2 gennaio 1966
Continua oggi la Nostra invocazione di ieri.
Nessuna l'abbia a noia: per la pace; per la pace da ricomporre là dove è rotta, con pericolo di ben più grave rottura; e per la pace da mantenere nel mondo, anzi da stabilire e da costruire nella giustizia e nella solidarietà positiva e operante di tutti.
Sia questo il programma benefico, il preventivo della buona azione che ciascuno fa, col desiderio e con la preghiera almeno, alle soglie del nuovo anno.
Abbiamo accolto con piacere - per l'onore che ridonda su chi Ce lo procura - l'eco favorevole dell'opinione pubblica mondiale ai Nostri messaggi, invitanti a propositi nuovi di mutuo perdono, di concordia e di riconciliazione; ed esortanti a qualche efficace mediazione per la fine del conflitto del Vietnam.
Ma, figliuoli carissimi, che è mai questo?
Se questo è tutto ciò che Noi possiamo fare, esso è ben poco, rispetto al fine da conseguire: sentiamo l'esiguità dei Nostri sforzi, umili ed inermi; forti solo delle ragioni umane e cristiane che li ispirano, ma deboli davanti alle enormi difficoltà verso cui si dirigono.
Ancora una volta il soccorso del Cielo è necessario; e perciò la Nostra diplomazia, se così si può dire, si integra - a dismisura - nella preghiera.