ben convinti e sapete anche quanto questi aspetti devono integrarsi armoniosamente con l'approfondimento spirituale, filosofico e teologico che sono la ragion d'essere del Seminario.
E precisamente, insisto su due punti che voi stessi avete sottolineato: la filosofia e la teologia.
In un'epoca in cui la possibilità stessa di una metafisica è oggetto di contestazione radicale e in cui una specie di "sfumato" impressionista tende spesso a prendere il posto del rigore di un giusto pensiero, è necessario che i giovani che entrano in Seminario scoprano il più presto possibile - poi approfondendolo - ciò che legittima e condiziona lo sforzo intellettuale che sarà loro domandato nel tempo di sei anni e durante tutta la loro vita.
L'approccio a Dio attraverso l'ontologia propriamente detta, centrata sull'intuizione dell'essere, nella prospettiva tomista, rimane insostituibile.
Per la teologia, io sottolineo soltanto l'estrema importanza dell'atteggiamento insieme intellettuale e spirituale, totale, che condiziona ogni vera riflessione teologica, come ha ricordato con forza la costituzione Dei Verbum.
La teologia della Rivelazione, come insegna questo importante documento, che si indirizza agli esegeti cattolici, ai teologi e ai loro allievi ( cf. Dei Verbum, 23 ), è veramente fondamentale.
Questo documento deve essere studiato seriamente per se stesso e rimanere come luce permanente per il resto degli studi.
4. È in questa attenzione della fede alla Parola di Dio che si unifica in profondità tutto l'insegnamento e tutta la vita del Seminario.
E ancora, come dicevo per il clima comunitario e la preghiera, se saranno compiuti nuovi progressi in questo senso, io credo che un numero più elevato di candidati - che sembrano in effetti numerosi - troverebbero nei vostri Seminari ciò che stanno cercando in altre istituzioni.
Queste, sotto certi aspetti, possono sembrare loro più ferventi, o più rassicuranti, o di una novità più evangelica, benché non sempre abbiano uno stretto legame con le diocesi né con gli Istituti religiosi debitamente approvati e stiano vivendo le loro prove, o rimangano delle iniziative in ricerca.
C'è anche il caso di coloro che sembrano voler fare a meno delle esigenze di una vita di Seminario, pensando di rimandare l'ordinazione sacerdotale dopo gli studi teologici fatti per conto proprio, come semplici studenti.
Eppure, l'apprendistato della vita sacerdotale richiede la lunga esperienza, che abbiamo descritto, in un Seminario, così come la chiamata agli Ordini sacri richiede il giudizio dato dall'équipe educativa dei direttori, in nome del Vescovo.
E piuttosto che lasciare che si creino molteplici fondazioni secondo i gusti di ciascuno, conviene rendere i vostri Seminari diocesani molto accoglienti nei confronti dei diversi temperamenti, dei diversi tipi di vocazione, e mantenervi sempre la formazione spirituale, teologica e pastorale all'altezza delle esigenze della Chiesa e delle aspirazioni della maggioranza dei giovani.
I miei incoraggiamenti vanno a tutti coloro che lavorano in questo senso!
5. Affronto ora un soggetto pastorale del tutto diverso: l'evangelizzazione di coloro che, nel vostro paese, si sentono spesso lontani dalla Chiesa, e in particolare del mondo operaio.
Nella vostra regione, il mondo operaio rappresenta una realtà importante, nelle grandi città industriali, i bacini minerari, le dighe, le stazioni di turismo, in certe cittadine.
Avete spesso, gli uni o gli altri, analizzato la questione operaia; io stesso l'ho affrontata a più riprese, nei paesi che ho visitato, e vi ho offerto una riflessione nell'enciclica Laborem Exercens sui problemi di fondo e sulla sorte concreta dei lavoratori, in particolare di quelli colpiti dalla disoccupazione ( cf. Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 7, n. 8, n. 18 ).
Per ciò che concerne l'evangelizzazione, da mezzo secolo a queste parte, secondo l'intuizione del Cardinale Cardijn e gli orientamenti di Pio XI, è stato proseguito, nella vostra regione come in tutta la Francia, uno sforzo perseverante per rendere la Chiesa presente nel mondo operaio e per permettere al mondo operaio di esprimersi nella Chiesa.
Desiderate mantenere, tra l'altro, quel tipo di presenza missionaria che rappresenta l'"Azione cattolica" per i giovani e gli adulti del mondo operaio.
Del resto, avete permesso che ai laici cristiani si affiancassero alcuni sacerdoti operai, secolari o regolari - che devono, nel loro difficile ministero, rimanere uniti ai Vescovi e al presbiterio - come anche alcune religiose.
Siete anche preoccupati del risveglio e della formazione dei giovani operai che si orientano verso il ministero sacerdotale.
È da poco che, a Lourdes, avete avviato una riflessione nuova e, mi sembra, molto opportuna, sulla "missione nel mondo operaio".
Se è troppo presto per tirare delle conclusioni, non è forse già dimostrato che è stata aperta una breccia nel "muro di separazione" di cui parlava, per la Francia, il Cardinale Suhard, tra la Chiesa e il mondo operaio?
Sono felice di rilevare con voi i segni, fragili ancora ma carichi di speranza, di una certa visibilità della Chiesa nel mondo operaio.
Del resto, non bisogna dimenticare che, in un Paese in cui il ventiquattro per cento della popolazione è battezzata e si dichiara cattolica, vi sono terreni di incontro tra la Chiesa e il mondo operaio, quando giovani e famiglie si rivolgono a delle istituzioni ecclesiali, in particolare alle parrocchie, in coincidenza con le grandi tappe della esistenza.
Queste decisioni forse nascono spesso dalla religione popolare, di cui ho parlato in un altro contesto ai vostri confratelli della regione del Mezzogiorno; questo dice l'importanza di una pastorale catechetica e sacramentale che tenga conto della vita di queste persone e dei loro ambienti, senza dimenticare che noi riceviamo da Gesù Cristo, nella Chiesa, la Rivelazione e i sacramenti.
6. Voi desiderate giustamente che l'evangelizzazione giunga fino a "convertire nello stesso tempo la coscienza personale e collettiva degli uomini, l'attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l'ambiente concreti che sono loro propri", come diceva l'esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi ( Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 18; cfr. etiam 19 ).
L'evangelizzazione esige dai suoi operai di essere solidali con gli uomini, in un dialogo con loro, e testimoni dell'Assoluto di Dio.
Allora essi sono capaci di operare un discernimento evangelico affinché "i germi di bene" iscritti nel cuore e nel pensiero degli uomini siano accolti, purificati, elevati, portati a termine per la Gloria di Dio ( cf. Lumen Gentium, 17 ).
Sempre difficile, l'evangelizzazione lo è ad un titolo particolare nel mondo operaio, benché abbiate segnalato nel vostro rapporto regionale che altri ambienti sono oggi ancora meno recettivi del Messaggio evangelico, particolarmente il mondo universitario, coloro che sono occupati nella ricerca scientifica e tecnologica, il mondo della sanità e dei lavoratori sociali, o quello degli agenti della "cultura moderna".
Nel mondo operaio, i cristiani possono trovare appoggio nei valori umani autentici, come il senso della dignità dell'uomo, del lavoro, della solidarietà e della giustizia, della volontà di trasformare la società per renderla più fraterna e più accogliente nei confronti dei più svantaggiati.
In Europa, questi valori umani sono stati introdotti nella civiltà dal cristianesimo, ma, nel mondo moderno, essi sono stati spesso scoperti al di fuori della Chiesa, senza di essa e talvolta contro di essa, per complesse ragioni, risalenti senza dubbio all'infedeltà di certi cristiani al Vangelo e anche al fatto che tra le influenze che hanno orientato il mondo operaio, e soprattutto il movimento operaio, le più determinanti sono state le correnti caratterizzate da ideologie atee, in particolare il marxismo.
È la domanda fondamentale che io ponevo a Saint-Denis: "Per quale motivo la lotta per la giustizia nel mondo è stata legata al programma di una radicale negazione di Dio?".
È sempre una sfida da accogliere.
Coloro che fanno opera di evangelizzazione sono dunque condotti, tra gli altri, a dialogare con coloro che condividono questa ideologia atea.
Questo richiede un più grande sforzo di discernimento per accogliere le loro vere domande sulla giustizia, la condivisione, l'aspirazione ad un avvenire migliore, e anche individuare, fare notare ciò che, in questa ideologia, si oppone radicalmente, su punti essenziali, alla fede in Gesù Cristo, e alla concezione dell'uomo, della società e della storia, che a lui fa riferimento.
Un tale dialogo in verità richiede dunque cristiani che siano fortemente radicati in questa fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo e unico Salvatore, e di nutrirla nella preghiera e nei sacramenti, di ricevere dalla Tradizione vivente della Chiesa la Rivelazione che è insieme il Messaggio su Dio e il suo disegno di salvezza in Gesù Cristo e un messaggio sulla verità dell'uomo ( cf. Gaudium et Spes, 12, n. 13, n. 24 ).
Cari fratelli, vi incoraggio ad esercitare pienamente la vostra responsabilità di Pastori.
Come "maestri della verità". ( cf. Giovanni Paolo II, Allocutio ad Episcopos, in urbe Puebla aperiens III Coetum Generalem Episcoporum Americae Latinae, I, die 28 ian. 1979 ), intensificate gli sforzi già fatti nei movimenti d'evangelizzazione del mondo operaio per la formazione biblica e dottrinale, per il risveglio spirituale grazie a ritiri e ad incontri.
Come servitori della comunione ecclesiale, segni e costruttori dell'unità in Gesù Cristo, vegliate affinché l'evangelizzazione specifica del mondo operaio eviti l'ostacolo di una "Chiesa in classe operaia", ma permetta ai cristiani del mondo operaio e alle organizzazioni della Missione operaia di partecipare, con le loro ricchezze e nel rispetto delle rispettive differenze, alla Chiesa diocesana "legata al suo Pastore e da lui riunita nello Spirito Santo grazie al Vangelo e all'Eucaristia" ( Christus Dominus, 11 ).
7. Su ciascuno di voi, su tutti gli operai apostolici che lavorano con voi nei diversi settori dell'evangelizzazione, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, invoco la luce e la forza dello Spirito Santo.
La mia benedizione si estende a tutto il Popolo di Dio che vi è affidato, ivi compreso i numerosi lavoratori immigrati che voi accogliete nelle vostre comunità cristiane.
A questo proposito, mi avete portato la testimonianza di attaccamento dei miei compatrioti: io vi incarico di esprimere loro la mia gratitudine, il mio cordiale saluto e i miei incoraggiamenti a vivere nella fedeltà alla loro fede e nella fraternità.
Che Dio Onnipotente, che è Amore, vi benedica, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.