11 aprile 1965
Oggi, in tutto il mondo, dovunque una comunità della nostra Chiesa, celebra la festa di Gesù Cristo, riconosciuto per Messia, per nostro Re divino, per nostro Redentore, si benedicono e si agitano le palme, i rami d'olivo, che, come sapete, sono diventati i simboli universali della pace.
Una volta ancora la pace riempie le nostre feste, e i nostri cuori.
Così riempisse il mondo, che della pace ha sempre tanto bisogno!
Che cosa ci dice allora questa festa dell'olivo di pace?
Ci dice, innanzi tutto, che la pace è un dovere - un bene supremo - un ordine umano a cui sempre, e da tutti, si deve aspirare.
È davvero ricercata da tutti la pace.
Con sincerità, con disinteresse, con amore?
Le condizioni presenti ci rendono dubbiosi, e quasi ci tolgono la fiducia che gli uomini siano capaci a darsi la pace, e a perseverare negli sforzi di ragionevolezza e di fraternità, che la rendono possibile.
Invece la festa odierna ci restituisce questa speranza: la pace non è solo doverosa, è possibile!
È possibile se Cristo è accolto da noi, se il suo Vangelo diventa il codice ispiratore della civiltà, della vita.
Dovere e speranza, che mettiamo nelle mani della Regina della pace, affinché l'uno e l'altra non siano vani per noi.