1 novembre 1967
Salve a voi, figli carissimi;
e grazie a voi per l'interessamento che voi prendete per la Nostra salute.
E siamo qui oggi per discorrere di quella vita oltre il tempo, di cui ci parla la festa dei Santi, e domani la commemorazione dei Fedeli defunti.
Sì, figli carissimi, dobbiamo con gli occhi della fede guardare alla realtà dei nostri destini ultimi, realtà a cui la mentalità moderna, tutta occupata della scena fugace del tempo, non sa e non vuole guardare.
Una grande visione di speranza ci è aperta davanti con la festa dei Santi, nella quale non tanto la loro singolare personalità ci invita alla comunione con loro, quanto il loro numero, vale a dire la possibilità che anche noi possiamo un giorno godere della loro sorte beata.
Speranza luminosa.
Poi abbiamo davanti una speranza crepuscolare, quella relativa ai nostri Defunti, speranza non meno consolante ed edificante, se pensiamo che sempre essi sono vivi e che una qualche comunicazione noi abbiamo con loro, mediante il trasferimento in Cristo dei nostri suffragi: preghiere, elemosine, opere buone.
E dobbiamo questa carità ai nostri Morti: sono i nostri benefattori, specialmente coloro a cui dobbiamo la vita, l'educazione, la libertà, la civiltà.
Così pensiamo, oggi e domani, figli carissimi, così preghiamo.